Il punteruolo è, stando a quanto riferisce l’enciclopedia Treccani, un “piccolo utensile di metallo, osso, ecc., appuntito e munito di manico, che si adopera per fare (o allargare) fori nel panno, nel cuoio, o in altri materiali”. Ho pensato a quest’oggetto, riflettendo sulla metafora – assai in voga fino a qualche tempo fa – della cassetta degli attrezzi dell’attivista, intesa come insieme di saperi teorici e pratici da acquisire, custodire, condividere e poi utilizzare al momento opportuno. Dal mio punto di vista ho inteso negli anni la “cassetta” anche come luogo di destinazione immaginaria di quei prodotti culturali – saggi, articoli, pamphlet – che hanno la forza di proporre, a volte tra le righe, a volte esplicitamente, traiettorie su cui orientare l’azione politica.
L’ultimo libro di Enrico Gargiulo – (Senza) residenza. L’anagrafe tra selezione e controllo (Eris, 2022) – è proprio un lavoro “appuntito” e che “si adopera per allargare fuori”, uno strumento utile per un’ampia categoria di soggetti che hanno necessità di orientarsi davanti a ginepraio delle procedure per l’iscrizione anagrafica. Gli attivisti e le attiviste che si mobilitano per l’accesso diffuso a quest’ambito di diritti, per esempio, troveranno nell’opera di Gargiulo una costellazione di informazioni, indicazioni e suggestioni utili per due obiettivi in uno: contrastare la violazione dei diritti e assumere la dimensione politica della residenza. Proprio quest’ultima caratteristica – il rilievo intrinsecamente politico delle prassi anagrafiche – chiama direttamente in causa un altro gruppo di soggetti: sembrano tantissimi infatti persino gli attori pubblici (ufficiali d’anagrafe, assistenti sociali, amministratori locali) che avrebbero molto da imparare sulla rilevanza sociale, giuridica e politica del diritto alla residenza, dalla lettura di questo libro.
La prima parte dell’opera, “Tra diritto e dovere”, ha una funzione introduttiva e ricognitiva, consentendo però di cogliere i paradossi e le antinomie che abitano il dispositivo residenza. Attraverso il racconto di alcuni frammenti biografici di persone immaginarie – talmente verosimili da poterne immaginare i volti e gli atteggiamenti – Gargiulo dimostra quanto l’accesso all’iscrizione anagrafica sia difficile, a volte persino impossibile e quanto situazioni soggettive simili possano evolversi in destini molto diversi.
Molto utile appare anche la breve storia dell’istituto in Italia fornita dal volume. È raccontato, per esempio, l’utilizzo politico delle procedure anagrafiche durante il periodo fascista, quando, attraverso le leggi contro l’urbanesimo, era ostacolata – proprio attraverso l’esclusione dall’iscrizione anagrafica – la mobilità da un comune all’altro in assenza di un lavoro o di mezzi di sostentamento. Anche in periodi molto distanti da quello fascista, tuttavia, altre stagioni politiche sono state segnate dall’esclusione di determinati gruppi sociali dalla residenza e dai diritti a essa connessi. Con la dimensione dell’immigrazione diventata strutturale, per esempio, molte istituzioni hanno riscoperto le potenzialità dell’anagrafe come strumento per realizzare piccole o grandi campagne politiche contro specifiche soggettività. Nell’ultima parte del libro, “La politica dell’anagrafe tra selezioni e conflitti”, è proposta una rassegna dei principali conflitti della contemporaneità. La triade costituita dal pacchetto Maroni del 2009 (che ha peggiorato le procedure per l’iscrizione anagrafica delle persone senza fissa dimora), dal Decreto sicurezza del 2018 a opera di Salvini (che impediva l’iscrizione anagrafica dei richiedenti asilo, prima che la Corte costituzionale cassasse il provvedimento) e del decreto Renzi-Lupi del 2014 (che continua a impedire l’iscrizione anagrafica delle persone che vivono in stabili occupati) è al centro della scena.
Proprio in riferimento a quest’ultima questione va segnalato che l’autore del testo ha partecipato, all’interno di una rete di movimenti e associazioni, al percorso di mobilitazione per garantire l’inclusione degli occupanti e delle occupanti nella sfera dei diritti. Un risultato di questi percorsi è costituito da sperimentazioni interessanti che in alcuni contesti, come a Roma, hanno prodotto risultati significativi. Il sindaco Gualtieri ha infatti emanato, il 4 novembre del 2022, una direttiva che ha in gran parte accolto le richieste degli attivisti e delle attiviste mobilitate per l’esercizio diffuso dei diritti. Certo la vicenda non è del tutto chiusa, dal momento che la circolare che ha reso operativa questa direttiva ha in parte ristretto l’ambito di applicazione e che non tutti gli uffici hanno effettivamente iniziato a iscrivere gli occupanti e le occupanti in deroga. É tuttavia questo un esempio di come con una cassetta degli attrezzi ben fornita – in questo caso costruita anche grazie a chi questi attrezzi li realizza – è possibile conseguire obiettivi anche di ampia porta.
La parte centrale del libro è dedicata a uno degli assi portanti delle ricerche di Gargiulo: l’inadeguatezza del “sistema-anagrafe” come fotografia della realtà. L’autore spiega come “l’esistenza di un dato anagrafico ‘puro’, capace cioè di riflettere in modo completo e fedele i comportamenti degli individui senza che questi siano influenzati dalle regole del gioco disegnate dalle istituzioni, è un’illusione, che esprime una sorta di realismo ingenuo. Sono le categorie anagrafiche a determinare le forme con cui gli individui sono legati al territorio comunale, e non il contrario”. In sostanza, non siamo ciò che l’anagrafe racconta di noi: l’anagrafe accoglie infatti nei suoi registri solo le persone che superano il serrato filtraggio determinato dalla normativa e dalle prassi amministrative illegittime. Effettua sì una fotografia, ma il risultato è determinato dalla tipologia di strumenti utilizzati per catturare la nostra immagine. L’esito finale risulta così più spesso una trasfigurazione, anche radicale, della realtà immortalata. (francesco ferri)
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