Borghetto San Carlo è un casale alle porte di Roma circondato da ventidue ettari di terreno. L’ex proprietario, il noto costruttore Mezzaroma, lo aveva ceduto al comune in cambio del lasciapassare per cementificare da qualche altra parte. Le chiamano compensazioni: Mezzaroma avrebbe dovuto anche farsi carico del restauro della tenuta entro maggio del 2013, ma a oggi ancora nulla è stato fatto. Probabilmente nessuno avrebbe saputo niente di questa vicenda – così come è accaduto in molte altre situazioni analoghe di abbandono del suolo pubblico – ma questa volta sull’area hanno puntato i riflettori i ragazzi della cooperativa Coraggio. Sono agronomi, precari, attivisti che dal 2011 lavorano a salvaguardia dell’agricoltura urbana, un settore che nella capitale – tra le metropoli con la più grande metratura di verde d’Europa – potrebbe impiegare centinaia di persone. L’idea è quella di sottrarre l’area all’incuria e di trasformarla in un’azienda agricola votata alla produzione di frutta e verdura, formazione e educazione ambientale, impiego di lavoratori svantaggiati. Il progetto sulla carta già esiste, ora c’è solo da attendere una risposta da parte delle istituzioni.
Non esiste una stima o una mappa delle terre pubbliche abbandonate in Italia. Quello che sappiamo è che oggi 338 mila ettari, tra terreni demaniali e non, sono stati consegnati alla Cassa Depositi e Prestiti, che ha il compito di stimarli e metterli in vendita. Per oltre centocinquanta anni incaricata di facilitare gli investimenti dei comuni in opere pubbliche e servizi, negli ultimi dieci anni la Cassa si è trasformata in una società per azioni, in mano per il trenta per cento a fondazioni bancarie. «Per l’ennesima volta si assisterà a una svendita di terre agricole, invece di metterle a disposizione delle comunità locali – ha denunciato la Rete nazionale Terra Terra -, le terre dovrebbero essere messe a disposizione di tutte quelle realtà che lavorano sul sociale, dagli agricoltori alle categorie più deboli, le piccole attività agricole sono ogni giorno a rischio fallimento, schiacciate dall’agroindustria. Questi terreni potrebbero essere un volano per una nuova agricoltura, una possibilità per le persone di costruire percorsi di autonomia. Il nuovo modello contadino è quello che si lega al territorio, un’agricoltura che fa da ponte tra una richiesta di cibo a livello locale e una domanda».
I danni causati dall’abbandono delle terre non sono solo economici. A risentirne pesantemente è anche l’ambiente. La Coldiretti calcola che sono 6.633 i comuni a rischio idrogeologico, rischio che potrebbe essere fugato attraverso la coltivazione, che con la sua “regimazione” delle acque agisce da manutentrice del territorio. Secondo il Consiglio Nazionale Geologi in dieci anni la perdita di suolo agricolo e di produttività delle superfici forestali ha comportato danni stimati in circa due miliardi e mezzo di euro, mentre altri dieci miliardi sono stati spesi per fronteggiare i danni da frane e alluvioni a colture e aziende. (marzia coronati)
Per saperne di più ascolta la puntata di radio Terranave
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