Il primo gennaio 2016 tre poligrafici de Il Mattino vengono licenziati. Successivamente, i lavoratori del quotidiano napoletano vengono a conoscenza della cessione di un ramo dell’azienda. La Caltagirone Editore, secondo gruppo editoriale in Italia, a cui fanno capo Il Mattino, Il Messaggero, Il Gazzettino di Venezia, Il Corriere Adriatico, Il Quotidiano di Puglia e Leggo, con le rispettive testate on-line, decide infatti di cedere il settore dei poligrafici della testata napoletana a due società diverse, la Società Servizi Italia 15 Srl, con centomila euro di capitale sociale, e la società Stampa Napoli Srl, con un capitale sociale di diecimila euro. Con la cessione, alcuni degli impiegati con contratto da poligrafici ricevono un contratto da commerciali, mentre gli altri (lavoratori del settore cosiddetto produttivo: stampa, prestampa, servizi tecnici informatici, area di preparazione e rotativa), spostati nella seconda società, mantengono il loro contratto da poligrafici.
Le resistenze alla cessione e a questo spacchettamento non tardano ad arrivare, alcuni dei lavoratori aderiscono all’opposizione lanciata dai sindacati, altri si rivolgono direttamente a un avvocato del lavoro. Si susseguono dieci scioperi, non troppo partecipati. Alcuni impiegati si offrono addirittura per una delocalizzazione in altri sedi, depotenziando ogni tipo di lotta e rivendicazione. Tutti i lavoratori che pian piano avevano dato disponibilità a uno spostamento, dal primo aprile in poi sono rimasti stabili nella sede romana, lasciando a via Chiatamone una sola persona in ufficio contabilità, una nell’ufficio personale e tre nell’ufficio diffusione.
La manovra utilizzata per il Mattino diventa un modello da utilizzare per le altre testate, tanto che la FIEG (Federazione degli Editori) invita la Caltagirone a rivedere le sue decisioni. A maggio 2016 Caltagirone abbandona la FIEG, “per divergenza di vedute in merito al futuro del settore e allo sviluppo dello stesso”, così annuncerà in seguito il gruppo editoriale in un comunicato stampa. Mentre stavano per scadere i termini dell’opposizione e quindi la conseguenziale trasformazione in causa, a ottobre, dopo sei mesi dall’avvio di questa cessione societaria, quattro poligrafici vengono licenziati.
«Un lunedì come gli altri, entro nella sede e una guardia giurata mi chiede di salire all’ufficio personale, lì la lettura della lettera di licenziamento, avevo già capito tutto», spiega Sissi Contessa, una delle poligrafiche licenziate, che ha perso il lavoro dopo venticinque anni. La notizia dei licenziamenti non ha avuto molta eco. Un post sui social mette in risalto la vicenda di una collega che alla notizia del licenziamento viene colta da un malore. Il sindaco de Magistris, sempre in un post, chiede l’immediato reintegro dei licenziati. I giornalisti hanno partecipato solo a uno dei tanti scioperi indetti. Qualcuno ha espresso il suo appoggio ai licenziati, poi il silenzio. «Se appoggi e sei solidale il giornale non lo mandi in stampa, scioperi. Una sola conferenza stampa in cui si discute sulla potenzialità de Il Mattino come bene comune e sul “rischio” licenziamenti di certo non appare come un reale appoggio alla causa», continua Sissi.
La stessa funzione del poligrafico è stata completamente svuotata e svilita nel tempo. Prima del 2003 il poligrafico era una figura onnipresente per il funzionamento del giornale. Attraversava tutte le tappe: i poligrafici della diffusione stabilivano il numero di copie, il controllo concorrenza, il controllo rese, erano presenti nell’ufficio amministrativo, nella segreteria di redazione, nel prestampa per l’impaginazione, per la scelta delle fotografie dall’archivio. Pian piano è stato smantellato tutto, anche con la complicità dei sindacati. Il contratto da poligrafico stabiliva, infatti, il prepensionamento con trentadue anni di contributi e questo ha creato una rimozione di un gruppo di tecnici senza la creazione di un nuovo settore aggiornato e specializzato. La vicenda de Il Mattino non è slegata dagli altri licenziamenti avvenuti a Napoli e nelle altre città, anzi sembra rientrare in un progetto vasto di disintegrazione di un tessuto lavorativo già in crisi.
Martedì 18 ottobre, al gruppo di poligrafici licenziati si è unita la voce dei lavoratori della Fiat (licenziati e poi reintegrati) e il gruppo di Bagnoli libera. Alle dodici è stato organizzato un sit-in di protesa fuori la sede di via Chiatamone. “Fuori Caltagirone, reintegro immediato dei lavoratori nella sede di Napoli”, le parole degli slogan e degli striscioni appesi sulle finestre della sede storica del quotidiano. Rimane da capire quali saranno i risvolti legali della questione e se ci sarà un reintegro dei lavoratori nella sede napoletana. (marzia quitadamo)
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