
La tranquillità dei Braveheart calabresi, già pronti a riproporre sui social le solite foto dei riti della Settimana Santa, ripresi dopo gli anni del Covid, è stata turbata dall’ordinanza n. 8 del 29 marzo 2023 firmata dalla Commissione straordinaria composta dai commissari Iannuzzi, Micucci e Iannò, i quali governano il comune di Nocera Terinese in provincia di Catanzaro: comune sciolto con decreto in data 26 maggio 2021. Per il secondo anno consecutivo, la Commissione ha vietato il rito del vattienti, che viene così descritto nella suddetta ordinanza: “Alcuni uomini si flagellano le gambe e le cosce che a seguito dei colpi inferti, inevitabilmente iniziano a sanguinare e con il sangue vengono macchiate le mura e le porte delle case attraversate dalla processione. La pratica viene eseguita con strumenti denominati il ‘cardo’ e la ‘rosa’ e consistenti in pezzi di sughero sui quali sono inseriti pezzi di vetro. I ‘vattienti’ camminano per il paese, battendosi prima davanti alla propria casa e poi davanti alle case di amici e parenti, ai sagrati delle chiese e davanti alle icone votive, fino a raggiungere la statua della Madonna dell’Addolorata”.
La Commissione decide allora di valutare il rito “dal punto di vista igienico-sanitario”, e quindi ritenuto “che la pratica dello spargimento di sangue per le vie cittadine unita all’apposizione dello stesso sulle mura degli edifici cittadini è in assoluto contrasto con le primarie esigenze di tutela della salute pubblica e salubrità dell’ambiente e ciò, unitamente alla notoria attrazione alla manifestazione di un considerevole flusso di persone, induce all’adozione di provvedimento di inibizione della pratica dei Vattienti”; e in definitiva vieta il rito.
L’ordinanza ha avuto sui difensori – di ambo i sessi sia chiaro – dell’identità calabrese lo stesso effetto che avrebbe avuto l’ingresso di Vanessa del Rio nella mia classe quando frequentavo il quinto anno all’Istituto tecnico per geometri a Catanzaro, cioè il risveglio di tutti quegli ormoni che albergano nei “maschi bestiali” descritti nell’omonimo libro di Richard Wrangham e Dale Peterson. A gettare benzina sul fuoco c’era poi il fatto che un rito simile si sarebbe svolto, come già avvenuto nel 2022, a Verbicaro in provincia di Cosenza, paese che dista poco più di cento km da Nocera Terinese.
Riproporre le varie motivazioni a difesa del rito portate dagli autori degli articoli, tutte persone attive sulla scena culturale calabrese, occuperebbe tanto spazio per cui provo a riassumerle in pochi punti, chiedendo in anticipo scusa agli autori dei vari interventi.
Quindi:
– in tanti anni di svolgimento del rito non ci sono mai stati casi di infezioni tanto che il rito si è regolarmente svolto, a eccezione che per gli anni in cui il Covid ha bloccato le nostre vite;
– il rito, anche se oggetto di una forte esposizione mediatica che lo fa diventare un attrattore turistico, mantiene il legame tra la comunità e il territorio. La comunità ha quindi il diritto di mantenerlo in vita.
A questo punto il “popolo” si sveglia e si raccoglie sotto l’ala della Pro Loco Ligea, che insieme ad altre associazioni presenta una petizione che viene firmata da oltre mille e duecento persone. La petizione insiste sul valore simbolico della flagellazione e del sangue. Si legge infatti che “sono proprio questi aspetti ‘cruenti’ a richiamare in paese gruppi di osservatori: etnologi, antropologi, storici, scienziati, medici che contribuiscono a trasformare i vattienti nel rito più studiato della nostra regione”. Viene anche ricordato che il rito è stato proposto all’Unesco perché diventi patrimonio dell’umanità e quindi a gran voce si chiede di “ridiscutere” (sono grandi mediatori) l’ordinanza per consentire lo svolgimento del rito “in piena autonomia e libertà”, anche per consentire alla comunità di lasciarsi alle spalle “una pesante crisi sociale aggravata dagli esiti pandemici”. Certo che se scrivo ridiscutere e poi parlo di piena autonomia mi sembra un ossimoro, ma vabbè.
