Domenica sera. Una settimana dopo l’ultimatum del ministro Maroni, poche ore dopo la vittoria del Napoli a Brescia, argomento molto gettonato alla rotonda Panoramica. Alle sette e mezza le persone sono poche, meno di un centinaio, e qualcuno domanda in giro come mai. Alcuni si nascondono dietro l’arrivo dell’ora legale, altri danno la colpa al freddo, ma nessuno vuole ammettere che le parole rassicuranti di Berlusconi e Bertolaso, e l’accordo raggiunto con i sindaci dei quattro paesi immediatamente vicini alla discarica, hanno calmato molti animi. Qualcuno si è convinto di aver vinto la lotta.
Giuditta guarda in faccia la realtà, ed è molto arrabbiata con i suoi compaesani. Per lei, e per quelli che sono ancora in piazza, quell’accordo è carta straccia. Prova a spiegare, per esempio, che lo stesso tipo di accordo era stato firmato nel 2008 tra Bertolaso e il sindaco di Giugliano: «Prevedeva la chiusura definitiva del sito di Taverna del Re, dove invece in questi giorni stanno provando a entrare in ogni modo, dopo l’ordinanza di apertura firmata dal presidente della provincia Cesaro».
Un altro dei punti caldi dell’accordo dice che in realtà, in cava Sari, i rifiuti dei paesi vesuviani continueranno a essere sversati, tranne che “in situazione di accertata criticità”. Per accertare questa eventuale criticità, però, pare che i tecnici siano al lavoro in questi giorni, ed è per questo che al presidio la notizia di eventuali sversamenti previsti in nottata o al massimo domani (a cui anche il sindaco Langella aveva aperto durante il pomeriggio) suonano come il primo di una serie di tradimenti.
Intanto alla destra dei gazebo, un gruppo di persone si è riunito per ascoltare la musica di una paranza di Pagani, che con tamburi e tammorre ravviva un po’ l’atmosfera, raccontando la storia cantata della Madonna delle galline: «Si tratta – spiega una signora – di una Madonna che prende nome da un aneddoto curioso. Si dice che a Pagani fu trovato un giorno un quadro della Madonna, con sopra dei chicchi di riso, e che le galline si recavano lì ogni giorno per mangiarli».
Ora che è tutta in gruppo, la gente alla rotonda sembra essere aumentata. Sono le nove, e nei giorni più caldi a quest’ora la piazza era sempre piena. Oggi sono molti di meno.
Venere, una delle “mamme vulcaniche” ormai alla ribalta, non riesce a capacitarsi delle assenze, e apostrofa in mille colorite maniere quelli che «si sono fatti convincere da Berlusconi». Ha il dente avvelenato anche con alcune delle mamme, pare siano tre o quattro, che dopo l’accordo «hanno diffuso un comunicato compiacente a nome di tutto il gruppo. Si sappia che invece a noi quest’accordo non piace, lo consideriamo l’ennesima presa in giro». Venere ha due figli, è una delle più battagliere tra le mamme della rotonda. Ha una bottiglia di plastica in mano, una parola per tutti, e grinta da vendere. I suoi bambini, insieme a un’altra decina, stanno festeggiando Halloween alla Panoramica, e sono contenti di essere sotto la luce dei riflettori. Valentina racconta che alla scuola “Cangemi”, poco lontana dalla discarica, e dove frequenta la quarta elementare, la sua maestra da almeno un anno entra in classe ogni giorno mezz’ora prima, per arieggiare l’aula, all’interno della quale è penetrata la puzza degli sversamenti della notte precedente. Antonio, che non vuole saperne di essere messo da parte, interviene: «Qua la settimana scorsa c’è stata la guerra. Polizia, lacrimogeni, pietre, corse. Dì la verità: in quale dei paesi dove sei stato ci sta la guerra della munnezza?».
La gente alla fine è arrivata. Certo, sono meno dei giorni scorsi, ma l’importante è che la cosa non muoia. «Noi ci siamo – racconta Maria –, i più ingenui ci raggiungeranno quando si accorgeranno di essere stati presi in giro». Maria è una delle signore (tutte over sessanta) che si scaldano vicino al fuoco: dieci sedie di plastica bianche e capelli quasi sempre dello stesso colore. Come con la maggior parte delle persone anziane, a parlare con lei si imparano mille cose, e si finisce per sapere la storia della loro vita. Durante uno dei tanti salti nel passato, riflette: «I nostri genitori, le nostre famiglie, erano ignoranti. Quando negli anni Settanta aprì la discarica, i contadini ci portavano i maiali a mangiare, per risparmiare: ma non si rendevano conto, non ci rendevamo conto di quello che facevamo. Oggi ci stanno i giornali, i computer, ci sta tutto, quindi non ci si può nascondere dietro l’ignoranza. Io non sono istruita, eppure quando mi hanno spiegato cosa stava succedendo ho capito. Quando ho visto la gente della palazzina dove abito morire per tumori e leucemie mi sono spaventata. Chi vuole stare a casa ci stesse, io ho paura, e qua ci vengo ogni sera». (riccardo rosa)
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