Continuiamo la serie di interviste a persone sotto sfratto a Roma, privilegiando quelle che hanno chiesto la protezione dell’Alto Commissariato per i diritti umani, per dare un’idea della gravità della situazione e della varietà delle persone che stanno subendo gli effetti peggiori della crisi abitativa. Mentre i giudici del tribunale di Roma, a differenza che in altre città, si stanno organizzando per scavalcare le richieste Onu, in palese violazione dei trattati internazionali, i diversi movimenti antisfratto della città continuano a difendere persone il cui sfratto causerebbe danni irreparabili. Abbiamo raccontato le storie di Carlo Cusatelli e Loretta Viberti, anziani artisti del centro storico che il 14 novembre affronteranno un altro tentativo di sfratto; di Jaime Vallejos, invalido dopo un incidente, la cui sospensione richiesta dall’Onu verrà molto probabilmente annullata dal Tribunale; di Ashraf El Jazzar, che il 12 settembre è stato sfrattato dalla casa dove viveva con tre figli piccoli, nonostante la protezione Onu, e trasferito in un centro di emergenza a Tor Tre Teste.
La vicenda di Islam Muhammed e Ariful Islam, padre e figlio nati in Bangladesh 48 e 20 anni fa, abitanti del quartiere di Centocelle, mostra come la vulnerabilità abitativa sia spesso il prodotto di una serie di altre vulnerabilità. Islam ha perso la possibilità di lavorare come ambulante dopo un incendio, il Covid ha azzerato i suoi introiti e la situazione è diventata disastrosa dopo un viaggio in Bangladesh per assistere la madre morente e un intervento al cuore che ha compromesso la sua capacità di tornare a lavorare. Suo figlio Ariful è partito come stagionale appena arrivato in Italia, a sedici anni, prima ancora di finire la scuola, e per ora rappresenta l’unica possibilità per la famiglia di riuscire a trovare una sistemazione dignitosa.
Durante tutte queste vicende le istituzioni locali – servizi abitativi, servizi sociali, servizi sanitari – non hanno mai offerto soluzioni permanenti o valide, al di là del reddito di cittadinanza. Islam e Ariful, con altri tre figli minori e la madre incinta, attendono l’ufficiale giudiziario e le forze dell’ordine che proveranno a cacciarli di casa il 16 novembre. Questo è un montaggio della loro intervista, registrata il 20 settembre nel centro sociale Centocelle Aperte.
Islam Muhammed: Centocelle, per noi stranieri, in questa zona abitano tutti gli amici: arabi, bangla, tanti paesani. È come il mio paese adesso, io conosco tutti. Questa zona per me è meglio. Anche mia moglie adesso è qui da tre anni, vuole stare qua. Mio figlio, tutti quanti, non vogliono andare da un’altra parte. I bambini hanno tanti amici, vanno a scuola: il grande è andato alle superiori a Don Bosco, Prenestina, come meccanico industriale; il secondo, informatico, Galileo Galilei, piazza Vittorio. Lui come superiore finisce, adesso va università. E anche per noi musulmani: c’è tre moschee in questa zona. Vicino casa mia ce n’è una di un arabo, più giù c’è quella di via dei Gladioli, un’altra moschea di un paesano nostro.
Ariful Islam: È una bella zona, stiamo tutti quanti mischiati: italiani, stranieri…
Avete chiesto aiuto alla moschea?
Islam: Sì, ma sono tutti stranieri, tutti poverini! Al massimo hanno due camere, una casa con tre camere proprio non c’è. Però noi siamo sei persone, come facciamo con una camera così? Tutti questi bambini, litigano subito, dopo un giorno. Così, problema, troppo. Io sono arrivato in Italia nel 2008, e da quando sono arrivato è cominciata la crisi. E tanti amici, paesani miei, oppure di altri paesi, ho sempre sentito che quando hanno preso il passaporto sono andati altra parte. Adesso, infatti, vecchietti non ce ne sono: sono già passati a Londra, in Germania, in Francia. Perché in Italia il lavoro non c’è, e anche pochi soldi. È troppo una fregatura.
Che lavori hai fatto in Italia? Come ti sei trovato sotto sfratto?
