Era una domenica grigia di tre settimane fa, al termine del Carnevale di Milano. Si sapeva che avrebbe piovuto, ma la sezione milanese di Ape, l’Associazione proletari escursionisti, in mattinata aveva comunicato che il trekking urbano in memoria di Dax si sarebbe tenuto “con qualsiasi tempo”. La camminata attraverso alcuni dei luoghi di Milano nei quali il militante antifascista era vissuto e aveva condotto le sue lotte era una delle iniziative organizzate da Ape per avvicinarsi alla quattro giorni in programma da oggi a domenica 19 marzo, in occasione del ventesimo anniversario dell’uccisione di Dax per mano fascista.
In piazzale Abbiategrasso, zona sud di Milano, si è radunato un gruppo di “apeini e apeine”, di solidali e curiosi. Davano le spalle al centro della città, con lo sguardo rivolto oltre le torri bianche del quartiere Gratosoglio, mentre un compagno storico di Davide Cesare, detto Dax, raccontava dell’amicizia nata tra loro a Rozzano, dove il militante aveva trascorso l’adolescenza. La voce dell’amico di Dax è stata la prima tra le tante ad accompagnare il gruppo in movimento tra le bandiere gialle di Ape Milano, per ricordare il militante antifascista “non solo per come è mancato, ma per come ha vissuto”, risalendo da piazzale Abbiategrasso alla Darsena.
La seconda tappa è stata nel quartiere popolare Stadera. La voce di un militante dell’ORSo, l’Officina di Resistenza Sociale, un tempo spazio occupato di riferimento di Dax, si è alternata a quella di uno storico occupante di case allo Stadera. Raccontano la storia del quartiere, creato negli anni Venti dall’Istituto autonomo case popolari, per fornire alloggi a oltre milleottocento famiglie povere. Il racconto a due voci attraversa i conflitti legati alla denominazione del quartiere negli anni Venti, le vicende dei partigiani, ricordati dalle molte targhe presenti nelle vie del quartiere, per arrivare agli anni Novanta, con le occupazioni e le manifestazioni per la casa. «Eravamo undici in famiglia, avevamo occupato vari appartamenti – racconta Franco – e c’è da dire che mia madre è sempre stata tenace, non poteva vedere i figli in mezzo a una strada». Dopo aver vissuto in una baracca di legno al Giambellino, lo Stadera era diventato la loro casa. Fino al momento di uno sgombero di massa nell’estate del 1990: «Sono arrivati duecento poliziotti, in marcia militare. Hanno detto “c’è una fuga di gas” e sono entrati. A mia mamma le hanno fatto firmare un foglio e poi hanno portato via tutto, i mobili, le foto. Siamo finiti sui Tg. E allora sono arrivati i ragazzi dell’ORSo, con Dax; non ci conoscevamo, ci hanno difeso a tutti i costi e ci hanno accompagnati in Barona, dove abbiamo occupato un’altra casa».
Ci muoviamo di qualche metro, per fermarci davanti a una targa dedicata a quattro partigiani su una casa di via Palmieri. La voce che interviene questa volta è quella di un militante di Zam, Zona autonoma Milano, lo spazio occupato a qualche fermata di tram più a sud rispetto al punto di partenza della camminata. Racconta della loro prima occupazione nel 2014, degli sgomberi e delle nuove occupazioni, sempre più in periferia, seguendo il motto “costruire comunità resistenti” e promuovendo una forma di “antifascismo sociale” che si ispira alle lotte di Dax, attualizzandole. Accompagnato dalla musica che esce da una cassa nello zaino di un “apeino”, il gruppo prosegue il cammino verso nord, per fermarsi in prossimità di un ampio viale trafficato. Uno degli organizzatori della camminata cerca di farsi sentire in mezzo al rumore del traffico: «In un primo momento, avevamo pensato che da qui saremmo andati all’ospedale San Paolo, dove è morto Dax e si è conclusa la notte nera di Milano, il 16 marzo 2003. Non ci andremo, ma con questa camminata esprimiamo anche solidarietà nei confronti di Alfredo Cospito, che ora si trova in quello stesso ospedale».
