Gli attivisti e l’avvocato dello sportello migranti del centro sociale Ex Opg hanno accolto e ascoltato questo pomeriggio i quattro richiedenti asilo che da Acerra, hanno raggiunto Napoli. I ragazzi, tra i venti e i quarant’anni, provenienti dalla Guinea, dalla Costa d’Avorio e dal Gambia, sono in Italia da gennaio e risiedono in tre diversi centri d’accoglienza straordinaria (CAS), ad Acerra. Non vogliono dire i propri nomi perché temono che qualcuno glielo faccia pesare, in futuro. «Le condizioni di vita nei centri sono terribili», raccontano in francese. «Non ci sono servizi e i diritti sono preclusi».
L’avvocato spiega che, in quanto richiedenti asilo, i ragazzi avrebbero gli stessi diritti di un cittadino italiano, anche da un punto di vista burocratico. «In realtà, all’interno dei centri, non hanno assistenza sanitaria, né un legale che li segua. Il medico non si vede da mesi e non possono avere farmaci. Inoltre lamentano continuamente di cibo scadente e insufficiente. Sono situazioni che, purtroppo, si verificano costantemente in Campania, in tanti centri diversi». I Cas, forse proprio perché centri “straordinari”, sembrano sfuggire a molte regole: in tanti chiedono una maggiore trasparenza, come si evince dal Rapporto inCAStrati del febbraio 2016 (in cui si denuncia anche la mancanza di una mappa, un elenco di questi centri sul territorio italiano). Eppure questo tipo di accoglienza pare sia diventata la norma, sebbene la permanenza dovrebbe essere limitata fino al trasferimento in un centro di seconda accoglienza. Solitamente, invece, si protrae «anche per anni. Come il caso – continua l’avvocato – di due persone che seguo, e che sono in un centro d’accoglienza straordinario da più di due anni».
I ragazzi provano a riderci su, ma la situazione è al limite. «I cosiddetti pocket money, i due euro e cinquanta al giorno che lo Stato riconosce ai richiedenti asilo, non vengono erogati da tre mesi. Nell’immaginario collettivo questi ragazzi prendono trenta/quaranta euro al giorno dallo Stato, e invece questi soldi vanno a chi gestisce la struttura. A loro spettano pochi spiccioli, che peraltro quasi mai arrivano». Nelle strutture di accoglienza straordinaria, individuate dalla prefettura per sopperire all’emergenza (e quindi spesso bypassando le procedure d’appalto normali, eliminando i bandi e preferendo l’affidamento diretto giustificato dalla logica emergenziale) i migranti avrebbero diritto a medici e medicine, assistenza legale e psicologica, vitto, alloggio. Nonostante in ognuno di questi CAS, nel caso delle strutture di Acerra, ci siano poco più di dieci persone (e quindi l’assistenza dovrebbe essere più capillare rispetto ai grandi centri) i ragazzi spiegano di non avere alcun supporto, morale o pratico, da parte di chi li ospita. «Gestire il flusso di migranti è un ottimo business per privati», dice l’avvocato. «La Prefettura dovrebbe controllare meglio, a volte basterebbe anche un solo controllo per rendersi conto della situazione. Mentre altre volte dovrebbe adoperarsi per accelerare l’erogazione dei fondi per i centri, perché è vero che in alcun i casi l’accoglienza nei Cas risulta insufficiente per motivi che non sempre dipendono da chi li gestisce. Ci sono strutture in cui tanti bravi e volenterosi operatori vanno in difficoltà, perché senza i contributi è difficile anche solo mettere il piatto a tavola per tante persone».
I direttori dei tre centri di Acerra in questione, però, risultano irreperibili. I ragazzi vorrebbero parlare e avere un confronto con loro, ma non sanno come fare, denunciano di non vederli mai all’interno delle strutture. Gli attivisti stanno al momento valutando possibili iniziative: domenica alle 16 è in programma un’assemblea ad Acerra che prevede la partecipazione di molti dei migranti ospitati nei centri. L’obiettivo è l’organizzazione di un presidio sotto gli uffici della prefettura, già fissato per martedì 2 maggio. (davide schiavon)
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