Foto e testo di Savin Mattozzi
L’autostrada che porta da Cracovia al confine polacco-ucraino era in gran parte vuota. Ogni tanto passavamo davanti a un furgone pieno di coperte, cibo, scatole di cartone e altri aiuti con bandiere ucraine ai finestrini e cartelli con scritto “Stand with Ukraine” sulle porte. Dopo i furgoni, sono arrivati i mezzi militari. Una fila di quasi un chilometro di camion verde oliva con targa ucraina stava aprendo la strada verso il confine.
A un check-point della polizia, solo un paio di chilometri dal confine vicino al paese di Korczowa, siamo stati fermati. «State andando in Ucraina?», ha chiesto il poliziotto. «No», abbiamo risposto all’unisono, con i documenti pronti a dimostrare che eravamo giornalisti. «State andando a prendere qualcuno o andate al centro profughi?». «Stiamo solo andando al centro». Il poliziotto ha annuito con la testa indicandoci la direzione in cui proseguire.
Dall’esterno il centro sembrava un normale deposito circondato da tende per il cibo, persone che cucinavano su fuochi all’aperto e la polizia polacca e vigili del fuoco che aiutavano le centinaia di persone all’esterno. L’intera parte anteriore dell’edificio era fiancheggiata da persone con giacconi invernali e coperte che si accalcavano intorno alle tende e alla fila degli autobus separata solo da alcune piccole barriere di metallo. La maggior parte delle persone lì erano bambini con le loro madri, che si muovevano costantemente cercando di capire dove fossero e dove dovevano andare. Il centro fungeva da punto di arrivo e raccolta per le persone provenienti dal confine e da rifugio per coloro che non avevano altro posto dove andare. Secondo un vigile del fuoco polacco che dirigeva le persone, il centro ospitava tra le quattro e le cinquemila persone.
Il flusso di autobus provenienti dal confine era costante e metodico. Un autobus si fermava davanti al centro, i vigili del fuoco tiravano fuori i bagagli e poi aprivano le porte per far uscire le persone. Ogni autobus ne trasportava circa ottanta. I bambini guardavano fuori dai finestrini cercando di capire dove fossero. Un paio di loro hanno visto le nostre macchine fotografiche e hanno sorriso mentre ci salutavano.
Quando le persone hanno iniziato a scendere dall’autobus, loro espressioni erano un misto tra sollievo e shock. Alcune anziane piangevano con le mani sul viso. I bambini fissavano, senza alcuna espressione, la folla di persone fuori dal centro.
A un’estremità dell’edificio, ucraini residenti in altri paesi dell’Unione Europea caricavano i familiari nelle loro auto e si avviavano per il lungo viaggio di ritorno nei rispettivi paesi. Uno dei furgoni era di una famiglia di Pavia, che in fretta, ma con calma, caricava le proprie cose in macchina. Stavano raccogliendo i membri della famiglia che erano riusciti a fuggire da Kiev. Con loro c’erano quattro adulti e due bambini piccoli, uno avvolto in una giacca giallo brillante, con un enorme sorriso mentre la sua famiglia cercava di mettere nel furgone il maggior numero possibile di cose.
Per coloro che aspettavano ancora che i loro parenti venissero a prenderli o per le persone che non avevano un posto dove andare, l’interno del centro veniva utilizzato come ricovero. L’intero pavimento del locale era ricoperto da persone sdraiate, quasi una sopra l’altra, che cercavano di dormire. La stanza aveva uno strano odore di vecchie coperte e di zuppa che le persone portavano dall’esterno. Era relativamente tranquillo, fatta eccezione per il basso mormorio delle persone che parlavano al telefono con i propri cari e le madri che cercavano di dire ai propri figli di tacere.
Di nuovo fuori, si era formata una coda per altri autobus che stavano portando le persone in altri luoghi in Polonia e in tutta Europa. Era la stessa identica scena degli autobus provenienti dal confine ma al contrario. I bambini sembravano smarriti, le anziane piangevano mentre raccoglievano le valigie e le madri facevano del loro meglio per mantenere la calma di fronte ai figli.
Si stima che due milioni di ucraini siano fuggiti dal paese nelle ultime due settimane mentre le forze russe continuano la loro invasione. Poiché la Russia a stento consente corridoi temporaneamente sicuri per i civili per sfuggire ai bombardamenti, si stima che circa tre milioni di persone in più lasceranno il paese nelle prossime settimane e mesi.
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