Le civiltà muoiono non per omicidio, ma perché si distruggono con le proprie mani. Un suicidio lento, spesso impercettibile. Che è poi la forma più pericolosa di declino, proprio perché sottile e impalpabile. Chissà se sarà questo, lo schema disegnato dagli storici del futuro quando proveranno a spiegare il disordine amministrativo di Napoli, la sciatteria di gestione della città capace di mostrare oggi le inefficienze di ieri, dopo un percorso sotterraneo durato quindici o vent’anni. (piero sorrentino, il mattino, 7 febbraio).
Il sindaco lesse l’editoriale sorseggiando un caffè lungo americano. Poi si affacciò dal balconcino che dava sulla piazza principale. Era una splendida giornata di sole. «Gli storici del futuro… – brontolò, scimmiottando un accento altolocato che gli riusciva piuttosto bene – Puah!». Tornò alla scrivania e pigiò un tasto lampeggiante sul grande apparecchio telefonico. «Signorina, mi passi il funzionario Vespucci dell’ufficio Chair-Game».
Cosa viene fuori dai trenta saggi raccolti dall’infaticabile Attilio Belli? Che Napoli è messa non male, ma malissimo. Che ha i piani urbanistici ma non i progetti. (marco demarco, corriere del mezzogiorno, 11 febbraio).
Nell’attesa della voce di Vespucci l’occhio del sindaco cadde su queste parole scritte su un altro giornale. Si parlava di amministrazione incapace, si lanciavano accuse. In preda a un insolito attacco d’ira scagliò i giornali dalla finestra e alcune gocce della sua bevanda finirono sul completo grigio. «Pronto sindaco?». Prima della bestemmia proruppe Vespucci. «Senti caro, qua siamo già sotto attacco – disse nervoso il primo cittadino –. Mi devi fare una relazione completa, per cortesia. A che punto siamo con il progetto?».
L’ufficio Chair-Game era nato nei pensieri del nuovo sindaco molti anni prima che s’accomodasse nel palazzo comunale. Appena eletto aveva poi destinato ai funzionari addetti al progetto enormi risorse. La città era troppo piccola per tutti, questo era quello che il sindaco pensava. La sua idea politica era costringere i napoletani a una lunga partita del gioco della sedia. Ogni giro sarebbe stato sempre più veloce, con una sedia in meno, e qualcuno (minoranze, poveri e sussidiati, camminanti, discoli) avrebbe perso il posto per liberare spazio a nuovi e migliori cittadini. Qualcuno poteva forse negarlo? Alcuni luoghi erano diventati inabitabili.
Il traffico di corpi e drink, fino alle 4, è così intenso che la movida si trasforma in una lenta litania alcolica, in una processione a passo di lumaca e cicchetti. Le auto incastrate in vico Belledonne, i sorrisi, le discussioni, gli amori e gli scherzi dei teen-ager. In quei momenti, giovani e giovanissimi diventano i chicchi di riso in un pacco sottovuoto. I vicoli dei Quartieri Spagnoli, Mezzocannone, Nilo e Monteleone, invece, si erano riempiti già prima, intorno alle 22 e fino a notte inoltrata, con concerti di fisarmoniche, nacchere e tamburi. (gennaro di biase, il mattino, 7 febbraio).
L’obiettivo finale dell’amministrazione era nelle linee guida individuate da una ricerca finanziata con capitali privati.
Google, è Napoli la città più cercata. […] Sarebbe utile andare a recuperare le principali chiavi associate alla parola Napoli per soddisfare i desideri dei possibili turisti che forse accanto al nome della città hanno digitato anche “Cristo velato” oppure “Pompei” o “pizza buona” piuttosto che “crociera”, “Eduardo” o “Vesuvio” (domenico giordano, il mattino, 11 febbraio).
Pizza buona, crociera, Eduardo e Vesuvio. Queste cinque parole erano stampate sulla tappezzeria di una splendida poltrona in alcantara vacante, installata al centro dell’ufficio Chair-Game. Una sorta di monumento moderno che guidava l’operato dei funzionari. Bisognava trovare spazi per chi contava, toglierne agli inopportuni.
Riapre il Molo San Vincenzo. «Ora delocalizziamo i baretti». Napoli torna dunque in possesso del Molo San Vincenzo, che diventerà fruibile grazie a una passerella panoramica per una passeggiata sul mare. (valerio esca, il mattino, 11 febbraio).