Islam: Un cognato lavora a Venezia, [mi ha detto] “l’estate un posto c’è”: lavoro in supermercato, come magazziniere. Per due-tre mesi lavoravo là. Qualche volta lavoravo al mare, a Iesolo, Cavallino, anche il 2010 l’ho passato così, anche 2011. Quando non c’è lavoro al supermercato vado a lavorare al mare. Poi nel 2012 ho cominciato [a lavorare con] un amico mio, lui ha detto “a Roma ho una bancarella, è un lavoro buono”. Poi ho preso una bancarella, ho preso soldi di un paesano, perché io non ce l’ho soldi, me li ha dati un amico paesano e nel 2012 ho cominciato con la bancarella. A rotazione, giravo tutta Roma, tutte le vie, anche mercato. Qualche giorno al mercato, domani sulla via, dopodomani mercato, e così. Tutta Roma: Tuscolana, piazza Bologna, Parioli, Piramide, Garbatella… fino a Ostia. E ho lavorato così, bene; d’estate mi bloccavo, l’estate andavo a Venezia; quando Venezia è finito, [riprendevo la] bancarella. Poi nel 2019 è arrivata la mia famiglia, figli, moglie, tutti quanti. Nel 2019 l’estate ho lavorato a Venezia, a settembre sono venuto a Roma, e cercavo la licenza. Poi in quel momento, passato Natale, è arrivato il 2020, e piano piano il Covid. Il 10 febbraio 2020, alle tre e mezza di notte, sotto casa avevo il furgone, con la roba [dentro]; in quel momento ha bruciato dietro una macchina privata, prima ha fatto quel fuoco, poi quando ha finito di bruciare ha toccato il mio furgone. Poi arrivati vigili, polizia, carabinieri. Quando da sopra, dalla finestra, abbiamo visto come sotto bruciava, io tre-quattro volte ho girato la scala, volevo uscire, ma i carabinieri erano davanti al cancello, non volevano che uscivo di casa, “devi entrare dentro!”, dicevano. Quando il fuoco è finito, sono uscito di casa, ho visto. E così non avevo più la bancarella, non c’era più il lavoro, e proprio in quel momento è arrivato il Covid, [stavamo] dentro casa, era tutto bloccato. Come facciamo [a pagare] ottocentocinquanta euro di affitto, la luce, la corrente? Tutta la famiglia malata proprio. E anche la casa, umidato tutto. Il dottore ha detto che siamo tutti malati per il problema della casa. Tante volte ha detto. Raffreddore, tosse, così.
Ariful: Allergia, raffreddore, prurito nel corpo.
La situazione era grave anche in Bangladesh?
Islam: Al paese c’era mia mamma, io sono l’unico figlio, mia mamma [stava per] morire. Ho sentito un amico che mi ha [prestato i soldi per] il biglietto. A febbraio 2021 sono andato al paese, per vedere mamma morire. Mia mamma aveva il cancro. Ho girato il paese, tanti ospedali. Poi anche l’aereo è rimasto bloccato. Anche in Bangladesh c’era Covid, di più! Sono rimasto sei mesi bloccato al paese. Poi all’ultimo con un aereo sono arrivato dalla Turchia. Ho anche pagato cinquecento euro in più di biglietto, sedici giorni di quarantena. Arrivato a Roma, una settimana dopo ho sentito proprio un blocco al cuore. Sono caduto in strada, degli italiani hanno chiamato un’ambulanza, mi ha portato al Santo Spirito, ospedale, vicino Ottaviano. Hanno controllato tutto, avevo il cuore bloccato, in tre vene non passava proprio [il sangue]. Hanno voluto subito fare intervento, un bypass. Poi mi hanno mandato al San Camillo, mi hanno fatto l’intervento, hanno tagliato tutto.
Ariful: Hanno detto che se faceva ancora ritardo c’era paura di morire. Hanno preso una vena del piede e l’hanno sostituita con una vena del cuore. Adesso sempre sente mal di piedi, dolore sempre. Non riesce a camminare bene. Quasi sei mesi è stato in ospedale.
E poi è iniziato lo sfratto.
