Domani, 24 febbraio, la Corte di legittimità deve pronunciarsi sul ricorso avanzato dai legali di Alfredo Cospito per contestare la conferma del regime di 41bis disposta dal tribunale di sorveglianza. Flavio Rossi Albertini, legale di Cospito, ha diffuso un comunicato stampa che chiarisce il significato e l’importanza del pronunciamento della Corte.
Prima di tutto l’avvocato auspica che la Corte riporti la questione “nell’alveo della materia giuridica”, sottraendola alle decisioni politiche assunte fino a questo momento dal Ministero della giustizia. Il comunicato esamina i quattro pareri richiesti nel merito dal ministro: la nota del capo dell’amministrazione penitenziaria, quella del procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, quella della Dda e quella della Procura generale di Torino. Solo quest’ultima, si sottolinea nel testo, “ha espresso la necessità del mantenimento del 41bis al detenuto, mentre gli ulteriori tre pareri hanno concluso contemplando la possibilità di contenere il giudizio di pericolosità di Cospito anche con il circuito penitenziario AS2, ovvero quello a cui Alfredo è stato sottoposto per oltre dieci anni prima dell’applicazione del 41bis nel maggio scorso”. Il ministero ha tenuto conto solo del parere della Procura generale, e non degli altri tre.
Eppure, la Procura generale di Torino era proprio quella meno deputata a pronunciarsi sul tema, non possedendo “i requisiti funzionali per esprimersi”, essendo un organo giudiziario “non deputato all’effettuazione di indagini”. Spiega Rossi Albertini: “È lo stesso procuratore generale a precisare che il proprio ruolo nella vicenda Cospito è di pubblico ministero per l’esecuzione della pena, avendo emesso ordine di esecuzione, e di pubblico ministero presso il giudice procedente, ovvero di procuratore generale presso la Corte di appello nel giudizio di rinvio”. È lui stesso, in sostanza, a riconoscere di non aver alcuna “cognizione funzionale” rispetto al quesito sottoposto al ministro da parte della difesa.
Il comunicato riporta alcuni interessanti stralci del parere della Procura generale di Torino. Un testo estremamente utile per una documentazione critica del linguaggio repressivo ai nostri tempi. Secondo la procura Cospito “si pone come riferimento e ‘catalizzatore’ di tutta una serie di aggregazioni del mondo anarco-insurrezionalista che a lui guarda come modello ed esempio”; e ancora: “Le sue ‘chiamate’ alle armi non solo non vengono ignorate ma si trasformano in una onda d’urto che si dipana non solo nel territorio nazionale ma anche in Paesi esteri, caratterizzati da un crescendo di intensità e di gravità”; infine: “Se vi fosse bisogno di una dimostrazione rafforzata della sua posizione […] basterebbe scorrere l’elenco degli eventi che ho sintetizzato in seguito, per ricavarne la dimostrazione plastica di un ‘mondo’ che si muove su ‘input’ di Cospito ed a suo sostegno”. Toni che mettono in evidenza la lettura politica del caso, una lettura che “non dovrebbe competere all’organo in questione”, chiosa Rossi Albertini.
Il comunicato contesta infine la possibilità di un rinvio al Tribunale di sorveglianza di Roma per un nuovo esame. Si spiega infatti come nessun rinvio potrebbe colmare le lacune delle motivazioni del procuratore generale, perché nella sentenza “difetta il presupposto stesso del regime differenziato fondato sulla pericolosità sociale del detenuto, intesa nella sua forma specifica della capacità di mantenere collegamenti con l’associazione criminale di appartenenza. […] La dilatazione dei tempi della decisione – conclude l’avvocato – renderebbe incompatibile la stessa con le condizioni di salute del detenuto. Conseguentemente si auspica un annullamento senza rinvio dell’ordinanza”. (redazione monitor)
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