Dal bollettino del Ministero degli Esteri: “Situazione nella vicina e indipendente Repubblica Napoletana, anno 2132. Valutazione dei rischi per la sicurezza nazionale di una possibile estensione del conflitto”.
Piazza Mercato è un cimitero di ferraglia e circuiti elettrici in fiamme. Il campanile è stato tranciato dalle ali infuocate di un aereo in picchiata. Qualche pilota ancora geme dal dolore, molti altri sono morti nello schianto. Nessuno tende la mano a quei corpi straziati, le strade sono deserte e il silenzio è interrotto solo dai continui tonfi di questo stormo disumano. Migliaia di carcasse aeree da Barra a Posillipo, alcune adagiate sui palazzi, altre sui binari, uno sulla Curva B. Erano le nostre uniche speranze, e stanno precipitando facendo solo il solletico al nemico.
Siamo soli, soli, soli. Stretta tra due emergenze contingenti per quanto drammatiche come la pandemia e la guerra, l’emergenza cronica della camorra fa fatica a trovare spazio e attenzione su giornali e sui social, e soprattutto nelle menti stanche della gente comune. Ma la camorra è lì, in agguato, mostro multiforme e camaleontico, capace di adattarsi a ogni situazione e veloce a individuare nuovi interessi e nuovi nemici (marilicia salvia, il mattino, 9 marzo).
I mostri hanno invaso la città tanti anni prima, nessuno ricorda più la data con precisione. Sono rimasti pochi napoletani, si nascondono nei pori di cui parlava Benjamin e sono costretti a una vita di stenti. Si considerano eroi ma sono soltanto incoscienti. Gli attacchi sono costanti e tremendi, nessuno può dirsi al sicuro.
Maxi rissa al ristorante la Lanterna di Villaricca. Un otto marzo atipico, violento, saltato alla ribalta del web per una serie di video che ritraggono un centinaio di persone coinvolte nella zuffa proprio nella giornata internazionale delle donne. Mentre sul palco si alternavano artisti neomelodici come Natale Galletta, Marco Calone, Gianni Fiorellino, Mauro Nardi, Rico Femiano, Giusy Attanasio, Rosy Viola, Alessio, Stefania Lay, Enrico Armani, Luciano Caldore, Brunella Gori e Rita De Crescenzo, in sala saliva la tensione. […] Non si sa cosa e chi abbia scatenato la rissa, ma i video restituiscono immagini raccapriccianti con donne stese al suolo semisvenute, urla, improperi, richieste di aiuto, pianti, uomini che cercano di sedare gli animi, camerieri sotto shock e spaventati, increduli per quanto stava accadendo sotto i loro occhi. Insomma, una festa tra donne è diventata una bolgia infernale con feriti e fuggi fuggi. (cristina liguori, il mattino, 10 marzo).
C’è ancora un’amministrazione del territorio? Impossibile. Formalmente c’è un sindaco ma non ha poteri e viene allontanato dai centri decisionali.
Ucraina, Manfredi escluso dal Comitato per i soccorsi (repubblica napoli, 9 marzo).
E Manfredi vuole entrare nella Film Commission (repubblica napoli, 9 marzo).
Le sue mosse politiche sono destinate alla soddisfazione di un gruppo di persone ben definito e assai ristretto.
A tal fine il sindaco dovrebbe nominare un suo “Delegato della Notte”, autorità novella (ma non troppo: ci aveva pensato Giustiniano) stoppata però subito dall’assessora alle Attività produttive, timorosa di una sgradita capitis deminutio. Sospesa la seduta, attraverso ostici negoziati, la maggioranza ha approvato al fine la proposta Sorrentino emendandola con l’impegno a Manfredi di nominare non un “Delegato” ma addirittura un “Garante della notte”, che funga da “interfaccia tra residenti, gestori e associazioni datoriali”. Non si evince dal sito del Comune come tale “Autorità” si correlerà con la “Consulta della notte”, altro organo di cui l’amministrazione si dovrà dotare. (luigi labruna, repubblica napoli, 7 marzo).
Nessuno ne tiene conto. I mostri continuano a calpestare Napoli.
In via Mezzocannone terminato l’assordante bum bum che accompagna lo shottino, parte l’osannante vociare di massa sillabato e scandito: «Baretti, baretti». In un altro punto della via dell’Università s’improvvisa un concerto con amplificatore, non autorizzato da nessuno. […] Sempre in via Mezzocannone, davanti a uno striscione sul muro che intima “No War” a Putin, una cinquantina di ragazzi all’una e mezza di notte canta a squarciagola “Tu vuo’ fa’ l’americano”, e nel video la strada appare devastata da rifiuti e macchine parcheggiate ovunque. Poco dopo la mezzanotte è l’orario segnato da un’altra video-testimonianza ripresa dall’alto in largo Baracche: centinaia gli avventori dei locali che, non riuscendo a farsi sentire per il troppo vociare, si sgolano con urla disumane. (stella cervasio, repubblica napoli, 7 marzo).
Tutto è ridotto in macerie, è evaporato perfino il ricordo dei luoghi di un tempo. Le istituzioni che avevano dato lustro alla città sono ora infestate da creature atroci.