Islam: Io nel 2016 sono entrato in questa casa, febbraio 2016. Ho pagato preciso fino ad aprile 2020. Quando fai contratto, ci sono due mesi di anticipo. Fino a giugno 2020 era pagato. Ma il 7 aprile è arrivata la lettera, [la proprietaria] mi ha dato il 16 giugno come ultimo giorno. Quando sono tornato e ho preso il reddito di cittadinanza, ho fatto una proposta alla titolare: “Io voglio dare i quattrocentocinquanta euro, li do tutti a te. Io non voglio mangiare, non ho altro”. Ma lei non li ha presi. Li voleva tutti, gli serve ottocentocinquanta. [È arrivata una] prima lettera, seconda lettera venuta, anche io ho parlato con lei: “Quando io lavoro, io pago ottocentocinquanta. Quando mio figlio lavora, io pago ottocentocinquanta. Ma adesso è così, come facciamo? C’è lockdown, c’è Covid, in tutto il mondo è così, non solo in Italia”. Ma anche dopo, quando io ho fatto l’intervento al cuore, io non dicevo niente però lei si arrabbiava sempre, quando chiamava si arrabbiava. Il giudice poi ha scritto tutta la storia, ha visto l’ecografia di mia moglie, che era in gravidanza. Quando glielo dicevo io, il giudice non credeva alla mia parola, voleva controllare. Poi quando ha controllato casa mia, parlando con la moglie, ha visto l’ecografia, è sicuro; poi ha scritto un foglio per il 28 [giugno]. Lei ha scritto, anche io ho firmato, ha firmato la polizia, ha firmato il giudice, anche sotto, ho visto che aveva firmato il proprietario. Così è la storia. Poi ho chiesto al giudice per piacere [di darmi] questa pagina per me, una fotocopia: “Questa non gliela posso dare”. Non mi ha dato un foglio con questa cosa scritta.
Siete andati a parlare con gli assistenti sociali?
Islam: Girato tutto. Anche il Comune, l’ultima cosa, mi ha detto “se tu hai un’altra casa, fare contratto, io ti do soldi, duemilasettecento euro”.
Ariful: Noi ti diamo soldi però la casa arrangia tu. Devi cercare tu e devi parlare tu per la casa. Abbiamo provato, però serve contratto indeterminato. Neanche col contratto determinato, non si può. Poi serve anche reddito, un buon reddito.
Islam: Io ho controllato anche agenzia, anche su internet, ho controllato tutto, quando chiami vuole così: serve reddito oppure lavoro, busta paga. Tempo determinato, due o tre mesi, no. Come facciamo contratto? E allora così anche l’assistenza sociale ha detto c’è l’ultima possibilità, dividere la famiglia in tre parti. E così è la loro offerta. Io non voglio così, io sono malato, invalido.
Ariful: Vogliono fare separazione. Mamma e i minorenni da una parte, mio papà da un’altra parte, e io un’altra parte.
(Ad Ariful) Tu hai iniziato a lavorare al posto suo?
Ariful: Sì, ho lavorato in estate, sono andato al lido di Iesolo, in Veneto, ho fatto il cameriere di sala. Ho iniziato nel 2019, come stagionale. Sono arrivato in Italia per la prima [volta] nel 2019, in questo tempo ho lavorato solo un mese, al lido di Iesolo. Poi il 2020, in giugno, settembre, non c’era Covid. Ho lavorato più di due mesi. Poi [nel 2021] mio papà ha fatto l’intervento di cuore, io sono andato al suo posto, in supermercato.
Islam: Quest’anno ha lavorato due mesi perché ha fatto gli esami un po’ tardi. L’8 luglio c’era l’esame; l’8 sera è partito per Iesolo. Due mesi di lavoro, è tornato adesso, adesso cerca di sistemare il curriculum, anche con la Caritas. Già l’hanno fatto loro.
Hai avuto la pensione di invalidità?
