Una cosa, arrivando a palazzo San Giacomo, Manfredi avrebbe potuto fare con grande facilità. Avrebbe potuto accomodarsi all’ombra dell’Uomo Forte e scagliarsi piuttosto contro la precedente sindacatura, addebitando a Luigi de Magistris ogni malanno cittadino (non ci sarebbe stato che l’imbarazzo della scelta). Era la cosa più ovvia, la più popolare, visto che da tempo l’ex sindaco non godeva più del consenso dei napoletani. Ma non l’ha fatto. Anzi, ha fatto il contrario. […] Il nuovo sindaco sembra rifiutare il registro della demagogia. Evita di raccogliere consenso sulla base della contrapposizione e della divisività. Non vuole essere un sindaco contro. Né contro il passato, né contro le altre istituzioni territoriali. Ed evita di costruire attorno alla sua persona il profilo del Salvatore. Avrebbe potuto riempire i primi mesi con atti simbolici, con provvedimenti a effetto, con qualche “inaugurazione” che desse alla cittadinanza il senso di una svolta. Ha rinunciato anche a questa strada, chiarendo che le cose da fare non saranno realizzate con la bacchetta magica, né in tempi brevi. Manfredi, insomma, sembra proporre modalità comunicative che costituiscono di per sé una clamorosa discontinuità. Discontinuità comunicativa e, non di meno, discontinuità politica. (paolo macry, corriere del mezzogiorno, 23 febbraio).
Sindaco, nei dieci anni precedenti la città ha potuto tranquillamente accudire i propri mostri. Napoli era senza governo. Negli angoli più oscuri si beavano disgustose creature. Crescevano, nutrite in modo eccessivo.
Carne macinata, parmigiano, salsicce, ricotta e mozzarella come se piovesse. Il tutto rigorosamente preparato un giorno prima e poi solo “assemblato” e messo in forno poco prima di portare in tavola, nel giorno di Carnevale, la regina della festa: la lasagna rigorosamente partenopea. Il consiglio è partire dalle cervellatine da cuocere con sugna e un po’ di vino. Se vedete grasso a iosa non spaventatevi. È tutto normale. (paola cacace, corriere del mezzogiorno food, 21 febbraio).
Solo ora ci stiamo rendendo conto dei risultati di dieci anni di inazione politico-amministrativa. Napoli era una nave allo sbando e dalla stiva si affacciavano orride belve.
Sirene tatuate, carnose, disturbanti; sirene bendate, sovversive, dee. Sirene pirata: sugli scogli, sui muri gialli, a brandelli. Pezzi di corpi, labbra rosse, tette, culi e code. Da qualche anno fanno capolino nei vicoli, agli angoli delle strade del centro antico (ma non solo): spiccano nella miriade di disegni stratificati uno sull’altro che hanno reso Napoli la capitale italiana della street art (francesca saturnino, il mattino, 25 febbraio).
Alcuni luoghi sembravano rifugi ideali per questi malefici corpi. Dopo dieci anni di mancata amministrazione alcune zone sono diventate off-limits.
«Piazza Garibaldi fa paura, ci sono passato ieri a mezzanotte, di ritorno con un treno. Ci stiamo lavorando con gli altri assessori come abbiamo fatto in Galleria Umberto». L’assessore al Welfare Luca Trapanese si lascia andare a uno sfogo con i consiglieri comunali ieri in commissione. «Alla stazione ci sono schizofrenici, alcolizzati, drogati, spacciatori – dice Trapanese –. Non è la Galleria Umberto che di fatto è come una piccola stanza e lì siamo riusciti a portare via nove senza dimora e a ospitarli nei dormitori. Su piazza Garibaldi è diverso, per quantità e pericolosità della situazione». (alessio gemma, repubblica napoli, 24 febbraio).
Particolare preoccupazione destano i giovani mostri. Cresciuti a dosi di insolenza dai genitori, non hanno trovato avversari. Ora pretendono spazi, escono dai rifugi familiari e conquistano territori. Le strade sono invase da fetidi gas, sui basoli ci sono liquidi immondi. Bisogna stare attenti.
