
I campi in Grecia sono decine, sparsi sulle isole dell’Egeo, nell’entroterra greco, a qualche decina di chilometri dai confini come dalle città; un arcipelago la cui funzione dichiarata è l’accoglienza e la cui reale funzione è il contenimento. Sono luoghi squallidi, isolati, quasi inaccessibili, governati da leggi speciali, amministrati dalle organizzazioni internazionali come Unhcr e Iom, sorvegliati dalla polizia. Soprattutto, sono spazi a cui le persone vengono legate tramite il ricatto delle procedure di asilo: “campi di confinamento” è quindi una formula meno generica e più esatta per definire tali strutture. La funzione di questi luoghi è quella di limitare la mobilità delle persone e ciò passa attraverso una contenzione fisica, ma anche temporale, attraverso la posticipazione indefinita della fine del loro viaggio verso l’Europa. Decine di migliaia di individui, famiglie e moltissimi minori sono intrappolati in questo arcipelago dell’attesa.
Negli ultimi mesi del 2021, e in particolare durante il mese di dicembre, un’ondata di proteste ha attraversato i campi di confinamento greci. Decine di campi hanno visto la popolazione mobilitarsi contro le condizioni di vita disumane e i maltrattamenti subiti, in alcuni casi rifiutando il cibo e allontanando gli operatori del ministero o delle organizzazioni umanitarie presenti nei campi.
In uno di questi, nel campo di Katsika, nella regione dell’Epiro e poco distante da Ioannina, alcuni esponenti delle comunità africane hanno costituito quella che hanno chiamato semplicemente “l’associazione”, un gruppo animato da richiedenti asilo determinati a prendere la parola e denunciare le condizioni di segregazione razziale che caratterizzano la vita nei campi. In seguito a un’ampia e decisa mobilitazione, che aveva visto il campo bloccato per diversi giorni, il 13 aprile il sindaco di Ioannina e la parlamentare Angeliki Adamopoulou, del partito di opposizione Diem25, hanno incontrato i rappresentanti dei richiedenti asilo, e a fine aprile una loro lettera è stata letta in parlamento e poi diffusa sui giornali. Dopo aver incontrato i protagonisti di queste mobilitazioni, abbiamo deciso di riportare qui di seguito alcune delle considerazioni espresse da una loro delegazione durante l’incontro Breaking Borders promosso da Stop War On Migrants tenutosi tra il 3 e il 5 giugno scorso a Salonicco, e la lettera da loro inviata alle istituzioni.
PROSPETTIVE DI GENERE E DIFFICOLTÀ INCONTRATE DALLE DONNE DEL CAMPO
1. Condizioni di lavoro e riscatto
Risulta estremamente complesso per le donne africane accettare le condizioni di lavoro che caratterizzano il contesto dell’agro-industria greca. Queste sono infatti caratterizzate da una gravissima mancanza di igiene e sicurezza e dall’assenza della garanzia di un alloggio durante la raccolta di frutta e verdura.
2. Comportamenti degradanti e molestie sessuali
L’adozione di comportamenti degradanti e molestie nei confronti delle donne africane nei campi è sistematica, tanto da parte di rifugiati di altri paesi che di dipendenti malintenzionati. Oltre alle molestie sessuali, estremamente comuni, tali comportamenti si accompagnano a una condotta maliziosa e aggressiva.
3. Maternità
Risulta molto difficile per le donne con figli dipendenti usufruire della possibilità di lavorare, e ciò a causa della mancanza di asili nido per i figli o di altre figure che possano prendersi cura della prole, permettendo così alla madre di lavorare. Ciò rende estremamente complessa la vita quotidiana delle famiglie, che spesso non ricevono nemmeno aiuti economici e alimentari.
IL CAMPO COME ESPERIMENTO DI PRIVATIZZAZIONE
1. Abbiamo visto in questi mesi trasformare il campo di Katsikas, in cui viviamo, in una fortezza dalle mura alte tre metri, costellate di telecamere, costantemente sorvolata da droni, mentre le autorità del campo si rivolgono a noi utilizzando i numeri e i codici associati ai container in cui abitiamo invece dei nostri nomi.
2. A cosa serve spendere tanti milioni per “mettere in sicurezza” i campi quando la sicurezza alimentare e della salute non sono considerate in alcun modo delle priorità?
Chiediamo all’Unione Europea di considerare che tanto le donne quanto i bambini e gli uomini hanno solamente bisogno di avere una vita normale, vivendo uniti e godendo della democrazia e della libertà, e non di essere trattati come prigionieri, per la loro religione, per il colore della loro pelle o per le loro preferenze sessuali.