Islam: Io pensavo solo che se ero proprio malato… La domanda di invalidità l’ho fatta già nove mesi fa, ancora non chiamano loro. Devo aspettare, come dicono. Poi anche il bambino piccolo, è invalido del linguaggio, dell’attenzione, lui ha sempre rabbia. Una cosa dell’attenzione, che cos’è l’attenzione io non lo capisco. Il dottore ha scritto una cosa così, codice attenzione. Adesso devo aspettare per chiamare il dottore specialista, per l’Asl, però non lo so quando… Adesso noi preghiamo dio, qualcosa per noi, ci serve una casa. Quando ero sano, pensavo a lavorare. Ora devo aspettare una casa per noi. La domanda l’ho fatta nel 2019, di casa popolare, però c’è scritto qualcosa sbagliato, penso, perché tante persone mi chiedono perché ho quattordici punti. “Sei persone, quattro bimbi, voi due, sei persone: perché quattordici punti?”. Anche per il reddito, qualcosa non è scritto. Se abbiamo qualche possibilità per una casa popolare, meglio, perché come facciamo a pagare ottocento, settecento, seicento, senza lavoro, come facciamo?
Secondo te in Italia le cose sono peggiorate?
Ariful: Se faccio paragone con altri paesi d’Europa, Germania, Belgio, Francia… mio zio adesso sta in Belgio, mi ha detto che suo figlio lavora; è minorenne, mi sembra che a sedici anni ha cominciato a lavorare. Lavora come corriere, un’ora, dodici euro! Quello che è maggiorenne, quindici euro, anche più di quindici. Qui in Italia massimo otto euro, nove euro.
Islam: Noi siamo venuti per che cosa, per viaggiare? No! Per i soldi! Non è per viaggiare, così, per vedere l’Italia. Al paese c’è la famiglia, il fratello, la sorella, tutti aspettano soldi, io come li mando i soldi? Noi abbiamo difficoltà per mangiare, ci aiuta la Caritas, qualche associazione… come li mando al paese? E adesso è così, fratello mio. Io aspettavo che loro erano maggiorenni, che lavorano, pensavo che questo problema finisce. Adesso non lo so. Anche mia moglie, anche io, non dormiamo. Pensare troppo, pensare ai problemi. Io non voglio pensare. Un bimbo, così, dorme, mangia, gioca, basta. Noi due invece…
Com’è la vita ora in Bangladesh?
Islam: Io ho molto sbagliato. Prima, al paese, quando ho finito la scuola superiore, l’università, io lavoravo per la banca agricola del mio paese. Un lavoro del governo, un lavoro molto buono. Per otto anni ho lavorato alla banca agricola. Però, pochi soldi. Siccome c’era il bimbo, la mamma, come mangiare? Pochi soldi. Così ho sbagliato [a partire], perché adesso è aumentato tre volte il salario. [I miei colleghi] della banca adesso sono ricchi, hanno soldi, hanno palazzi, hanno anche pensione.
Ariful: Perché in quel momento non si pagava bene… Bangladesh prima era povero, adesso è diventato un po’ ricchezza, adesso i dipendenti pubblici li pagano bene. Prima, quando lui era giovane, quando stava in Bangladesh, era molto elegante, bellissimo, giovane, con un bel vestito… pensa un dipendente pubblico com’è, sempre col cappotto, sempre con una penna…
Islam: Anche, prima sulla testa avevo tutti i capelli; adesso proprio zero! Difficoltà, fratello mio.
Vi immaginate di tornare a vivere lì?
Ariful: No. L’ambiente non è buono per crescere i giovani. Prima non c’era droga in Bangladesh, adesso anche gli studenti di università, di scuola superiore, prendono droga, così. Poi non c’era tanta politica, ora ci sono tante politiche, tanti colpiti per queste cose, tante persone uccidono, ammazzano, dentro la politica. Magari [il paese] è diventato ricco, però il problema politico è aumentato. Rubano i soldi, dopo li mette nella banca svizzera! Tutti i governi. Sono ladri, rubano tanti soldi. Se qualcuno protesta, li uccideranno.
Islam: Non ci piace, no. Loro rimangono qua, devono imparare, lavorare, meglio così. Niente sigarette, vino, birra, proprio vietato. In famiglia tutti così, preghiamo sempre, cinque volte al giorno, pregare nella moschea, imparare, scuola, università, lavoro, basta. Quando lui ha il tempo indeterminato, c’è lavoro, c’è contratto, affittiamo qualche casa. Adesso il problema è questo. Per lui un lavoro giusto, poi fare contratto di affitto. Solo il problema è la casa. (a cura di stefano portelli)
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