«Dell’ordinanza non sappiamo niente e non ce ne frega niente: è sabato e amma paria’», urlano a vicoletto Belledonne a Chiaia un’ora dopo il “coprifuoco” stabilito dal provvedimento comunale. Sono le tre passate e da una porta semichiusa una mano allunga bicchieri e cocktail a gruppi di ragazzi in sneaker e piumini. La formula è tre drink a dieci euro. Cicchetti a un euro e birre a uno e cinquanta. Balli e cori sfrenati. La strada odora di marijuana e alcol. Le automobili parcheggiate diventano divani e tavolini. Ci sono ragazzi che vomitano, altri mezzi svenuti e sorretti di peso dagli amici. L’ultima moda è inalare gas esilarante da palloncini gonfiabili. (paolo popoli, repubblica napoli, 21 febbraio).
Anche l’amore tra i mostri sta assumendo forme angoscianti. Sindaco, io ho paura.
Per scambiarsi la promessa di un amore eterno con annessa proposta di matrimonio hanno scelto l’angolo da cartolina per antonomasia, il piazzale delle rampe Sant’Antonio a Posillipo. Tutto decisamente romantico, se si esclude l’assalto e lo scempio perpetrato fino a tarda notte, con gli effetti che richiamano il passaggio di un’orda di Unni su una prateria. C’è anche questo tra gli effetti di una movida napoletana sempre più caciarona, incivile e sguaiata. (giuseppe crimaldi, il mattino, 22 febbraio).
Cosa è successo in questi dieci anni? Guardate oggi quelli che nei giorni delle bandane arancioni erano appena in fasce. Ora sono teneri assassini. Non lo potevamo evitare?
Il contesto fa la differenza, insomma? Perché a Napoli il fenomeno è così radicato? Perché Gomorra recluta, in modo così copioso, nelle baby gang i suoi futuri soldati? «Da noi non esiste il fenomeno delle gang formate da minori stranieri, come a Milano e Torino. E le ragazze si sposano e fanno figli sotto i 18 anni più che nel resto d’Italia. Nel libro ho sviluppato un paragone storico con la Londra e la Parigi dell’800 attraverso la lettura comparata di grandi scrittori: Charles Dickens e Victor Hugo a confronto con Francesco Mastriani e Matilde Serao. Raccontano le stesse dinamiche: il furto di fazzoletti di seta dei ladruncoli londinesi narrato in Oliver Twist è identico al borseggio degli scugnizzi partenopei. Succede, però, che dalle nostre parti la narrazione non sia cambiata, mentre all’estero politiche di integrazione delle classi disagiate hanno impedito l’osmosi tra bande minorili e bande criminali». La banlieue parigina non è tutta rose e fiori. E nemmeno la periferia londinese. «Certo, ma in quei casi il fenomeno della criminalità minorile investe la complessa integrazione dei migranti di varie generazioni, da noi riguarda i locali. E la pratica illegale è destinata a diminuire con il conseguimento dell’età adulta, mentre a Napoli e in Campania sembra mantenersi sostanzialmente intatta, creando una fluidità tra la gang e il clan». (giovanni chianelli intervista isaia sales, autore di “Teneri assassini. Il mondo delle baby gang a Napoli”, il mattino, 22 febbraio).
Sindaco, le cose si mettono male. C’è bisogno di un miracolo. La discontinuità con de Magistris non può essere un’ordinanza qualunque. Ora è troppo tardi per l’ordinario. Ora non basta più amministrare, sindaco. Questi mostri non conoscono leggi. Sindaco, c’è bisogno di qualcosa di eccezionale!
Miss Italia sogna Scampia come uno dei luoghi della movida «senza magari andare sempre in centro. Si può restare a Scampia, andare al cinema, farsi una passeggiata magari su una pista ciclabile». Il professore Manfredi apre all’ipotesi dell’area per il by night: «Dobbiamo allargare la città e anche quest’idea di fare iniziative a Scampia sicuramente dobbiamo valutarla». (alessio gemma, repubblica napoli, 23 febbraio).
a cura di davide schiavon
Leave a Reply