Da Repubblica Napoli del 19 febbraio
Nel 1978, in vista dello spettacolo “Berlin Dada”, gli attori del Teatro dei Mutamenti – tra questi Antonio Neiwiller, Renato Carpentieri, Lello Serao – se ne andarono in giro per Napoli vestiti completamente di nero, come i dadaisti degli anni Venti. Una foto di Cesare Accetta, scattata nei giardini di piazza Municipio e contenuta nel prezioso libro di Marta Porzio sul teatro di ricerca napoletano (“La resistenza teatrale”, Bulzoni editore, 2011) documenta quell’azione. “Quegli abiti completamente neri – spiegava Neiwiller in un’intervista – volevano essere il simbolo dell’estremo decadimento della possibilità di far teatro a Napoli: eravamo vestiti come i dadaisti perché c’era bisogno di rendere evidente e pubblica questa nostra condizione, allo scopo di fare della richiesta di finanziamenti e spazi un gesto dimostrativo e provocatorio”.
Quasi quarant’anni dopo quelle “condizioni” non sembrano essersi troppo modificate. Le possibilità di crescere facendo teatro, di costruire spettacoli e proporli al pubblico nel migliore dei modi, usufruendo di spazi e risorse pubbliche, appaiono quotidianamente in bilico. L’originalità della creazione, la formazione di professionalità, il sostegno ai percorsi di ricerca non rappresentano ancora un patrimonio acquisito per la città e le sue istituzioni. Nei primi anni Duemila l’allora assessore alla cultura Furfaro avviò il progetto “Teatri di Napoli”, che intendeva creare residenze teatrali in stretto collegamento con il territorio. Fallita l’iniziativa, che coinvolgeva una decina di compagnie per cinque spazi da riqualificare, quattro in periferia e uno in centro (il Teatro Area Nord di Piscinola, pur con grandi difficoltà, è l’unico sopravvissuto di quella cinquina), in anni recenti le attenzioni sono confluite tra l’altro sull’Auditorium di Scampia.
Riscoperto nel 2006, in occasione della prima edizione di Arrevuoto, l’anno seguente vennero stanziati circa settecentomila euro da Comune e Regione per la sua ristrutturazione. I lavori non cominciarono subito, e nonostante continuasse a pioverci dentro, la concessione di un’agibilità straordinaria permise di programmare per due anni un cartellone di qualità, attirando un pubblico proveniente da tutta la città, e allo stesso tempo di aprire lo spazio alle prove teatrali e alle associazioni del territorio. Nel marzo 2010 cominciarono i lavori. C’erano meno soldi, il soffitto fu coperto solo in parte e alla fine ci volle un finanziamento aggiuntivo per ottenere l’agibilità. Dopo un braccio di ferro tra Comune e Municipalità, l’Auditorium attualmente viene gestito da quest’ultima, anche se al momento non si può considerare uno spazio attrezzato per il teatro. È un contenitore, che viene assegnato a chi lo richiede, ma non permette un tipo di impegno continuativo e professionale. Un gruppo teatrale che volesse farne il proprio spazio di lavoro non può tenerci dentro il materiale, né utilizzarlo di sera, perché non è prevista sorveglianza notturna; e per allestire uno spettacolo dovrebbe fornire tutte le attrezzature necessarie alla messa in scena.
Come spesso accade in questa città, non solo nell’ambito teatrale, l’urgenza di certe esigenze e la perseveranza di alcuni esseri umani trovano comunque uno sbocco costruttivo, un’uscita di sicurezza alla desolazione dell’ordinaria amministrazione, non di rado attraverso espedienti o forzature avallate anche dagli amministratori, che suppliscono alla cronica inefficacia con un’ambigua benevolenza. Abbiamo così l’esempio dell’ex Asilo Filangieri, situato a ridosso di via Tribunali, una volta sede del derelitto Forum delle culture, in cui un collettivo di lavoratori “dello spettacolo e dell’immateriale” si è installato da quasi due anni, trasformandolo con coerenza e tanto lavoro in un luogo accogliente per le arti, con particolare riguardo a musica, danza e teatro, attraverso l’allestimento di spazi adeguati per produrre spettacoli ma anche per le prove, i laboratori, gli incontri di formazione e l’ospitalità verso altri gruppi. Ne è un esempio la rassegna “In transito”, che a marzo vedrà in scena all’ex Asilo compagnie provenienti da Alessandria, Torino, Pistoia, Roma e Marsiglia.
Poco lontano da lì, nell’ex Supercinema di Forcella, ripristinato nel 2010 ma poi scarsamente utilizzato, è in corso dal dicembre 2012 un progetto finanziato da Fondazione con il Sud ed Enel Cuore che vede associati come partner la scuola Ristori e diverse associazioni. In questo contesto, accanto agli sportelli di orientamento legale e lavorativo per donne italiane e immigrate, ha ritrovato una sede anche lo storico laboratorio teatrale con le donne di Forcella (in realtà provenienti anche da altri quartieri), un tempo ospitato dal Trianon. Nonostante proceda a singhiozzo dal 2007, questa pratica di laboratorio, tenacemente guidata da registe, attrici e drammaturghe, ha costruito nel tempo, intorno al fare teatro, un prezioso spazio “tutto per sé” a disposizione delle donne. Il Supercinema non è certo l’ideale per condurre un laboratorio teatrale, non c’è il riscaldamento, né le attrezzature e l’illuminazione adeguata, anche se la sorveglianza serale, e quindi la flessibilità di orario, è assicurata. A fine marzo il progetto si chiuderà con uno spettacolo venuto fuori dal laboratorio. Sul futuro, come è abituale, regna l’incertezza più completa. (luca rossomando)
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