LETTERA APERTA AI RAPPRESENTANTI DELLE ISTITUZIONI
Dalla comunità africana alla città di Ioannina e alla città di Filippiada.
Signore e signori, ministro dell’immigrazione e asilo, sindaci di Ioannina e Filippiada, presidenti dei partiti politici greci.
I membri della comunità africana di Ioannina e Filippiada presentano qui la propria situazione. Questi che seguono sono i problemi più comuni dei rifugiati che vivono nei campi, di quello in cui viviamo come degli altri: speriamo che il vostro impegno sia rivolto a tutti. Le difficoltà che affrontiamo sono un “segreto di pulcinella” per le Ong e le autorità responsabili dei campi profughi, che a volte fingono di non conoscerle, come se non le vedessero, come se non vedessero sé stessi!
Un buon esempio è quello delle persone con disabilità che non hanno le cure, le terapie e i farmaci di cui hanno bisogno. Non c’è risposta da parte dei manager quando segnaliamo loro i nostri problemi. L’assistenza medica è inadeguata e i trattamenti insufficienti. Le visite mediche prenotate richiedono tempi di attesa di molti mesi, mentre spesso i pazienti necessitano di cure immediate. Anche la mancanza di traduttori negli ospedali è tragica, e spesso associata al fatto che veniamo trattati costantemente come dei poco di buono, se non dei criminali. Un altro problema grave per noi sono le decisioni di rifiuto delle domande di asilo, la cui percentuale è particolarmente alta per gli africani (oltre il 70%, ndr).
La condizione di chi ha ricevuto due decisioni di rifiuto è inoltre disumana: i nostri fratelli e sorelle non hanno diritto alle cure mediche, all’alimentazione e i loro figli perdono il diritto all’istruzione, perché non possono ottenere i certificati necessari per poter iscrivere i figli a scuola. Gli adulti non possono essere vaccinati o nemmeno ottenere un test rapido.
Siamo spiacenti di informarvi di un altro grave problema che stiamo affrontando: segregazione razziale nei campi, agita dal personale e dalle autorità, di cui abbiamo fatto esperienza personalmente, al punto da vedere messa in discussione la nostra sicurezza.
Il problema maggiore di tutti i rifugiati è che sia il cibo sia il denaro previsto dal programma di asilo (75-210 euro al mese) vengono consegnati unicamente ai richiedenti asilo. Chi ha ricevuto due decisioni di rifiuto o ha ricevuto “l’asilo” vive in condizioni da fame, sebbene anche i richiedenti asilo, di solito, non mangino il cibo fornito dal campo, perché di solito questo è davvero pessimo e anche perché la nostra dieta è completamente diversa. Peccato che lo stato greco paghi per questo cibo. Sarebbe preferibile darci una somma di denaro, come in passato: cioè invece di 75 euro a testa darne 150 o dei coupon, per poter acquistare il cibo autonomamente nei negozi di Ioannina.
Anche i trasporti verso Ioannina sono un problema serio: siamo infatti obbligati a pagare i biglietti per i nostri spostamenti con la piccola somma di denaro che riceviamo.
Le procedure per i documenti, così importanti, sono affrontate con un lunghissimo ritardo, e questo rappresenta un problema per poter godere del nostro diritto alla salute, all’educazione e al lavoro e per poter vivere con dignità.
Siamo tutte persone che non hanno deciso improvvisamente di venire in Europa. Ognuno di noi porta la sua croce, e ognuno di noi ha dovuto lasciare la sua patria, per la guerra, per la fame o per altre ragioni che ci hanno messo in pericolo di vita e ci hanno costretto ad abbandonare la nostra casa.
Nella cultura africana c’è unità, rispetto e amore fra i popoli. Noi ci batteremo costantemente per questi valori. Non chiediamo niente di più se non di ricevere un trattamento privo di discriminazioni razziali, per avere la possibilità di avere un futuro migliore.
Infine, esprimiamo la nostra solidarietà e la nostra compassione per tutte le persone e i rifugiati ucraini che sono ospiti della città di Ioannina. Sappiamo bene cosa significa essere costretti a lasciare la propria patria braccati.
La Terra è un alveare nel quale entriamo tutti attraverso la stessa porta.
Le comunità di Repubblica Democratica del Congo,
Repubblica del Congo, Guinea, Camerun,
Nigeria, Costa d’ Avorio, Sierra Leone.
Ioannina, 20 marzo 2022
a cura di erasmo sossich
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