Una coppia varca una porta, viene controllata dalla security, va verso un gruppo di amici e saluta una ragazza bionda che sniffa cocaina. È tutto un gioco, una simulazione, va precisato. Tuttavia il video diffuso sui social è stato realizzato al liceo Umberto. I protagonisti sono studenti di età compresa tra 14 e 15 anni. Ragazzi giovanissimi per i quali è spontaneo associare all’area vip di un club l’uso di stupefacenti. Il preside ha fatto rimuovere il video e sanzionerà i responsabili. Ma ciò che avrebbe mandato su tutte le furie il dirigente è «aver macchiato l’immagine del liceo Umberto, tra i più prestigiosi di Napoli e d’Italia». La clip dura quindici secondi e il sottofondo musicale scelto è un po’ il preambolo del messaggio che si vuole ribadire: si tratta di Blauer del rapper Paky che nel video imita uno scenario alla Gomorra e mostra chili di droga nascosta nelle statuine della Madonna inneggiando alle pistole Glock e al sesso facile. Che il brano sia stato scelto da liceali 14enni del liceo Umberto, quello dove si sono formati il presidente Napolitano, lo scienziato Ballabio, gli scrittori La Capria e De Luca e il regista Martone, è invece piuttosto allarmante. (maria giovanna capone, il mattino, 10 marzo).
Cosa resta a chi si nasconde? I mezzi di sostentamento sono finiti, rifornirsi è diventato impossibile.
«Lo vedete questo?», dice Giuseppe Postiglione mostrando l’olio di semi di girasole. «Una bottiglia della marca più economica è passata da 1,20 euro a 2,40 euro. Tra poco credo sarà il primo prodotto a sparire dagli scaffali: presto sarà difficile trovarlo». Dai quartieri della Napoli bene a quelli più popolari della città girando tra i mercatini e gli scaffali dei supermercati i prodotti aumentano in media dal 15 fino al 30 per cento. (marina cappitti, repubblica napoli, 10 marzo).
La caccia allo iodio arriva anche a Napoli. Negli ultimi giorni sta crescendo sempre di più il numero di preparati a base di ioduro di potassio che vengono richiesti alle farmacie. Lo spettro di una minaccia nucleare ha, inevitabilmente, innescato tante paure (melina chiapparino, il mattino, 8 marzo).
Per restare in vita i sopravvissuti napoletani devono ricorrere a risorse nascoste. Non è sempre facile, il fallimento è dietro l’angolo.
Prime condanne per i datterari abusivi accusati di devastare i fondali marini per estrarre i pregiati molluschi il cui commercio è vietato dalla legge. Al termine del processo con rito abbreviato il gup Rosaria Maria Aufiero ha inflitto sei anni, due mesi e 20 giorni di reclusione a Catello Avella, considerato uno dei capi dell’organizzazione che da anni depredava le zone scogliose dove vivono i datteri. Accolte solo in parte le richieste del pm Giulio Vanacore, che aveva chiesto condanne più dure. (corriere del mezzogiorno, 11 marzo).
La vita dura pochi secondi, tra un attacco e l’altro. E non è fatta che di amarezza. Eppure, guardateli. In questi tempi oscuri, chiusi nei loro pori, gli intellettuali napoletani sono ispiratissimi. Spuntano germogli tra le macerie. Ma qualcuno da fuori si accorge di quello che accade qui?
Caro Letta ti scrivo, è il sottotitolo dell’iniziativa. […] Stavolta, a promuovere la missiva, sono storici e filosofi come Aurelio Musi, Giuseppe Cantillo e Isaia Sales, ma a firmarla oltre venti tra autori, sceneggiatori, docenti e operatori impegnati in battaglie politiche e culturali. Che scrivono: “Da tempo non stiamo più in Italia ma in una sorta di repubblica autarchica dove vige la legge del padrone. […] Se la Campania è ai minimi termini, se la salute non funziona, il lavoro non si trova, i giovani se ne vanno e la povertà aumenta, sarà il caso di fare qualcosa oltre che gingillarsi con le battute? Nemmeno il Partito ci guadagna in Campania”, avvertono poi i firmatari. (conchita sannino, repubblica napoli, 9 marzo).
Con questo racconto di Maurizio de Giovanni diamo il via alla rubrica “La mia guerra”: interverranno scrittori, intellettuali, politici, rappresentanti delle istituzioni: “Se mi parlate della guerra, io penso a Tania. Ero appena tornato in città, col cuore pesante per una separazione traumatica e per un futuro che vedevo pieno di pesanti nuvole nere. Due bambini piccoli con me, nessuno a cui affidarli durante le molte ore di lavoro quotidiano. Avevo provato tre, quattro persone di servizio ma i miei figli le respingevano con forza: volevano una mano diversa, volevano una voce diversa, chi lo sa: dieci e sette anni non sono l’età delle spiegazioni o della chiarezza. Tania venne un pomeriggio, accompagnata da un mediatore. Portava il fazzoletto in testa, lavorava nei campi da quando era arrivata dalla sua città, Lutsk, sei mesi prima. Non conosceva una parola di italiano: i suoi occhi azzurri e intensi, intelligenti e impauriti, andavano da un volto all’altro cercando di desumere dalle espressioni e dai toni quello che si stesse dicendo di lei. Tania, che ha due figli nel suo paese. Tania che lavora come due, tre uomini messi insieme. Tania che è madre in ogni aspetto della sua stessa esistenza. Tania e i suoi occhi. Se qualcuno può dire di aver cresciuto i miei figli, è Tania. Era lei che passava le notti di febbre sveglia e in silenzio, panni freddi e metodi esotici a base di foglie di aloe su sbucciature e abrasioni di origine calcistica (la mia guerra, maurizio de giovanni, corriere del mezzogiorno, 8 marzo).
a cura di davide schiavon
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