Lo scorso 12 luglio il tribunale di Civitavecchia ha rinviato a giudizio per disastro ambientale aggravato i vertici della dirigenza che nel 2017 gestiva l’Acea Ato 2, la società del gruppo Acea che si occupa del servizio idrico a Roma e nel suo Ambito territoriale ottimale (Ato). La prima udienza del processo è prevista per maggio 2023. Il tribunale ha deciso invece di non procedere contro alcuni proprietari di terreni vicini al lago. Non sarà facile dimostrare che i prelievi dell’azienda siano stati la causa del disastro ambientale ipotizzato dall’accusa. Tuttavia, per la direzione del Parco naturale regionale di Bracciano e Martignano, il rinvio a giudizio è già un segno positivo, dimostrando come “il giudice nella sua scelta abbia ben compreso quanto sia importante tutelare l’ecosistema lacustre che, solo grazie allo stop ai prelievi, è riuscito a recuperare centimetri preziosi in questi cinque anni”. Il Parco si è costituito come parte civile insieme ad altri soggetti pubblici e privati.
Mentre ci avviamo verso la fine di un’estate in cui la siccità è stata molto presente tra le notizie e le immagini di fiumi e laghi in secca sono state tra le più diffuse, vale la pena tornare sulle sponde del lago sabatino per cercare di capire come sta reagendo un territorio che prima di altri ha subito le conseguenze di una scarsità d’acqua che è sempre più difficile definire un’emergenza.
Venendo da Roma forse quello che impressiona di più del lago di Bracciano è il cielo: non ci sono case a bloccare la vista e quindi con poco sforzo si può seguire tutto il contorno del cratere in cui si è formato il secondo lago più grande del Lazio. Sulle sponde gli unici centri abitati sono i comuni di Trevignano Romano, Anguillara Sabazia e, a qualche centinaio di metri dalla costa, Bracciano. Tra Bracciano e Anguillara, a Vigna di Valle, troviamo un centro dell’aeronautica militare. Animato d’estate da persone che fanno il bagno o prendono il sole nei pochi punti di accesso libero (molte aree sono occupate da terreni privati, anche usati per la ricezione turistica), il lago porta ancora le conseguenze dell’annata 2017, quando la mancanza di precipitazioni, le alte temperature e la contemporanea presenza di prelievi da parte dell’Acea fecero calare in tempi brevi il livello dell’acqua di quasi due metri rispetto al valore di riferimento (zero idrometrico, il livello più basso fu raggiunto nel novembre del 2017). Il fatto, e la concomitante chiusura di molte delle iconiche fontanelle pubbliche a Roma, attirarono l’attenzione anche della stampa internazionale. Oggi ci vuole un po’ di sforzo per ricordare che le spiagge su cui si stende l’asciugamano si sono allargate (o formate) proprio nel 2017 e sono poi rimaste a disposizione, nonostante negli anni l’acqua abbia recuperato dello spazio (al 16 agosto 2022 però mancavano ancora 128 cm rispetto al livello di riferimento) grazie al blocco dei prelievi disposto dalla regione Lazio nella stessa estate del 2017.
«L’estate di quest’anno mi sembra paragonabile a quella del 2017 per temperature e per assenza di precipitazioni», ci dice il geologo Alessandro Mecali, che da anni segue l’andamento delle acque del lago per il sito Bracciano Smart Lake. «Rispetto a cinque anni fa però – prosegue Mecali – è mancato il prelievo dell’acqua da immettere negli acquedotti e questo ha impedito che si verificasse un abbassamento simile del livello».
Non è facile giudicare lo stato di salute di un lago, visto che occorre tenere presente diversi elementi e la quantità d’acqua è solo uno di essi. «Il blocco dei prelievi ha restituito al lago la possibilità di oscillare in modo naturale: nei periodi con più precipitazioni il livello dell’acqua sale, mentre quando è caldo, e soprattutto quando c’è molto vento, l’acqua evapora con rapidità e il livello scende. Il problema è che quest’anno non c’è stata abbastanza pioggia nei mesi in cui il lago si ricarica e così ora si fa fatica a compensare l’acqua che si perde nel periodo estivo», spiega ancora Mecali. Un abbassamento del livello del lago ha poi delle conseguenze anche sul livello delle falde acquifere della zona e ciò può rendere l’approvvigionamento tramite pozzi meno agevole o addirittura impossibile.
