Con cadenza periodica, di rincorsa alle questioni di attualità politica, il dibattito sul futuro di Bagnoli torna a infervorare gli animi degli addetti ai lavori. Le pagine dei giornali si riempiono di virgolettati del sindaco, del presidente del consiglio, del dirigente della (fu) società di trasformazione, dell’urbanista illuminato ex assessore, dell’attuale assessore, dell’imprenditore “pronto a investire”, dell’imprenditore che ha già investito, e così via. Nelle prime dieci righe l’articolo racconta il fatto del giorno, procedendo nelle successive venti con uno spiegone sulle puntate precedenti. Dall’altra parte della barricata i militanti delle associazioni ambientaliste, dei centri sociali del quartiere, o chiunque provi a manifestare (in maniera più o meno costruttiva) un punto di vista altro.
Questa settimana l’aggancio è stata la polemica tra Renzi e de Magistris, che poi è la replica di tanti altri botta e risposta tra differenti settori istituzionali, rafforzata dalla solita promessa di impegno, messa in campo questa volta dal premier toscano. Attorno ai virgolettati vengono presentati, come contorno, un paio di fatti. Il primo è l’istanza di ricorso inoltrata dal consorzio di imprese che operano nella zona costiera e che contestano il divieto di balneazione nelle acque di Coroglio e Bagnoli, sui cui fondali giacciono tonnellate di sostanze cancerogene, IPA e PCB. Si tratta di imprese le cui strutture sono inconciliabili con il recupero del litorale previsto dagli strumenti urbanistici, e le cui concessioni a occupare l’area di spiaggia demaniale sono in scadenza tra qualche mese. Sarebbero, in realtà, già scadute da un anno se l’Autorità Portuale non avesse concesso una proroga fino al 2015, senza nemmeno verificare la tenuta della messa in sicurezza realizzata cinque anni fa. Si tratta di una mossa, da parte degli imprenditori, per rinsaldare definitivamente la propria posizione in loco, incalzando in un momento critico una amministrazione già debole e disposta al compromesso, tutt’altro che incline ad ascoltare le sollecitazioni dei comitati che chiedono, come previsto dalla legge, la revoca delle concessioni.
Il secondo fatto è l’apertura di un fascicolo da parte della procura di Napoli sul fallimento di Bagnoli Futura, con l’intenzione di stabilire se la bancarotta che ha portato la chiusura dell’azienda sia da considerarsi o meno fraudolenta, anche in considerazione delle altre indagini che ipotizzano a carico degli ex amministratori i reati di truffa e omessa denuncia, e un’altra ancora sulla mancata bonifica.
Nel frattempo, ieri mattina, il primo effetto concreto dell’uscita di scena di Bagnoli Futura è stato la chiusura del pontile, riaperto a Pasqua dopo la pressione di alcune associazioni, i cui membri sono per la maggior parte gli stessi imprenditori che hanno effettuato il ricorso contro il divieto di balneazione. Negli stessi momenti gli agenti della municipale, allertati da alcuni cittadini residenti in zona, fermavano alcuni operai che, autorizzati dall’Autorità Portuale, stavano per piazzare sulla spiaggia alcune strutture in cemento, per recintare un’area dove già da anni ha ceduto la messa in sicurezza, realizzata nel 2009.
È evidente – come ogni volta, con l’arrivo dell’estate – che la questione della balneabilità del mare e dell’utilizzo della spiaggia è una di quelle che più tocca nel concreto la popolazione del quartiere. Il mare e la spiaggia appartengono a Bagnoli, che in qualche modo reclama il diritto a riprenderne possesso dopo decenni di fabbrica e polveri sottili, ogni volta che può. In tutte le modalità, compresa quella istintiva del bagno a mare, nei pochi e inquinati punti (la spiaggia tra Nisida e Coroglio; quella alla destra del pontile; gli scogli tra Bagnoli e La Pietra) in cui lo spazio, più che la logica, lo concede. Non è un caso che tra tutte le iniziative degli ultimi anni di discussione, critica, contrasto alle politiche e alle speculazioni di istituzioni e privati su Bagnoli, quella che più concretamente ha coinvolto la gente è stata la campagna per la creazione di una grande spiaggia pubblica e gratuita sul litorale tra Nisida e Pozzuoli.
Oggi quella campagna, dopo la delusione causata dall’atteggiamento ambiguo dell’amministrazione comunale (che ha prima emesso una delibera, poi lasciato passare un anno senza attivarsi per applicarla, lamentando una mancanza di risorse, e infine ceduto alle pressioni per un accordo con Città della Scienza che ricostruisse il museo in loco, sconfessando il suo stesso provvedimento), prova con l’arrivo dell’estate a rilanciare il proprio percorso, attraverso un mese di iniziative sulle poche spiagge della città. La prima, questo sabato, avrà luogo su un tratto di arenile posillipino occupato dall’imprenditore Alfredo Romeo, che nel corso degli anni, tra indifferenza generale e reati prescritti, ne ha ricavato un prosperoso giardino privato, realizzato senza alcun permesso a estensione della sua villa; a seguire, ogni sabato, i militanti della campagna toccheranno le spiagge negate, privatizzate, inquinate della città (dal lungomare Caracciolo a San Giovanni a Teduccio).
La necessità di riaprire una discussione sul paradosso di una città di mare che non offre ai propri abitanti la possibilità di goderne, è piuttosto sentita. D’altro canto le risposte delle istituzioni locali in questo senso sono state di accondiscendenza piuttosto che disponibilità al reale confronto. Sabato mattina, a Napoli, ci sarà anche il presidente del consiglio Renzi, che si è esposto sulla necessità per il governo di impegnarsi in prima persona per sbrogliare la matassa flegrea. Potrebbe essere l’occasione per testare questa volontà, chiedendo un intervento deciso – per il quale è necessario un investimento irrisorio – al fine che la spiaggia venga messa a disposizione del quartiere. Un intervento imprescindibile, in attesa delle risorse per una bonifica che, rassicurazioni governative o meno, appare ancora come un miraggio. (riccardo rosa)
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