Di queste primarie del Partito Democratico mi resta la trasparenza, la stessa trasparenza che il fritto crea sulla carta per alimenti. Si votava per eleggere colui che sfiderà Caldoro alle elezioni regionali di maggio. Le schede sono state compilate con cinque nomi, ma due – Gennaro Migliore, che doveva essere il candidato unitario, e Nello Di Nardo, di Italia dei Valori – sono stati depennati perché, bocciati da Renzi, hanno fatto un passo indietro. Si ricorda dunque agli affluenti che solo in tre sono in corsa: Vincenzo De Luca, Andrea Cozzolino el’outsider Marco Di Lello. L’appello di Saviano (“Non votate, questa è la politica del passato”) non ha scoraggiato iscritti e simpatizzanti democratici. Centocinquantamila, diranno dalla direzione del partito, si sono recati nelle sezioni campane del Pd e nei circoli per manifestare la propria preferenza. Per evitare le polemiche delle ultime primarie il partito ha inviato un funzionario per vigilare sulla regolarità del voto nei circa cinquanta seggi napoletani.
Il funzionario non ero io, ma forse qualcuno lo ha creduto. Alla sezione del Pd di via Domenico Fontana ci sono sei persone in fila per votare. Il marito riconsegna la tessera elettorale alla moglie, che la custodisce in borsa. «Non hanno rilasciato ricevuta», spiegano a un terzo signore che si interessa. «Solitamente – continua lei – quando raccolgono soldi per qualsiasi cosa poi rilasciano una ricevuta. Questa volta no». I non iscritti, infatti, pagano per votare. Due euro, un contributo, così lo chiamano in sezione.
Il futuro della regione si decide anche in questa stanza, venti metri quadrati come tanti altri, ma appese al muro le prime pagine dell’Unità indicano la strada: “Verso la vittoria dei popoli”, “Arresto di Mussolini”, “Classe operaia classe di governo”. Alla porta ancora affisse le liste per l’elezione del segretario regionale dello scorso anno: una si chiamava #cambiAmolacampania, un’altra #èpossibile.Ha vinto la terza, se non sbaglio.
Il presidente del seggio fa continue battute sul contributo di due euro: «Due fiorini!», oppure «Cinque euro di diritto fisso! Perché qua nisciuno è fisso!», sono le sue preferite. Dopo dieci minuti, esaurita la fila, uno dei notabili – probabile consigliere di municipalità – esplode di gioia: «Che partecipazione! Che partecipazione!». Si è già a duecento votanti, conferma l’altro. E altri continuano ad arrivare, sempre tra i cinquanta e i sessant’anni. Pare si conoscano tutti, il clima è quello di una rimpatriata tra compagni. A una delle poche teen che si presentano viene consentito di votare anche senza tessera elettorale, “perduta in un trasloco”. Al presidente verrebbe da dirle qualcosa tipo: «Me la porti la prossima volta, cara», ma non sa se si ripeterà un’occasione simile in futuro. «Ela-sti-ci-tà», scandisce il più anziano del comitato. Arrivederci, risponde invece seccata la ragazza dopo aver votato, non ne può più del Pd, eppure è venuta fin qui. Un bel signore con il sigaro distribuisce schede, una coppia discute di posti auto e strisce blu. Sono quasi le due: «Ordiniamo le pizze?». No, risponde il presidente di commissione. «Non sto mangiando niente, la sera quaranta grammi di pasta e a letto». E allora? Le frittatine? E frittatine siano. La Campania cambia verso. Adesso.
Al teatro Piccolo, di fianco alla stazione dei Campi Flegrei, in cartellone c’è Il coraggio dell’onestà, commedia messa in scena dalla compagnia teatrale “Fate Voi”. Siamo nei locali del dopolavoro ferroviario, sono le 19 e 30. Curiosamente la rappresentazione va in scena a pochi metri dal seggio ancora aperto. Nessuno qui è in fila, i volontari all’interno sono dei giovani democratici, qualcuno l’ho conosciuto in passato, sosteneva Morcone sindaco. Ora mi guardano male, forse perché vedono la loro tranquillità in pericolo, ma pacifiche sono le mie intenzioni e mi limito a guardare da fuori. Non pagine dell’Unità alle pareti, stavolta, ma poster che celebrano Marek Hamsik. Dal teatro cinquanta persone escono per l’intervallo: prendono il caffè, giocano a biliardino sotto il gazebo, parlano d’affari. La tornata elettorale che si sta concludendo dietro di loro è solo una cornice. Suona la campanella, stridono i freni della metropolitana che va verso Pozzuoli, tornano tutti a sedersi. Le porte del seggio restano aperte, dalla sala qualcuno applaude. Io vorrei essere al caldo, al mare.
A Bagnoli, tra via Prolungamento Ascanio e piazza Salvemini, se citofonate al 3001 vi risponde il Pd. Stanno per chiudere i seggi, c’è un certo viavai. Il circolo culturale Enrico Berlinguer lascia le porte aperte, dal cortile si vede il vecchio simbolo dei Democratici di Sinistra. La sala proiezioni è stata attrezzata per le votazioni: tende e pareti rosse, bandiere della Fiom. Pagine dell’Unità al muro, questa volta più recenti, parlano della condanna di Berlusconi. Un giovane della classe dirigente saluta una volontaria che stanca torna a casa per mangiare: «Mi dispiace per te, riposati, ci vediamo dopo. Io sto bene, non preoccuparti, questa è la strada che ho scelto. Piuttosto tu, vai pure, riposa». Ci sono anche pagine del Mattino: “Rifiuti, Bassolino assolto perché il fatto non sussiste”. «Qua siamo tutti socialisti!», esclama qualcuno con un foulard rosso.
Il clima di grande compattezza mi ha spinto, a tarda sera, quando Di Lello già dormiva e De Luca festeggiava, a tornare sul sito del Pd Campania. Nella sezione trasparenza ho trovato il bilancio consuntivo del partito dello scorso anno. Alla voce “disponibilità liquide” ho scoperto che in banca il Pd Campania dovrebbe avere circa duecentomila euro, mentre a quella “danaro e valori in cassa” la cifra ammonta a tre euro. Neanche i soldi per le frittatine. (davide schiavon)
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