«Ma passiamo sul marciapiede?».
«Sì, ma solo per questa parte, poi facciamo il corteo in mezzo alla strada».
Cogliamo questa conversazione mentre risaliamo via San Marco a Trieste, nel rione di San Giacomo. È il primo pomeriggio di sabato 25 novembre e sono tante le persone che si trovano sul marciapiede e camminano verso Campo San Giacomo, la piazza principale della zona. Vengono dal consultorio che il nodo locale di Non una di meno, insieme al Comitato di partecipazione per i consultori familiari, ha tenuto aperto dal pomeriggio di venerdì per quasi ventiquattro ore.
L’iniziativa non nasce dal nulla. A Trieste esistono in questo momento quattro consultori familiari, strutture ad accesso diretto e gratuito nate alla metà degli anni Settanta per occuparsi della salute sessuale e riproduttiva delle persone, ma l’Azienda sanitaria universitaria giuliano-isontina (Asugi) si propone da mesi di intervenire sul servizio, riducendo a due le strutture in grado di offrire le prestazioni più comuni. Proprio il consultorio di San Giacomo e quello di San Giovanni, altro rione storico della città, sono a rischio chiusura.
L’idea dell’azienda ha da subito trovato la netta opposizione del Comitato, di Non una di meno e di molte altre persone che, prima dell’iniziativa di venerdì 24 novembre, avevano già partecipato a diverse assemblee pubbliche e a una decisa manifestazione in piazza Unità, nello scorso mese di giugno. L’apertura fuori orario del consultorio del 24 e 25 novembre si inserisce così all’interno di un percorso cittadino che ha complicato i piani aziendali mettendo anche in evidenza il progressivo indebolimento dei consultori dovuto anche alla mancata sostituzione del personale che va in pensione, anche se l’Asugi sostiene sempre di voler solo fornire un servizio migliore.
Nel comunicato con cui si annunciava che il 24 novembre il consultorio sarebbe rimasto aperto oltre il solito orario le attiviste di Non una di meno facevano notare che anche la situazione attuale a Trieste non rispetta le indicazioni di legge, visto che c’è un consultorio ogni 49 mila abitanti e non uno ogni 20 mila come dice il decreto n. 77 del 2022 del ministero della salute. In un momento in cui il tema della violenza maschile sulle donne acquista sempre più spazio si sostiene che i consultori sarebbero il luogo perfetto per agire sulle cause che portano alla violenza e che quindi andrebbero potenziati e migliorati, a Trieste come altrove.
La notizia dell’apertura fuori orario ha fatto convergere sul posto molte persone diverse che hanno da subito portato la loro solidarietà. La polizia è entrata nella struttura poco dopo la diffusione del comunicato, ma alla fine, insieme alla dirigenza dell’azienda sanitaria, non ha potuto far altro che permettere lo svolgimento dell’assemblea che era iniziata intorno alle 16. In seguito gli agenti si sono limitati a passare regolarmente di fronte al cancello aperto del consultorio mentre all’interno si succedevano diverse attività, dalla cena sociale alla proiezione di un film. Nonostante la giornata fredda, per tutta la sera la scalinata del consultorio ha visto un via vai di persone, molte incuriosite dall’apertura di uno spazio di autogestione che a Trieste è almeno insolito. Altre persone si fermavano a guardare lo striscione (“Consultorio aperto per una cura collettiva”) e alcuni cartelli appesi accanto all’ingresso che spiegavano le motivazioni dell’iniziativa.
Le attività sono proseguite per tutta la mattina seguente fino a quando un folto gruppo di persone ha lasciato il consultorio per dirigersi verso la centrale piazza Hortis, dove era stato annunciato già da giorni un presidio in occasione della giornata mondiale per l’eliminazione della violenza sulle donne. Il corteo ha così occupato le strade che da San Giacomo portano verso il centro della città giuliana. Arrivati nei pressi di piazza Hortis c’è stato un momento di stallo: l’incontro tra il corteo e chi già partecipava al presidio ha riempito tutto lo spazio disponibile, ridotto anche a causa delle cancellate che solo da pochi anni hanno avvolto il giardino centrale della piazza. A quel punto il corteo si è spostato ancora, questa volta verso la vicina e capiente piazza Unità. Durante le forti mobilitazioni triestine dell’autunno del 2021 contro il green pass, piazza Unità divenne abituale punto di arrivo delle manifestazioni per la presenza della presidenza della giunta regionale, della prefettura e del comune, fino a quando diversi provvedimenti delle autorità, timorose che l’immagine ordinata della città venisse rovinata, arrivarono a proibirne l’uso. Da allora solo in rari casi e con difficoltà si è riusciti a ottenere la possibilità di lì fare una manifestazione politica e quindi quanto avvenuto il 25 novembre acquista ancora più rilevanza. La giornata si è conclusa riportando il corteo fino a piazza Hortis e legando dei pañuelos viola con i nomi delle donne uccise dalla violenza maschile dal 2021 a una delle recinzioni del giardino. (alessandro stoppoloni)
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