Alcuni pensano che il cambio di rotta della musica liturgica verso soluzioni inclusive per il pubblico sia dovuto alla partecipazione dei fedeli al rito attraverso il canto. Le cose non stanno proprio così – basti pensare all’importanza della musica corale nella liturgia già dalla fine del primo millennio, poi sfociata nel canto gregoriano. Insomma, il coro propone una dimensione musicale aperta, in grado di avvicinare il fedele al rito come gli affreschi e le vetrate che traducono in parabola iconografica le storie del cristianesimo.
Il coro è una pratica esecutiva comune a tutte le civiltà, dai tempi più remoti, cosicché la sua storia e le sue forme coincidono in gran parte con quelle della musica stessa. La chiesa ha rappresentato per almeno un millennio il luogo d’elezione per le scholae cantorum, ma la modernità ha messo sotto scacco questo primato e le stesse scuole diventano ormai luoghi dove sperimentare la pratica corale.
Il Coro di voci bianche del 48° circolo didattico di Napoli diretto dal Maestro Salvatore Murru offre l’occasione di entrare in contatto con una realtà che ha fatto della promozione della musica e della sua potenza espressiva – come alta forma di crescita personale, sociale e umana – il suo principale obiettivo.
Quando, dove, come e perché nasce l’esperienza del coro?
Comincerei dal perché. Quella corale rappresenta un’importante esperienza a prescindere dal valore artistico/musicale. Gli studiosi confermano l’importanza che il canto corale rappresenta per la dimensione cognitiva, emotiva, affettivo-relazionale di ciascun individuo. In molti paesi occidentali l’attività corale è obbligatoria in ogni struttura scolastica, spesso con il risultato che ogni paesino ha la sua compagine. Qui da noi, solo da alcuni anni si è risvegliato, con una serie di azioni partite dal basso (spesso iniziative di singoli docenti, supportate da capi d’istituto lungimiranti), una rivalutazione dell’attività corale.
Questo è il caso del 48° circolo “Madre Claudia Russo”, nella periferia orientale di Napoli (tra Barra, San Giovanni e Ponticelli).
Circa dieci anni fa è nata e continua felicemente l’attività corale destinata a bambini e ragazzi. Già, perché quasi sempre il valore riconosciuto dagli stessi è tale da determinare la voglia di continuare a cantare anche dopo che hanno lasciato la scuola primaria. E così, con cadenza settimanale, a gruppi determinati per tessitura vocale, teniamo a scuola, in un laboratorio strutturatosi nel tempo, le nostre lezioni di canto corale. Attualmente mi occupo di due cori, considerato che l’esperienza delle prime leve (gli ex allievi che ormai non si possono più considerare voci bianche) continua e si somma a quella dei piccoli, appartenenti alla scuola.
La funzione didattica di questa pratica sembra affiorare a più riprese dalle parole di Salvatore:
La didattica, naturalmente, tiene conto di vari approcci che si rifanno a una pedagogia non solo musicale in senso stretto. In questo sono aiutato dal fatto di essere docente di scuola elementare (come un tempo era chiamato questo segmento scolastico). Bruner, Piaget, Vigotskij, sono stati i miei maestri, coloro sui quali ho fondato la mia formazione di docente. Più di recente, psicologi come Howard Gardner, hanno messo in risalto come il concetto d’intelligenza, che noi per molti anni abbiamo limitato associandolo a quello di abilità logico-matematiche, va integrato con una più ampia visione delle capacità intellettuali, tra le quali l’intelligenza musicale ha uno spazio tutto suo.
Gli chiedo infine di raccontarmi le evoluzioni del progetto fino ai recenti impegni che l’hanno messo in gioco:
Abbiamo iniziato circa dieci anni fa con un piccolo gruppo di ragazzi. All’inizio, al di fuori delle mura scolastiche, ci si muoveva più che altro per concorsi e qualche rassegna. Ciò nasceva dalla naturale voglia di confrontarsi, nel senso più sano del termine, con altre realtà sia locali, sia al di fuori del proprio ambiente di appartenenza. Nel tempo abbiamo trovato numerose opportunità per esprimerci. Penso, per esempio, a eventi promossi dal comune di Napoli come il Maggio dei monumenti, E … state a Napoli, Giugno Giovani; o anche a manifestazioni create ad hoc, come il concerto che insieme all’orchestra dell’istituto Bonghi abbiamo realizzato nell’Auditorium di Castel Sant’Elmo nel giugno 2016. Alla fine, ai più non sfugge che una cosa è il coretto scolastico (e non uso l’espressione in senso dispregiativo) che deve sicuramente avere una sua collocazione e ragion d’essere, altro è (per contenuti, finalità ed esiti) l’esperienza corale che, pur partendo dal contesto scolastico, intende porsi come importante momento di crescita, di riflessione sulle possibilità espressive e di formazione personale.
Dopo aver saggiato l’armonia che si respira nel gruppo per le prove, non mi resta altro che aspettare la prima occasione utile per ascoltarli in concerto. (antonio mastrogiacomo)
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