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sanità
10 Ottobre 2016

La scomparsa dei servizi per la salute mentale

Monitor asl napoli1, associazione sergio piro, centro diurno, servizi salute mentale, unità operative complesse, unità operative di salute mentale
(disegno di cyop&kaf)
(disegno di cyop&kaf)

La Asl Napoli1 Centro ha proposto la riduzione delle Unità operative di salute mentale da dieci a cinque. Il provvedimento, approvato il 28 settembre ed esecutivo dal 7 ottobre, è solo l’ultimo atto, in ordine temporale, del processo di smantellamento dei servizi di salute mentale. Precisa e determinata è la  volontà politica alla base di queste scelte. In questi anni si è assistito allo snaturamento dei principi su cui si basava la legge regionale del 1983. I servizi psichiatrici di diagnosi e cura sono stati “dipartimentalizzati” perdendo di fatto la loro peculiarità di strutture di connessione (territorio e reparto ospedaliero), garantita dalla presenza nei turni degli stessi sanitari che lavoravano all’interno dei servizi di salute mentale, attuando quella continuità terapeutica tanto auspicata dalla legge regionale campana. Stesso destino hanno avuto le strutture intermedie territoriali che, in mancanza di gruppi appartamenti e di case alloggio, hanno finito per trasformarsi rapidamente in piccoli manicomi.

Le reperibilità notturne sono state sostituite da due poli, ubicati nella zona orientale e occidentale della città (ognuno dei quali rispondeva, fino a quest’ultimo intervento, alle richieste di cinque unità operative di salute mentale), con la presenza di un medico di guardia e di personale infermieristico. Presso gli altri  distretti, accorpati due per volta (per esempio Unità operativa di salute mentale  27 e 28) è presente ulteriore personale infermieristico deputato a rispondere alle richieste telefoniche e a intervenire con l’ausilio del medico di guardia e del 118, qualora ve ne sia la necessità. Questo modello propende per un accorpamento, giustificato dalla penuria di budget oltre che del personale, che si discosta dall’idea di un territorio “praticabile” (in senso qualitativo) dagli utenti.

Quest’ultimo provvedimento sovverte la precedente organizzazione di un servizio di salute mentale ogni settantamila abitanti. Le neonate “unità operative complesse” sono raggruppate in numero di due secondo un principio di vicinanza territoriale. Certamente uno dei primi intenti di questo provvedimento è la riduzione del personale dirigente (è previsto un solo direttore per entrambe le strutture) mentre i CSM (centri di salute mentale) resteranno due, uno per ogni vecchia unità operativa. Gli operatori di entrambe le strutture saranno accorpati, nel senso che un turno di emergenza sarà svolto da un solo medico su entrambi i territori. Ne deriva, per certi versi, la stessa logica notturna: un paziente di Scampia, per esempio, potrà ricevere la visita di un sanitario sconosciuto, al quale sarà difficile raccontare la propria storia, e il sanitario sarà costretto a constatare unicamente le condizioni psicopatologiche attuali del suddetto utente, intervenendo con una terapia farmacologica domiciliare o, nei casi più gravi, con un TSO.

Il provvedimento, inoltre, stabilisce che in ogni Unità operativa complessa sia previsto almeno un centro diurno (centro di riabilitazione per i sofferenti afferenti a quel determinato territorio). In una visione ottimistica, “almeno uno” può far ipotizzare l’istituzione di più centri diurni, ma in un clima di tagli quale è quello che si prospetta, può anche significare che i centri diurni possano diventare uno per unità operativa, in luogo dei due previsti nella precedente organizzazione. C’è il rischio, in sostanza, che i centri siano dimezzati e che l’utenza, pur su due fasce orarie, possa essere raddoppiata.

La riduzione delle unità operative di salute mentale era annunciata da innumerevoli segnali che l’hanno preceduta ed è perfettamente in linea con l’idea di sostituzione del qualitativo con il quantitativo. Un quantitativo che, per parafrasare Hanna Arendt, si nutrirà sempre più di statistiche, diagnosi, valutazioni e sempre di meno dell’eccezionalità che ognuno di noi rappresenta nella salute, come nella sofferenza. Per questo motivo riteniamo sia urgente che il sindaco del comune di Napoli, nella sua funzione di garante dei diritti dei cittadini, si opponga a questa grave decisione e chieda un incontro con i vertici  della ASL Napoli 1 Centro. (associazione sergio piro)

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