«Può sembrare strano, ma la mancanza di precipitazioni ha contribuito a tenere alta la qualità dell’acqua del lago visto che non è arrivata acqua dai fossi circostanti, dove ogni tanto possono finire degli inquinanti», aggiunge Mecali. In effetti, gli ultimi dati dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente del Lazio (Arpa), relativi al periodo 2018-2020, considerano buono lo stato delle acque del lago sia dal punto di vista chimico (mentre in altri laghi della regione è stata rilevata la presenza di inquinanti come il mercurio) sia ecologico. Sembra quindi legittimo affermare che il lago e il sistema idrogeologico in cui è inserito sono riusciti finora a reggere alla pressione, avviandosi verso un nuovo equilibrio dopo lo sconvolgimento del 2017, quando l’acqua venne sottratta in poco tempo senza lasciare all’ambiente la possibilità di adattarsi alla nuova situazione. Un equilibrio che appare però fragile se dovesse perdurare la mancanza di precipitazioni e se dovessero ripresentarsi delle pressioni per attingere a un bacino d’acqua di ottima qualità che ha bisogno di pochi trattamenti per diventare potabile.
Negli ultimi anni l’Acea ha avviato delle iniziative che sembrano influenzate proprio dalla possibilità di dover far fronte a periodi di scarsezza idrica, come delle opere – definite strategiche nel documento aziendale del 2021 sulla sostenibilità ambientale – sul sistema degli acquedotti. Queste sono avviate, anche nell’ambito del Pnrr e dopo la nomina da parte del governo di un commissario straordinario, sull’acquedotto del Peschiera-Le Capore, la condotta che parte dal reatino e garantisce buona parte dell’approvvigionamento idrico di Roma, e su quello dell’Acqua marcia. Inoltre, l’azienda ha annunciato nel 2019 di aver ottenuto il rinnovo della concessione dello sfruttamento dalle sorgenti del Peschiera e Le Capore fino al 2031 (contro il rinnovo hanno fatto ricorso, senza successo, il comune di Casaprota e l’associazione Postribù) e il progetto di raddoppiare l’acquedotto.
Negli anni scorsi si è parlato anche di ricorrere all’acqua del Tevere, su cui esiste già l’impianto di potabilizzazione di Grottarossa, ma oltre all’evidente difficoltà di rendere l’acqua del fiume potabile, occorre ora interrogarsi sulla possibilità stessa di attingere acqua da un corso che da mesi, a causa della siccità, ha visto il suo livello abbassarsi di molto, creando sulle sponde all’interno di Roma delle zone ormai acquitrinose e senza o con scarsa corrente d’acqua, con conseguente sviluppo di vegetazione e fauna tipica delle aree con acqua stagnante.
Il bilancio di sostenibilità dell’Acea relativo al 2021 conferma la tendenza verso la riduzione delle perdite dalle reti, che però ammontano ancora al 39.8% nell’Ato 2 e al 28,6% nella rete romana. Scorrendo le pagine del documento viene spontaneo chiedersi se i miglioramenti segnalati basteranno a far fronte a un nuovo periodo di siccità intensa e prolungata come quello di quest’anno.
Per una città delle dimensioni di Roma ottenere la maggior parte della sua acqua da sorgenti è un privilegio molto raro, soprattutto in un periodo storico in cui gli effetti della crisi climatica e ambientale sono diventati sempre più evidenti. Come per tutti i privilegi, occorrerebbe però ragionare in modo critico e valutarne gli impatti rispetto alle altre comunità che vivono nei territori limitrofi e agli ecosistemi coinvolti. Nel Lazio, fino ad alcuni decenni fa, avere l’acqua corrente in casa sembrava una cosa eccezionale, oggi per una ampia fetta di popolazione è abituale averla a disposizione tutte le ore a un prezzo accessibile. Se però la siccità dovesse diventare una costante è probabile che si rendano necessari degli interventi incisivi e una rivalutazione dei consumi idrici, perché senza acqua non si può vivere. (alessandro stoppoloni)
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