Inizia a piovigginare e dalla cassa esce la voce di Jannacci che canta “Ma mi, ma mi, ma mi/ quaranta dì, quaranta nott/ a San Vittur a ciapaa i bott”. La musica sfuma dopo aver superato la circonvallazione. Arriviamo in via Brioschi, nel punto in cui oggi si apre la quattro giorni per il ventennale di Dax con un presidio e la proiezione in anteprima del documentario Brucia ancora dentro. Davanti al Tipota, storico locale “dove si veniva a far serata” c’è la targa che ricorda Dax. Prende la parola Abo di Ape Milano: «Questo è il posto in cui Dax è stato assassinato da una famiglia neofascista e poi dalla scellerata gestione della questura e dai ritardi dei soccorsi. La rabbia dei compagni è esplosa all’ospedale San Paolo, seguita da quella repressione che è passata alle cronache come il massacro del San Paolo. Oltre a essere stati feriti, alcuni compagni sono stati condannati e hanno ricevuto una multa di centotrentamila euro, che si traduce in una sorta di ergastolo pecuniario, un debito che si trasmette anche ai figli». Lascia la parola a due contributi audio su cosa accadde quella notte, selezionati tra quelli che vennero trasmessi all’epoca dalle radio di movimento. Il gruppo esita a ripartire e ad abbandonare quel luogo, ma le bandiere di Ape tornano a muoversi. Superato lo storico centro sociale Cox 18 attraversiamo il Naviglio Pavese e dopo poco raggiungiamo via Gola.
Incontriamo Stefano, memoria della via e delle lotte per la casa di cui via Gola è stata ed è ancora teatro: «Là in fondo, dove c’è quella casetta rosa, c’era l’ORSo, che è stato occupato fino 2006. Era lo spazio dove Dax militava. Abitava qua, prima di andare a vivere a Brescia». Racconta i conflitti, gli sgomberi e i tentativi di trasformazione della via, soprattutto nella parte più vicina al Naviglio, mentre la pioggia diventa più insistente. Riprendiamo a camminare più veloci verso l’ultima tappa della camminata: quel muro della Darsena di Milano “conteso tra la memoria di Dax e il decoro”, occupato da diverse generazioni di murales dedicati al militante antifascista, più volte cancellati dalle amministrazioni comunali. Da due anni c’è un nuovo murale dedicato a Dax, Carlo Giuliani, Marielle Franco e alla partigiana milanese Lia. Lì, sotto la pioggia, da uno degli zaini di Ape Milano esce lo “storico striscione che ha accompagnato tanti momenti di strada e di piazza in omaggio a Dax”. Martino di Ape, dall’altra parte della Darsena, fa in tempo a scattare un paio di foto per preservare la memoria di quel momento, prima che il gruppo si disperda.
È solo allora che ci incrociamo io e Ambra, una delle anime di Ape Milano, entrambe inzuppate di pioggia. Mi chiede come sto e come va con questi viaggi su e giù per l’Italia che facciamo io e il mio compagno, che aveva conosciuto con il collettivo Off Topic quando lui era appena arrivato a Milano da Napoli. Scherziamo e le prometto che andrò a una delle prossime gite in montagna di Ape, «ma forse solo a una delle gite Ape bimbi, non sono allenata per le altre». Con il suo sorriso luminoso e i suoi modi sbrigativi ma efficaci mi saluta: «Dai che ce la fai!».
A tre settimane da quella domenica pomeriggio, Ambra non c’è più. Per questo, al termine della quattro giorni dedicata a Dax, domenica pomeriggio Ape Milano invita chi lo vorrà a “Un momento per stringerci forte”, a lei dedicato. (gloria pessina)
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