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6 Febbraio 2018

La muta di caccia

Monitor de chirico, gennaro ascione, londra, murene, napoli, palazzo donn'anna
(disegno di resli)
(disegno di resli)

Quando il pescatore riemerse, la gragnola si era appena spostata sopra Palazzo Donn’Anna. L’acqua gelida. «Perché sei fissato con le murene?», chiese il ragazzo. All’università c’era un moccioso, il pescatore lo raccontava sempre. Non uno studente; era uno di quei ragazzini devastatori. Sempre con la stessa crocchia, in azione secondo le leggi non scritte della più primordiale tra le formazioni con cui l’homo sapiens è sopravvissuto alle glaciazioni: la muta di caccia. Eccome se ne facevano di danni. Massacravano le aiuole, sfregiavano la corteccia del cedro secolare, funestavano di sputi i passanti. Tiravano schiaffi, calci e pugni. E poi minacce, intimidazioni, percosse, aggressioni, furti, oscenità, e altri capi d’imputazione minorile. Tutti i giorni. Scuola? Qualche giorno sì e moltissimi no. Le famiglie erano complicate.

Il più tremendo era il più piccolo: Gordon. Un provetto tiratore scelto, specializzato nel maneggiare un oggetto contundente al quale era particolarmente affezionato: una pallina. Una pallina lucidissima, che strofinava di continuo con la manica slabbrata della felpa bordeaux. Una pallina gialla, color pesca sciroppata: il pesantissimo numero 1 in avorio di un vecchio tavolo da biliardo. Suo zio, detto ‘o Tripolino, se la ritrovava in casa per chissà quale ragione. Forse l’aveva trafugata da una bisca nei paraggi, prima ancora che Gordon nascesse. Sta di fatto, però, che quando i carabinieri erano venuti a prenderselo – a pendersi ‘o Tripolino –, Gordon se l’era infilata nel tascone della felpa ed era scappato via. Un bel giorno, Gordon schiantò la pallina in mezzo al petto di una ragazza che se ne stava seduta per i fatti suoi sul muretto. Le ammaccò lo sterno ché quella quasi non respirava più. Un di lei amico s’incazzò, scippò la pallina dalle mani di Gordon, e gliela fece sparire per sempre. «Azz. E mo’?», fu il pensiero degli astanti.

Quel giorno stesso, la muta la fece grossa. Nel pomeriggio, dopo qualche ora di calma piatta, puntò un signore ben vestito. Un tizio alto un metro e ottanta circa, completo spezzato con gilet grigio fumo/grigio antracite. Taglio di sartoria stiloso, ideale per la caccia alla stock option tra i palazzoni di Canary Wharf. Se la stava facendo addosso. No, non per paura della muta. Se la stava proprio facendo addosso. E a giudicare dagli spasmi doveva essere una di quelle scariche che solo la schiuma del cappuccino è in grado di scatenare. Insomma, il tizio fece uno scatto in avanti in direzione del WC chimico mobile piantato nel mezzo della piazzetta, e si lasciò il peggio alle spalle. Quand’ecco che la muta entrò in azione. Si dispose in formazione paramilitare a far quadrato intorno al vespasiano in vetroresina. Lo fece oscillare fino a che si cappottò con il tizio dentro. D’un tratto non volò più una mosca. La porta si aprì in orizzontale, il tizio lordo si fece largo impazzito di rabbia e diede addosso a Gordon, rimasto immobile in segno di sfida mentre gli altri se l’erano data a gambe levate. Si scatenò un putiferio, intervennero gli adulti della muta comparsi dal nulla, e Gordon fu il solo a tentare di non farli intromettere. Ma il tizio si beccò uno schiaffone, se ne andò annichilito, e Gordon scoppiò in lacrime e rimase solo.

L’estetica situazionista del rovesciamento, tuttavia, colpì l’immaginazione di un gruppo di studenti intenti a gettare le basi teoriche del futuro dibattito sull’antiproibizionismo. Una di loro asciugò le lacrime di Gordon. Altri familiarizzano con lui. In seguito qualcuno prese a dargli una mano con l’italiano e la matematica, qualcun altro iniziò a portarselo a giocare a pallone. Poi si persero tutti di vista. Ma appena maggiorenne, Gordon contattò di punto in bianco uno di loro a Londra. Trovò lavoro in un ristorante, si divideva i turni con un genovese laureato in storia dell’arte con una tesi su De Chirico, e una leccese esperta di sistemi di campionamento per gli acceleratori di particelle. E Gordon non finì male: né in lavanderia come il vestito spezzato, né criminale di professione come il resto della muta. «Sì, ma perché le murene?». «Perché – rispose il pescatore – è importante scegliere a quali pesci dare la caccia». (gennaro ascione)

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