Il 5 aprile la terna dei commissari, sentite le proposte fatte dai rappresentanti delle associazioni e dai cittadini, approva alle ore 13,30 lo svolgimento del rito, che tuttavia dovrà rispettare otto punti seguendo alcune modalità. Avendo più volte fotografato il rito mi sono posto alcune domande: il punto 6 prevede il divieto di imbrattare con sangue e altri fluidi corporei pareti e portoni di edifici pubblici e privati. Ma mi domando, gli anni passati con quali altri fluidi corporei sono stati marchiati pareti e portoni?; il punto 3 prevede che il vattiente usi strumenti strettamente personali, ma io in tanti anni non ho mai visto vattienti scambiarsi gli strumenti usati per la flagellazione; sempre il punto 3 prevede una distanza di cinque metri da ogni altro praticante il rito, cosa praticamente impossibile nella realtà.
Recatomi nella giornata di sabato ad assistere al rito devo ammettere di aver visto una comunità che ha osservato i punti richiesti (il punto 8 suggeriva a colui che personifica l’ecce homo che accompagna il vattiente di usare calzature, ma non l’obbligava; in effetti erano tutti scalzi), sicura del fatto che le elezioni che si svolgeranno in autunno vedranno l’elezione del sindaco e di una giunta e allora tutto si svolgerà come sempre, come è avvenuto a Verbicaro. Il popolo quindi potrà riprendere ad autodeterminarsi e decidere cosa sia utile per la comunità.
Tra i vari articoli che ci rassicurano sul corretto svolgimento del rito non posso non segnalare quello pubblicato dalla testata giornalistica Calabria Magnifica, che scrive: “Il rito dei Vattienti a Nocera Terinese ha avuto un’edizione particolarmente controversa quest’anno. La pandemia da Covid-19 e le relative restrizioni hanno reso difficile l’organizzazione di eventi pubblici, compreso questo rito che richiama migliaia di persone ogni anno. Inoltre, alcune organizzazioni e gruppi hanno sollevato delle obiezioni riguardo alla natura violenta del rito, che consiste nell’auto-flagellazione con fruste”. Ora, mi domando dove il giornalista abbia visto o letto dell’uso di fruste durante il rito.
Non pago di quanto scritto, il giornalista prosegue: “Molti critici hanno sottolineato che l’auto-flagellazione è un’azione violenta e auto-distruttiva che non ha alcun valore spirituale. Altri hanno sollevato preoccupazioni riguardo alla sicurezza dei partecipanti, che potrebbero ferirsi gravemente durante la processione” – come potrebbero ferirsi le persone durante la processione? Ah, dimenticavo: le fruste potrebbero colpire chi assiste al rito. Questo giustificherebbe la distanza di cinque metri dal vattiente. Ma poi è tutto chiaro: “Sebbene le tradizioni siano importanti per le comunità che le praticano, è anche necessario considerare il loro impatto sulla società nel suo insieme e assicurarsi che siano conformi ai valori e alle norme contemporanee”. Sto pensando quali norme si applicano quando a Ivrea si fa la battaglia delle arance o alla festa dei ceri di Gubbio: sono le prime che mi vengono in mente. Pochi giorni fa sono stato a una festa dove sono stati cotti circa due quintali e mezzo di ceci con cinque quintali di pasta, tre quintali e mezzo di salsa di pomodoro e centocinquanta litri di olio. La cottura non è avvenuta in una cucina di Pantagruel ma in un fabbricato e a cucinare il tutto decine di persone che per un’intera notte hanno alimentato il fuoco sotto enormi pentoloni per poi servire il tutto a una folla festosa che non si è posta alcun problema in merito al rispetto di norme igienico-sanitarie. Mentre attendevamo la cottura della pasta la conversazione è passata dal rito a quanto stava avvenendo in Francia: «I francesi hanno i cugghiuni quantu sta caddara», cioè il popolo francese presenta attributi delle dimensioni pari a questa caldera (più di duecento litri). (angelo maggio)
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