Piccole storie dalle montagne di Guerrero è una raccolta di brevi ritratti, testimonianze, narrazioni, messe insieme lungo la strada che conduce a Vicente, villaggio messicano così chiamato perché proprio lì pare abbia soggiornato Vicente Guerrero nel corso di una delle campagne militari per la liberazione del Messico. Vicente si trova nel municipio di Metlatonoc, nella Regione della montagna dello stato di Guerrero. A pochi chilometri da Vicente si trova il villaggio di Nopal, dove si muovono altri dei personaggi raccontati in questi testi.
Prima della loro comparsa, c’è stata lunga notte di viaggio, da Città del Messico a Tlapa. È un viaggio che tiene insieme due mondi distanti, quello dei grattacieli della città e quello delle strade fangose di montagna. Ma la notte è il tempo migliore per viaggiare, da queste parti: c’è un rischio minore di essere paralizzati nel traffico o nei blocchi stradali dei gruppi di manifestanti.
Lo stato di Guerrero era un tempo famoso per le spiagge di Acapulco, frequentate dalle star di Hollywood. Oggi è il catalizzatore mediatico di tanti disastri: dai cicloni alla povertà diffusa, dalla violenza al narcotraffico che occupa, con la forza delle armi, interi territori. Oggi, Guerrero, ha come principale fonte economica non più il turismo, ma la coltivazione e il commercio di droghe. In particolar modo, la Regione della montagna è un luogo isolato e difficile da raggiungere. Nella segregazione di quel territorio c’è la solitudine di un popolo rimasto ai margini dei processi di modernità e di occidentalizzazione che hanno coinvolto il Messico e l’America Latina. Qui, la polvere di secoli passati è ancora appiccicata ai vestiti dei suoi abitanti. Già dopo una notte di viaggio, s’è incollata subito anche ai miei.
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Prof. Choza
Il prof. Choza insegna nella telesecundaria di Vicente. Il suo cognome (“Capanna”) lo rappresenta in pieno. Il prof. è infatti metafora di una dimora sicura, da cui si può trarre forza, sicurezza e coraggio, anche nelle avversità.
Choza si era, anni addietro, laureato in diritto. Da giovane lottava per le ingiustizie che si vivevano nelle sue terre e riteneva che la giustizia si potesse perseguire attraverso il rispetto della legge. Poi scoprì che la legge è soltanto uno strumento nelle mani dei forti che difficilmente difende i diritti dei deboli. Comprese, allora, che l’unico modo per umanizzare la società era l’istruzione e la cultura. Si convinse che soltanto questi strumenti avrebbero migliorato le sorti della sua gente, sempre più vittima degli abusi dello stato e dei narcotrafficanti. Così decise di insegnare. Dopo essere stato in svariate scuole dislocate nei luoghi più impervi di Guerrero, da più di dieci anni insegna qui, tra le montagne, agli adolescenti di stirpe mixteca. Come gran parte degli insegnanti della zona fa il pendolare e quasi ogni fine settimana ritorna nella sua terra natia.
Il prof. Choza ha la fronte spaziosa e la faccia scura di chi proviene dalla Costa Chica, abitata da afro-discendenti e poco distante dalla zona della montagna. Quando ritorna a casa gli piace passare le sue giornate al mare. Ama nuotare e la pesca sportiva. Quando è in acqua con la maschera e la fiocina dimentica il dolore per sua moglie, che l’ha lasciato dopo anni di matrimonio. Si è separata da lui perché lo riteneva un uomo troppo idealista. Avrebbe sempre desiderato che lasciasse il suo lavoro di maestro per diventare un ricco avvocato. Ma il prof. non ha ceduto ai suoi sogni più profondi, che lo animavano da sempre. Così lo si vede, ogni giorno, nella sua casetta, che si trova di fianco la casa commissarial, ad accogliere studenti e genitori. Dopo le lezioni a scuola, infatti, passa i suoi pomeriggi ad ascoltare, indirizzare e aiutare quelli che ne hanno bisogno. Più che un mestiere, essere professore è per lui una vocazione.
Insieme a lui e alla sua collega, la maestra Pati, abbiamo provato a organizzare una recita scolastica. Attraverso questa esperienza ho potuto constatare la difficoltà degli insegnanti della telesecundaria nel comunicare con i propri studenti. I giovani studiano nella scuola primaria sia lo spagnolo che il mixteco, ma terminano il primo ciclo di studi con un livello di conoscenza del castigliano molto scarso. I professori del secondo ciclo, così, sono costretti a ricominciare a insegnare la grammatica spagnola daccapo, senza conoscere la lingua locale, poiché provenienti dalle zone più disparate dello stato. In più, la distanza culturale tra i professori e gli alunni è molto forte. I ragazzi vivono, senza saperlo, una fase di transizione, dove i vecchi valori di riferimento stanno mutando per far posto a quelli della civiltà occidentale.
Gli studenti delle montagne, oggi, hanno anch’essi ognuno un cellulare nelle tasche. Crescono con davanti agli occhi esempi che gli confermano il guadagno facile che può offrire il narcotraffico. E in più non sono seguiti dai loro genitori come un tempo. I loro padri e le loro madri, infatti, spesso emigrano per lavoro negli Stati Uniti o in altri stati del Messico. Oggi, gli studenti delle montagne possono avere il diritto, come tutti gli studenti d’occidente, di passare intere giornate davanti a televisori al plasma regalati dal governo messicano. I professori, dall’altro lato, fanno fatica a capirli nei loro cali di attenzione continui, nel loro disinteresse per le materie che studiano e nella loro incapacità di condividere i propri sentimenti. Il prof. Choza sta continuamente a redarguirli e pensa, con nostalgia, agli alunni delle generazioni passate, che desideravano conoscere cose nuove e stupirsi delle novità. «Oggi faccio fatica a trasmettere valori a questi studenti: la loro indifferenza mi stupisce e non mi permette di essere creativo come un tempo», ripete spesso. Nei suoi occhi si legge talvolta la tristezza di un cinquantenne che valuta i suoi insuccessi d’insegnante e di uomo. Ma mi piace immaginare che, quando si sente triste, torna a immergersi nel mare della Costa Chica, ed esplorando i fondali con maschera e fiocina ritrova la forza per risalire tra le montagne e per continuare a insegnare. (delio montieri)
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