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sanità
24 Marzo 2013

Opg, la proroga della vergogna

Dario Stefano Dell Aquila

Da Il Manifesto del 23 marzo 2013

La proroga al 2014 del termine per la chiusura degli Ospedali psichiatrici giudiziari è un finale annunciato, non certo un colpo di scena. Ma è comunque una scelta che solleva interrogativi e proteste. Con decreto legge, approvato nell’ultimo consiglio dei ministri utile, il governo ha prorogato il termine fissato al 31 marzo 2013, “in attesa della realizzazione da parte delle regioni delle strutture sanitarie sostitutive”. Nel decreto “si sollecitano le regioni a prevedere interventi che comunque supportino l’adozione da parte dei magistrati di misure alternative all’internamento, potenziando i servizi di salute mentale sul territorio” e “si prevede, in caso di inadempienza, un unico commissario per tutte le regioni per le quali si rendono necessari gli interventi sostitutivi”.

Il ministro della giustizia Paola Severino, ha spiegato che bisogna “dare tempo alle regioni, chiudere e basta sarebbe facilissimo, ma ci sono persone che devono essere curate e custodite”. Così, con buona pace per le parole del presidente della repubblica che aveva parlato di “estremo orrore dei residui ospedali psichiatrici giudiziari, inconcepibile in qualsiasi paese appena, appena civile” viene spostato di un anno il termine fissato dalla legge 9/2012.

Ignazio Marino, presidente uscente della commissione di inchiesta sulla sanità, oggi candidato a sindaco di Roma, ha definito inaccettabile e intollerabile “consentire che queste strutture restino aperte anche solo un giorno in più” e ha chiesto la nomina di un commissario ad hoc. Il comitato StopOpg, spiega di aver denunciato “il pericolo di soluzioni improvvisate”, dichiara “inaccettabile un rinvio senza vincoli e precisi impegni per chiuderli davvero” e chiede di dare priorità alle misure di sicurezza alternative all’Opg, e una authority per seguire il processo di chiusura. Secondo Patrizio Gonnella, presidente di Antigone, “rimandare di un anno la chiusura degli ospedale psichiatrici giudiziari dimostra il fallimento del governo dei tecnici che avrebbero avuto tutto il tempo per organizzare il superamento di questi ghetti”.

La norma dell’anno scorso stanziava risorse significative, ben ducentosettantadue milioni di euro da trasferire alle regioni per la costruzione di nuove strutture sanitarie che dovrebbero prendere posto degli Opg. Ma tra tempi ministeriali, tavoli tecnici e clima da spending review, il riparto di queste risorse è stato definito solo il 7 febbraio 2013, a poco più di un mese dal termine fissato per la chiusura. Come racconta un esponente regionale del tavolo governo-regioni, il governo dopo aver impiegato undici mesi a definire il trasferimento delle risorse, «ha lasciato il cerino in mano alle regioni, dicendo, nel nostro ultimo incontro tecnico, noi abbiamo fatto, ora tocca a voi». E, bisogna dirlo con onestà, il termine stabilito, sin dall’inizio, era apparso a molti eccessivamente ambizioso, fissato più per ottenere un immediato ritorno politico che con la certezza di raggiungere l’obiettivo. Già nel settembre del 2012 la senatrice Donatella Poretti, componente della commissione di inchiesta, aveva lanciato l’allarme: «La data del 31 marzo 2013 si avvicina e la chiusura degli Opg si allontana, inesorabilmente».         

In quest’anno le condizioni detentive sono lievemente migliorate perché l’effetto denuncia ha sottratto dall’opacità questi luoghi dimenticati. Si è ridotto il numero degli internati presenti (circa mille) perché i servizi di salute mentale sono stati più solleciti nel farsi carico di chi era in condizione di uscire. Questa proroga rischia far perdere credibilità a qualunque tentativo di superamento degli Opg, rigettandoli nell’oscurità. Bisognerebbe, affinché non sia tempo perso, far si che la proroga rappresenti un’occasione per la riforma del codice penale e per evitare che le strutture sanitarie previste in sostituzione degli Opg si trasformino in nuove prigioni private.  In ogni caso, il nuovo termine è fissato per il primo aprile. Speriamo che non si tratti, di nuovo, di uno scherzo. (dario stefano dell’aquila)

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