Il 13 e 14 ottobre si terrà a Roma un incontro internazionale promosso dall’Organizzazone mondiale della sanità in cui verrà presentato il World Mental Health Report 2022. Nell’occasione, l’Assemblea antipsichiatrica ha convocato un presidio comunicativo (giovedì 13, ore 11:00, in piazza Risorgimento) per denunciare l’approccio produttivista che l’Oms propone come fondamento della necessità di cura per i sofferenti psichiatrici e per portare all’attenzione dell’opinione pubblica alcune criticità e rivendicazioni che sono riassunte nell’appello che pubblichiamo a seguire.
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IL CAPITALISMO NUOCE GRAVEMENTE ALLA SALUTE
“Una buona salute mentale consente alle persone di lavorare in modo produttivo e di realizzare appieno il proprio potenziale.
Al contrario, una cattiva salute mentale interferisce
con la capacità di lavorare, studiare e apprendere nuove competenze.
Essa ostacola i risultati scolastici dei bambini
e può avere un impatto sulle prospettive occupazionali future.
I ricercatori stimano che solo a causa della depressione e dell’ansia
si perdono ogni anno dodici miliardi
di giorni lavorativi produttivi, per un costo di quasi mille miliardi di dollari.
Questo dato comprende i giorni persi per assenteismo, presenzialismo
(quando si va al lavoro ma non si lavora) e turnover del personale”.
World Mental Health report.
Tranforming mental health for all.
Cap. 4.3.2: Economic Benefits; OMS 2022
OCCUPARSI DELLE CAUSE NON GENERA PROFITTO
La gestione sanitaria dell’emergenza pandemica ha evidenziato una totale assenza di interventi diretti ad approfondire le cause che l’hanno determinata, occupandosi esclusivamente dei sintomi. Focalizzare l’attenzione sulla ricerca delle cause avrebbe significato inevitabilmente attuare una radicale trasformazione delle politiche sociali, economiche, ambientali, sanitarie, relazionali. Troppo costoso e quindi, poco produttivo.
La psichiatria funziona con le stesse modalità: al presentarsi di una crisi non vengono prese in considerazione le cause che l’hanno determinata, la persona viene espropriata della possibilità di esprimere i propri significati e di autodeterminarsi attraverso un potere del tutto arbitrario il cui interesse non é affatto quello dichiarato della cura, ma piuttosto la progressiva medicalizzazione e cronicizzazione della crisi.
Lo Stato in questi due anni si è comportato allo stesso modo: in nome di una presunta irresponsabilità collettiva ha imposto le sue direttive dall’alto imponendosi come organo iper-razionale, una mente che “decide” e sovradetermina il “corpo” sociale, che in quanto “corpo” è a esso subordinato secondo un dualismo riduzionista para-psichiatrico appunto. Lo Stato e i suoi tecnici hanno valutato lo “stato di necessità” secondo le leggi dell’economia, e gestito l’emergenza/crisi con la contenzione – l’esproprio della salute – esattamente come avviene in psichiatria. Allo stesso modo si è imposto un trattamento farmacologico col ricatto, impedendo alle persone di esprimere il proprio consenso, assicurando l’immediato introito per Big Pharma e lasciando solo chi ha subito le conseguenze sulla propria salute degli effetti collaterali del vaccino.
PER LA LIBERTÀ DI SCELTA CONTRO L’OBBLIGO DI CURA
L’attuale prassi nelle istituzioni psichiatriche prevede l’assunzione obbligatoria di psicofarmaci che a lungo termine risultano il più delle volte essere dannosi e invalidanti. La progressiva cronicizzazione della sofferenza è funzionale da un lato alla presa in carico a vita dall’altro al profitto delle multinazionali del farmaco.
La parola della persona non viene presa in considerazione o addirittura giudicata come sintomo della malattia, mentre vivere in una società fondata sulla prestazione e l’individualismo, la solitudine e l’assenza di una dimensione comunitaria sembra cosa del tutto normale. Si interviene sui sintomi categorizzandoli come espressione di “malattia mentale” ricorrendo ai TSO, alla contenzione fisica, meccanica e farmacologica. Nei CIM i colloqui sono troppo brevi e non c’è nessuna possibilità di essere ascoltati o di esprimere dubbi e difficoltà.
