È uscito in questi giorni il nuovo numero de L’Almanacco de La Terra Trema (n. 12 / Primavera 2019), rivista trimestrale autofinanziata e pubblicata a partire dal novembre 2015. Riprendiamo a seguire un estratto dell’articolo Mondeggi, Comune, firmato da Effe e Roger per i e le presidianti.
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Un qualsiasi cambiamento presuppone una storia da raccontare, e la nostra è complessa, pur relativamente breve. Dal 2012 il Diritto alla Terra si scontra con la svendita su grande scala dei beni pubblici, e Genuino Clandestino ha le carte in regola per inserirsi al centro del dibattito. Sulla collina della fattoria di Mondeggi (duecento ettari, ovvero duecentottanta campi da calcio!) anni di gestione spericolata da parte della ormai sciolta s.r.l., hanno accumulato incuria, abbandono e un debito milionario, portando la tenuta di proprietà pubblica alla minaccia di liquidazione.
Si intromette dal giugno 2014, a suon di orizzontalità applicata, il variegato Comitato “Mondeggi Bene Comune, Fattoria Senza Padroni”, un minestrone di persone che suggeriscono la riscoperta del territorio con aggiornata responsabilità. La comunità diviene esigenza prima e spazio poi; sperimenta nuove pratiche, reinvestendo continuamente nel progetto stesso, nonostante i continui attacchi delle istituzioni. Partendo da esigenze materiali condivise, le risposte pratiche sono un pretesto per potersi immaginare un Bene Comune e allargare la partecipazione su diversi ambiti. Le assemblee e le feste. I lavori, i laboratori, le olivete, la vigna. E ancora il forno, il trattore, gli animali e l’orto; l’accoglienza di scolaresche, di viandanti e associazioni locali. Una natura un po’ più libera come cornice. Potrebbe continuare la lista di cose che già ci sono, ci saranno, ci potrebbero essere. Restituiamo fertilità a una terra straziata dal precedente sfruttamento.
Le persone che oggi compongono l’esperienza di Mondeggi, pur avendo anche visioni distanti tra loro (e per noi questa è la ricchezza del progetto) sono state attaccate, denunciate, snaturate in questi anni. Ma la realtà dei fatti grida per loro: chi arriva a condividere gli intenti, nella diversità e nella pluralità, trova qui il proprio spazio di espressione; lo stesso che ha portato a restituire vita a una collina abbandonata. Una comunità che ha trasformato, attraverso la condivisione del lavoro di anni, l’abbandono in cura, il rischio incendi in presidio permanente e vivace, oltre ad avere congedato quei giri di spaccio e prostituzione che non facevano chiudere occhio serenamente alla giustizia locale benpensante. Questi gli antagonisti?
Il 30 dicembre scorso, ahinoi, la Città Metropolitana di Firenze ha emanato un nuovo avviso di asta pubblica, con cui sancisce la volontà di svendere in corpo unico la proprietà, villa del Quattrocento compresa. Per la seconda volta, un bando pende minaccioso sul futuro della terra e del progetto: c’è da essere sfacciati per lanciare sul mercato una proprietà dei cittadini tutti, declassando a merce un bene comune dall’enorme potenziale sociale. È chiara la scelta di non prendere in considerazione il valore degli interventi di recupero che la comunità ha effettuato, auto-organizzandosi e autofinanziandosi. Pecunia non olet. Se un’offerta valida si presentasse all’asta, potremmo noi stessi opporre (o proporre) quasi cinque anni di precedenti, per arrivare ad affermare come il valore sociale del progetto sia l’ultima variabile a essere considerata dai liquidatori. Considerato il costo di queste terre (quasi dieci milioni di euro a base d’asta), è necessario ricordare come esse difficilmente possano perdere valore (ed edificabilità) se mantenute produttive e curate; specialmente se sorgono, ben collegate dalla rete di strade locali, vicino ad aree di interesse economico, come la città di Firenze o l’altrettanto famigerata e turistificata zona del Chianti. Nuovamente, per due spicci avremo svenduto – grazie Sistema Italia! – un altro pezzettino di territorio, un’altra fetta di responsabilità e possibilità per un diverso immaginario del futuro.
Noi, invece, vediamo nella comunità una finalità politica, sociale, una tappa necessaria per la riappropriazione e la liberazione, per una nuova prospettiva. Oggi il nuovo obiettivo è uscire dai nostri contesti abituali, farci sentire e conoscere. Impattare nuove sensibilità, gridare che, sì, è ancora possibile. Fare i contadini e fare radio, scrivere ad almanacchi e bollettini, divulgare un crowdfunding, fare un presidio o una festa, seminare un futuro. Parlare di noi, venirci a conoscere.
L’ennesima annata agricola sta iniziando con la potatura della vigna, delle olivete, il crescere del grano e dell’orzo nei campi, con il pane caldo appena sfornato. La comunità di Mondeggi non starà certo con le mani in mano. Un numero enorme di iniziative, progetti e desideri sta prendendo corpo o è in attesa di farlo, e non basterà una nuova iniezione d’incertezza a farci vacillare. Coloro che hanno ridato vita a Mondeggi e da cinque anni si prodigano affinché questa esperienza viva, non hanno intenzione di abbandonare la nave quando è previsto mal tempo.
O alla vetta arriviamo cantando,
o non arriva nessuno.
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