da Repubblica Napoli del 9 novembre 2013
Dopo anni di cantieri aperti e caos quotidiano sembra che finalmente piazza Garibaldi stia acquisendo la sua nuova fisionomia. In particolare, un assetto definitivo dei percorsi di mobilità e una ristrutturazione interna della stazione e delle sue appendici. Un libro edito da Intra Moenia, “Piazza Garibaldi. Diritti e rovesci di vite complicate”, a cura di Andrea Morniroli e Luca Oliviero, con le foto di Sergio Siano, cerca di registrare tale fase di passaggio mettendosi dal punto di vista di chi rischia di venire allontanato da quel luogo proprio in seguito al processo di riqualificazione. Parliamo dei senza dimora, dei tossicodipendenti, degli alcolisti, dei questuanti, di chi esercita la prostituzione, insomma dei più poveri e derelitti, in buona parte immigrati ma anche italiani, che popolano il vasto perimetro della piazza, e che con il loro semplice “stare” contribuiscono ad alimentare la percezione di disagio e insicurezza di chi quella piazza si limita ad attraversarla, e in particolare dei turisti, dal momento che quello spazio, a prima vista indecifrabile e poco accogliente, costituisce ancora la porta principale per l’ingresso nella città.
Il libro si sofferma sui senza dimora, sulle dipendenze, sulla prostituzione, fornendo coordinate generali su cause, effetti e linee di intervento auspicabili. Ci ricorda che esistono “zone grigie” tra integrati ed esclusi – impensabili fino a qualche tempo fa e che si vanno estendendo – in cui rischiano di cadere molti appartenenti a un ceto medio in via di rapido impoverimento. La parte più corposa è costituita dalle storie di cinque immigrati – Nadina, Irina, Martin, Said, Omar – che esemplificano, raccontando la loro vita, il modo in cui le traiettorie marginali finiscono spesso per confluire nel calderone della piazza. Le storie di vita si confermano strumento efficace per l’analisi dei fenomeni sociali, restituiscono un’identità stratificata a persone che spesso si tende a considerare in un’unica dimensione, confondendo l’individuo con la categoria; e ci rammentano che i percorsi che conducono all’esclusione sono spesso un mosaico di molteplici disavventure che non riguardano solo la povertà materiale ma anche quella affettiva e relazionale. “Spesso per i migranti – si legge nel libro – solitudine, condizioni di lavoro pesanti e dequalificanti, misconoscimento della propria identità, assenza di una rete familiare di supporto, possono creare un vuoto affettivo che espone maggiormente ai rischi di homelessness e alla dipendenza da sostanze, soprattutto dall’alcol”.
“Piazza Garibaldi” nasce nell’ambito di intervento degli operatori dei servizi sociali e socio-sanitari, stimolato dalla prossimità con la sofferenza e dall’urgenza di rendere pubbliche e di analizzare le condizioni di chi vive al margine. È un libro parziale ma interessante, per le aperture che offre a ulteriori approfondimenti e anche per quello che lascia fuori campo. L’assenza più evidente e dolorosa, infatti, è quella dell’interlocutore politico. Un lavoro del genere – che all’analisi della realtà affianca la descrizione di un metodo di intervento basato sulla relazione, sulla riduzione del danno, sulla cooperazione istituzionale; che si domanda se sia ineluttabile riformare la piazza escludendone gli indesiderabili, e in che modo agire per impedire che ciò avvenga – riflette le posizioni di quella parte di sinistra, ormai minoritaria, che continua a mettere al centro delle proprie battaglie il miglioramento delle condizioni di vita dei lavoratori precari, dei migranti, degli ultimi della società. Sulla difensiva un po’ ovunque, questa parte politica ha avuto qui un’insperata quanto illusoria rivincita con l’avvento del sindaco de Magistris, che ne adottò alcune parole d’ordine in campagna elettorale promettendo di renderle operanti nel corso del suo mandato.
Più di due anni dopo si può dire che la disillusione è stata totale. I propositi di uguaglianza, dignità, palingenesi sociale sono stati declassati a innocue armi di propaganda, buoni per comporre messaggi da diffondere sui social network a spregio del ridicolo, senza alcuna connessione con i percorsi da costruire per metterli in pratica. Gli esponenti di questa sinistra, che avevano aderito senza riserve all’avventura arancione, si sono defilati con interessato ritardo dalle responsabilità di governo, lasciando intatti tutti i nodi che a suo tempo si erano proposti di sciogliere. Appena qualche giorno fa sono riapparsi in pubblico, con parole di rivalsa e rinnovato ottimismo, mascherando con un po’ di autocritica la mortificazione degli ultimi rovesci. Al prossimo giro, però, è facile prevedere che saranno ancora meno gli elettori disposti a dargli fiducia. Sarebbe allora auspicabile che accanto allo studio, alla ricerca, all’intervento sociale, possa crescere in tempi brevi una nuova leva di interlocutori istituzionali, capaci, coraggiosi, e soprattutto conseguenti con le idee che vanno predicando. In caso contrario potremmo considerare le vite dei diseredati di piazza Garibaldi, e non solo le loro, sempre più lontane dalla possibilità di un riscatto. (luca rossomando)
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