Crediamo che rivendicare il diritto ad avere parola e ad autodeterminarsi significhi anche riappropriarsi delle proprie esperienze, delle difficoltà, della sofferenza e della molteplicità di modi per affrontarla. Siamo convinti che ci siano persone, tra coloro che operano all’interno delle strutture sanitarie, che si rifiutano di essere complici di questo sistema di oppressione e che preferiscono slegare piuttosto che contenere, ascoltare piuttosto che mettere a tacere con i farmaci, essere solidali con chi si sottrae alle logiche di competizione. Sono loro che vorremmo al nostro fianco.
TECNOLOGIE E DIGITALIZZAZIONE. LA RELAZIONE NEGATA
Si parla di “salute mentale digitale”, un processo che strumentalizza le retoriche dell’innovazione, dell’accessibilità e dell’inclusione, introducendo invece forme sempre più specializzate di controllo, disciplinamento ed esclusione. Una “salute” sempre più delegata al dispositivo tecnico, costruita intorno alle esigenze del mercato dell’industria tecnologica e all’inesorabile sottrazione di reali spazi di soggettivazione, autodeterminazione e solidarietà dal basso.
CONTRO IL PROIBIZIONISMO PER LA RIDUZIONE DEL DANNO
C’è un’evidente contraddizione nei proclami dell’Oms: da un lato si promuove il consumo di sostanze “psicotrope” legali con effetti disastrosi, dall’altro si criminalizza l’autoconsumo di sostanze psicoattive. Al mondo un detenuto su cinque è in carcere per violazioni delle leggi sulle droghe. In Italia circa un terzo della popolazione detenuta è in carcere per questo motivo. Il proibizionismo non solo ha fallito, ma è esclusivamente funzionale al controllo sociale e a finanziare narco-mafie e narco-stati utili al riciclo e alla riproduzione del capitale. È fondamentale dare voce ai consumatori e alle consumatrici, attivando politiche dal basso improntate alla riduzione del danno e al consumo consapevole.
PER L’ABOLIZIONE DELLA CONTENZIONE E DELL’ELETTROSHOCK
Nonostante le belle parole dell’Oms nei reparti psichiatrici si continua a morire legati nei letti di contenzione. Continuano a essere praticati dispositivi manicomiali e coercitivi come l’uso dell’elettroshock, l’obbligo di cura, la contenzione farmacologica, le porte chiuse, le grate alle finestre, le limitazioni e il controllo della libertà personale.
Non c’è salute nei Cpr, nelle carceri, negli SPDC (Servizio psichiatrico di diagnosi e cura, ndr), luoghi di tortura e annientamento delle persone. Non c’è salute dove c’è violenza e discriminazione di genere, senza diritto effettivo all’aborto e supporto alla genitorialità. Non c’è salute nelle politiche economiche che finanziano armamenti e guerre, sottraendo risorse alla collettività e ai bisogni delle persone.
La salute che vogliamo si basa su percorsi di solidarietà, autogestione e mutualismo dal basso. È il frutto dell’interdipendenza tra corpi, condizioni sociali e ambientali.
Non si può garantire salute per tutti e tutte senza lavoro, scuola e università, spazi comuni e di socialità liberati dalle logiche del profitto neoliberista. Crediamo che non ci sia bisogno di uno stato né di un’organizzazione mondiale che si proponga di riorganizzare e che sovradetermini la nostra salute e le nostre vite. Siamo convinti e convinte che ritrovarsi, ricostruire delle relazioni e delle comunità, riprendersi strade e spazi, possa essere un primo passo per aprire un orizzonte nel quale dar vita a luoghi liberi dalle dinamiche individualistiche, di sfruttamento e mercificazione.
Alla luce di ciò, il 13 ottobre, in occasione dell’incontro internazionale promosso dall’Organizzazone Mondiale della Sanità in cui si presenterà il World Mental Health Report invitiamo tutti e tutte a scendere in piazza a Roma, a partire dalle ore 11:00 in piazza del Risorgimento.
Assemblea Antipsichiatrica
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