La prima a crederci è stata la maison Bulgari che è approdata a Napoli nel 1998, puntando dritta su via Filangieri. All’epoca il “quadrilatero” della moda napoletano era spostato verso il mare. Sul versante via Calabritto, con incursioni su piazza dei Martiri, si concentravano gli interessi delle griffe internazionali. Che, con molti anni di ritardo, hanno scoperto l’appeal dell’asse Filangieri/dei Mille. Dove a breve approderanno anche le vetrine di Versace. (anna paola merone, corriere del mezzogiorno, 9 febbraio).
Alcuni gestori di locali hanno annunciato di essere già pronti a ricorrere al Tar, mentre dal titolare del Kestè, noto locale del centro storico, arriva un grido d’allarme. «Mi incateno e inizio lo sciopero della fame fuori al Kestè se il sindaco firma l’ordinanza che vieta la musica. Così mette il Kesté sullo stesso piano dei posti che avvelenano la notte (rivendite di alcool a basso costo, bangladini e kebabbari vari)», scrive su Facebook Fabrizio Caliendo. (valerio esca, il mattino, 10 febbraio).
Chiedeva spazio la Napoli della cultura…
Napoli “capitale dello spettacolo”. Capitale cioè del teatro di prosa, della musica, della canzone, del cinema, della danza, del linguaggio televisivo, della scrittura teatrale. Perciò la “Casa dello Spettacolo” può trovare sede all’Albergo dei poveri. (giulio baffi, repubblica napoli, 7 febbraio).
«Come la leggo questa lettera? Fonetica greca o italiana?». Nei camerini del teatro Diana, Sergio Castellitto chiede a Maurizio de Giovanni la dizione precisa dell’esergo a L’equazione del cuore. Poi si va in scena e le pagine del romanzo appena pubblicato da Mondadori risuonano nell’aria della sala gremita, modulato in parole, pause e musica. «Questa è la mia città – dice inorgoglito lo scrittore –, di lunedì sera riempie un teatro intorno a un libro». (natascia festa, corriere del mezzogiorno, 8 febbraio).
“C’è un esercito di facilitatori da sistemare. Stanno arrivando, dove li mettiamo?”.
In questo programma dovrebbe essere istituita la figura del facilitatore, utile a offrire a ogni famiglia tutte le opportunità che il territorio mette a disposizione in una logica di collaborazione e condivisione. Il facilitatore sarebbe in grado di individuare con le visite domiciliari precocemente quei bambini che andranno poco e male a scuola e mettere in atto tutte quelle strategie necessarie per evitare che gli stessi bambini la scuola prima o poi la lascino. Un intervento di tipo preventivo, insomma, che può dare un’opportunità a quei bambini che ne ricevono poche dalle loro famiglie. (paolo siani, repubblica napoli, 11 febbraio).
L’ufficio Chair-Game doveva trovare luoghi insperati per i nuovi bisogni della città.
È in corso Vittorio Emanuele la grotta-gemella di Lourdes. (corriere del mezzogiorno, 11 febbraio).
«Forse possiamo togliere i ragazzini da Nisida», disse Vespucci al sindaco. Il primo cittadino interruppe la consultazione del Televideo e si immaginò su spiagge bianche che a Napoli non esistevano. Nisida, che bel nome. Un posto niente male, davvero. Natura, mare, un panorama da cartolina. E allo stesso tempo svuotare quel carcere sarebbe stata la soluzione a un problema che diventava opprimente. I giovani della città stavano esagerando.
Un tredicenne se ne andava in giro scorrazzando, armato, a bordo di uno scooter – lui senza il casco, e il mezzo senza copertura assicurativa – nel quadrilatero della movida vollese, quando si è imbattuto in un posto di blocco dei carabinieri. (patrizia panico, il mattino, 7 febbraio).
Prima le graffe e i cornetti, poi la rapina: venerdì scorso tre giovani, dopo aver fatto colazione e non aver pagato il conto, hanno malmenato il dipendente di un bar pasticceria di Castello di Cisterna, costringendolo a consegnare loro i 130 euro custoditi nella cassa. (titti beneduce, corriere del mezzogiorno, 8 febbraio).
«Se il ministero ci autorizza io avrei anche dove metterli. Un posto niente male, a costo zero», sussurrò Vespucci, che poi mimò un gesto inequivocabile. «Li buttiamo nel cratere».
Nell’attuale fase politica si avverte lo struggente desiderio, l’impellente necessità, di una visione, di un sogno. Non che manchino i piccoli sogni particolari; quelli minuscoli e gretti, quelli ambiziosi e personali, quelli generosi e utopistici. Ciò che manca è un sogno che in qualche modo possa tutti imbarcarli in un comune destino; che possa tutti afferrarli, ammansirli, persuaderli o costringerli (sergio beraldo, il mattino, 9 febbraio).
a cura di davide schiavon
Leave a Reply