Pur conscio, numeri alla mano, di una probabile sconfitta, pare che Marco Di Lello sia l’unica persona interessata a svolgere le primarie del centrosinistra per scegliere il candidato governatore della Campania. Quando mancano due settimane al grande evento (che forse non si farà per niente), il leader socialista raduna i fedelissimi a Città della Scienza per presentare la sua candidatura. Proprio lì, nel simbolo di tutti gli abusi e i paradossi napoletani; all’interno del “presidio culturale” che se ne sbatte delle regole e autoimpone – mobilitando sponsor politici di ogni orientamento – la propria ricostruzione nell’unico luogo dove la legge e il buon senso lo impedirebbero: una spiaggia che dovrebbe essere spiaggia e non dépendance di musei e locali notturni. Niente di strano, certo: per CdS ci sono passati tutti, e non poteva fare eccezione Di Lello, che pure della lotta agli abusi edilizi ha fatto la bandiera della sua attività politica.
Ma Di Lello è uno che si muove bene. Come quei calciatori che, dicono i telecronisti, “si vedono poco ma sono utili per la squadra”, è da sempre abile a trovare la posizione più conveniente in campo. È stato giovane assessore regionale con Bassolino (urbanistica ed edilizia pubblica); ha contribuito alla nascita di Sinistra e Libertà con Vendola; si è fatto eleggere deputato nella lista del PD, ma senza mai abbandonare la sua forza politica di riferimento: l’inossidabile PSI. Sempre affacciandosi da questa nobile finestra sul mondo, Di Lello oggi sfida i colossi della politica campana, De Luca, Cozzolino e Migliore. «Fin dai giorni della Fonderia ho lavorato per costruire una candidatura unitaria del centrosinistra – racconta prima dell’inizio della manifestazione – ma negli altri hanno prevalso i protagonismi e gli interessi personali. E allora eccomi qua». Eccolo qua, Marco Di Lello: quarantacinque anni, fisico asciutto, completo grigio su maglioncino e capello sempre grigio, appena più chiaro. Il format è quello classico: al microfono si alternano i testimonial d’occasione, che raccontano a un Di Lello seduto a pochi metri, in sgabello, la loro realtà quotidiana. Sono quelle che si autocelebrano come “persone comuni”: lo studente, la lavoratrice dell’Ikea, l’insegnante precaria, la sindacalista dei trasporti, il medico di pronto soccorso, il produttore di olio dop, l’imprenditore vincente e l’avvocatessa con la passione per la letteratura. Per la prima ora non si va oltre le solite noiose chiacchiere. Poi prende la parola lui.
Di Lello intrattiene la platea del teatro Galilei per oltre novanta minuti, schierandosi dalla parte dei pendolari, dei cittadini che pagano le tasse, di chi frequenta gli ospedali pubblici. Snocciola i dati del disastro campano, talmente catastrofici da lasciare il dubbio che gli anni di governo Caldoro, pur nella loro scellerata gestione, possano essere gli unici responsabili di un tale sfascio. Di Lello, e tanti dei presenti in sala, avevano posti importanti nella precedente gestione della regione, ma di bassolinismo non si farà mai menzione. A proposito di bassolinismo: prima di Di Lello, qualche applauso se l’era preso anche Corrado Gabriele (senza però mai salire sul palco), ormai trombato da tutti i partiti della sinistra e tampinato da inchieste giudiziarie di ogni genere. Da qualche anno a questa parte – scopertosi socialista, dopo essere stato comunista e socialdemocratico – Gabriele è al fianco di Di Lello, con cui condivide destini presenti e futuri, a cominciare da queste primarie. Già perché i presenti in sala ci credono fermamente, nelle primarie. Un giovane dirigente del partito me le racconta come «un grande strumento di democrazia», spiegandomi che nei “paesi britannici” sono il modo migliore perché i panni sporchi vengano lavati fuori famiglia (dagli elettori). Barak Obama, probabilmente, sarebbe entusiasta di questa definizione, anche se con un po’ meno di entusiasmo prenderebbe atto della regressione degli Stati Uniti a colonia inglese. Andrebbe in difficoltà certo, nell’applicare quest’etichetta alle più note edizioni italiane delle primarie, che oscillano dai plebisciti legittimanti per il leader di partito (Prodi, Vendola, Veltroni, Bersani, Salvini, Renzi) ai pasticci locali con i cinesi (Napoli) e i rom (Roma) che si affollano in coda alle sezioni per dire la propria sul candidato di turno. In ogni caso, a Città della Scienza Obama è l’unico a non aver ancora messo piede, e la kermesse di Di Lello continua senza contraddittorio.
Nella sala che, intorno alle otto – mentre Di Lello continua imperterrito a parlare – comincia a svuotarsi, aleggia solo vagamente lo spettro dei tre possibili concorrenti, e l’impressione è che di queste primarie ne sappiano qualcosa solo i socialisti. È anche vero che dopo la sospensione da sindaco di Salerno lo stesso De Luca è in trattativa con il PD per una possibile via di fuga, e cerca di barattare il ritiro della candidatura con un ruolo che non gli faccia rimpiangere quello di viceministro (governo Letta), costatogli la poltrona. Un discorso simile vale anche per Cozzolino, che nel frattempo ha fatto partire una campagna elettorale in grande stile. Con la sua tattica presenzialista, l’ex delfino di Bassolino sta provando a far dimenticare le ombre delle ultime primarie, ma pur di non legare il nome del partito alle stesse figure che appena tre anni fa resero la tornata napoletana una tragica farsa, anche in questo caso il PD sta insistendo per convincerlo a desistere. A quel punto rimarrebbe in gara solo Gennaro Migliore, neo iscritto al partito, che fa paura ai suoi avversari ma soprattutto ai suoi sodali (in particolare agli storici dirigenti napoletani), avendo scavato la fossa negli anni a tutti quelli che hanno provato a lanciarlo, da Bertinotti a Vendola. Se il nome chiave dovesse essere il suo, il PD cercherà di fare di tutto per cancellarle definitivamente, queste primarie.
Forse è proprio a questo che pensa lo stratega Di Lello, quando in chiusura si lascia scappare che non ci sarà nome capace di fargli fare un passo indietro: ormai il tempo è scaduto, e la candidatura, dice, è irrevocabile. Al momento dei saluti il leader socialista dà appuntamento al 22 febbraio, il giorno che vedrà andare in scena quello “straordinario strumento di democrazia” in cui tutti nutrono infinita fiducia. Poi saluta tutti con un sorriso: probabilmente non ci crede nemmeno lui. (riccardo rosa)
Leave a Reply