A piazza Cavour, lo spirito del presidio convocato dalla rete antirazzista è “tranquillo ma determinato” come ripetono più volte gli interventi che si alternano dal camioncino. Davanti alla stazione della metropolitana, varie centinaia di persone fronteggiano un cordone di polizia. Tra i manifestanti ci sono gli ex partigiani, che in uno dei loro interventi auspicano “una nuova resistenza”, i disoccupati, gli studenti medi e universitari, i lavoratori, gli immigrati, gli skinhead e i comitati di quartiere. Tutti uniti da poche, chiarissime parole d’ordine, quelle del manifesto dell’iniziativa: “Napoli ripudia il fascismo, il razzismo, l’omofobia”. Tra un “siamo tutti antifascisti” scandito a voce alta dalla piazza e la diffusione di qualche immancabile pezzo dei 99 Posse, prende la parola un militante della Fiom, che osserva come essere antifascisti oggi non sia solo lottare contro i gruppi di ispirazione neofascista come Casapound, ma anche contro “il fascismo finanziario e il governo Monti” e ricorda la necessità di una mobilitazione nei giorni 13, 14 e 15 dicembre, durante i quali ci sarà la presentazione a Pomigliano della nuova Panda, con la presenza di Marchionne ed Elkan.
Da piazza Cavour a piazza Carlo III, all’angolo di ogni traversa di via Foria spunta un blindato dei carabinieri; molte saracinesche si abbassano in anticipo. All’imbocco di piazza Carlo III un gruppetto osserva perplesso i manifestanti sparsi tra i giardinetti e i marciapiedi circostanti, e un signore si domanda chi siano questi giovani vestiti di nero con bandiere tartarugate. Una donna di mezza età a braccetto con la figlia risponde sicura: «Sono i disoccupati, i Bros». «Ah quelli che stavano pure ieri a Santa Teresa, a protestare per l’ospedale San Gennaro», replica lui. La confusione regna, e non solo tra gli spettatori. Intorno alle 16,30 il migliaio di manifestanti di Casa Pound che occupa la piazza comincia a compattarsi dietro gli striscioni, seguendo con disciplina militaresca le indicazioni che arrivano dal megafono. Ma nonostante si manifesti a tratti l’intenzione di sfondare i cordoni della polizia, per dirigersi verso piazza Cavour, la dimostrazione dei neofascisti si esaurisce nel girare in tondo nella piazza, in corteo intorno ai giardinetti, per un’ora buona. Tutte le uscite della piazza sono chiuse. Le forze dell’ordine non sono schierate in numero imponente, ma i blindati alle loro spalle bastano a scoraggiare. Forse la strategia di Casa Pound, nella sua prima comparsa autorizzata in città, è proprio quella di contenere per ora i bollenti spiriti delle sue giovani teste rasate, nonostante siano arrivati con caschi e mazze in quantità, risparmiando le forze per nuovi appuntamenti. O forse la questura è riuscita per una volta a mettere in campo una efficace strategia di contenimento, scoraggiando sul nascere i colpi di testa, come si è capito dalle perquisizioni di stamattina – cosa piuttosto inusuale – con conseguente sequestro di armi improprie. Fatto sta che alle sei del pomeriggio è tutto finito: dopo aver fatto il giro della piazza svariate volte, i neofascisti si riuniscono di nuovo nei giardinetti al centro, e dopo un breve comizio cominciano ad avviarsi verso gli autobus per fare ritorno a casa.
I fascisti del terzo millennio sono arrivati a Napoli oggi da tutta Italia cavalcando la retorica della crisi, come facevano decenni fa con successo i loro predecessori. Ma in un contesto cittadino ostile o quanto meno prevenuto riguardo alle sue proposte politiche, Casa Pound si è dimostrato particolarmente prudente. Nessuna svastica in giro, motti fascisti tenuti al minimo, e tra gli striscioni compaiono slogan che potrebbero addirittura trovare spazio in manifestazioni di segno opposto. Si parla di beni comuni, di sanità pubblica, di lavoro che “non è una merce”, del fatto che “il debito non lo paghiamo”, di diritto a una maternità assistita. Sullo striscione che apre il cosiddetto corteo c’è stampata la faccia di Monti, e a fianco una scritta propone “Contro la dittatura delle banche: stato, popolo, lavoro”. Tra gli slogan cantati la hit più popolare è probabilmente quella che recita: “Governo Monti, governo Berlusconi; chi taglia lo stipendio fuori dai coglioni”. Ma anche le imprecazioni contro Equitalia, “cancro della nazione”, vanno forte. Molti sono giovanissimi, e sembrano venuti mestamente in gita – prima del compattamento c’è tempo per una birra e due chiacchiere, i bar intorno fanno buoni affari. Altri meno giovani portano invece in piazza un curriculum ben più inquietante, come Massimo Abbatangelo e Mario Michele Merlino, ci sono poi i simpatizzanti come il consigliere regionale Luigi Rispoli o il consigliere comunale Marco Nonno. Non può mancare ovviamente il presidente di Casa Pound Italia, Gianluca Iannone, che dopo la fine del girotondo arringa i suoi, felicitandosi di rivedere i colleghi napoletani.
Il nucleo napoletano sembra in realtà piuttosto ridotto, e se non fosse che la coordinatrice campana Emanuele Florino è attivissima nel rilasciare dichiarazioni, da degna figlia di degno padre, sembrerebbero ancora meno. La maggior parte dei partecipanti alla dimostrazione in realtà rifiuta esplicitamente di rilasciare dichiarazioni, rimandando sempre a coordinatori e a ufficio stampa, essendo stati evidentemente ben istruiti sul rischio di farsi sfuggire termini inopportuni. I pochi che si lasciano andare si sfogano sulla crisi sociale ed economica in atto, e sulla necessità di fare qualcosa, «e invece di essere contenti che uno si vuole impegnare ti impediscono pure di manifestare», commenta astioso un giovane laziale. A chi li accusa di populismo, Emanuela Florino risponde che «parlavamo di mutuo sociale già quattro anni fa, seguiamo i problemi reali e facciamo pressione perché la politica parlamentare se ne occupi. Vogliamo un ritorno ai valori, a un impegno pulito». Alle sue spalle il comizio di Iannone è ormai agli sgoccioli, e la moderazione ha lasciato il posto al repertorio squadrista. Dalla soddisfazione di essere riusciti nella loro dimostrazione politica, “perché noi abbiamo le palle”, agli insulti ai “partigiani infami”, ai proclami come “la salvezza dell’Italia siamo noi” o “dobbiamo tornare a riprenderci le piazze”. L’atmosfera si fa sempre più cupa, per fortuna gli autobus cominciano a scaldare i motori, e dopo un’ultima sosta al bar finisce un pomeriggio che sarebbe semplicemtente surreale se non fosse per qualche piccolo particolare inquietante qua e là.
Verso le 18,30, quando arriva la notizia che la manifestazione di piazza Carlo III è finita, anche gli antifascisti lasciano piazza Cavour, con un brevissimo corteo che si scioglie all’altezza del Museo Nazionale, al grido di “Casapound a Napoli non c’è”, davanti a un nutrito schieramento di forze dell’ordine. Poco prima delle sei c’erano stati attimi di tensione, con il lancio di un paio di petardi, ma tutto si conclude in modo “tranquillo ma determinato”. (napolimonitor)
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