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21 Agosto 2014

Renzi, Bagnoli e l’ottimismo dei soliti noti

Luca Rossomando
(archivio disegni napolimonitor)

La visita lampo del primo ministro Renzi a Bagnoli ha suscitato un’ondata di ottimismo, e in certi casi di entusiasmo, che a ben guardare non poggia su alcun dato concreto. Nel suo breve soggiorno napoletano Renzi ha firmato un documento, già predisposto da tempo, in cui si concede l’ennesimo finanziamento pubblico a Città della Scienza: più di quaranta milioni per ricostruire i padiglioni bruciati nell’incendio del marzo 2013, sulle cui responsabilità il buio resta completo.

A parte questo, non si registrano atti ufficiali sulle bonifiche, né sul modo in cui verrà organizzato il governo dell’area dopo il fallimento della società Bagnoli Futura; e naturalmente nessun provvedimento su altre zone della città, che pure il sindaco aveva provato a mettere all’ordine del giorno. In compenso, come accade da vent’anni, tantissime le promesse e gli annunci; numerose le dichiarazioni di politici, tecnici e imprenditori che dipingono con inspiegabile fiducia gli scenari futuri, ognuno assecondando il proprio ruolo e le proprie convenienze. Un gioco delle parti recitato sempre dagli stessi attori e che alla fine darà la consueta somma zero.

Se qualcosa cambierà per Bagnoli, infatti, se una svolta verrà finalmente impressa, è altrove che si giocherà la partita, lontano dal dibattito pubblico e dagli organi che rappresentano la cittadinanza; piuttosto sarà  il frutto di relazioni riservate e di rapporti di forza tra interessi tanto concreti quanto ristretti. I cittadini, a cominciare dagli abitanti del quartiere, potranno prenderne atto e, più tardi, giudicarne gli esiti. È stato così fino a oggi, e nonostante l’incapacità dimostrata dalle istituzioni non si può dire che i cittadini abbiano avuto la forza per invertire la rotta.

​In un contesto del genere lascia perplessi l’appello diffuso prima dell’arrivo di Renzi e firmato da centocinquanta notabili cittadini, che chiedono al primo ministro di affrntare i problemi della città mostrando al tempo stesso una vaga disponibilità a collaborare.​

L’appello elenca dei punti critici e alcune sommarie linee d’azione. In calce, le firme di “politici, imprenditori e intellettuali”. E se ci si può sforzare di ​capire politici e imprenditori, che per interesse e statuto professionale devono fare buon viso a cattivo gioco in ogni circostanza, non si capisce che ragione possano avere degli intellettuali per firmare un appello del genere. Perché un intellettuale, oggi, a Bagnoli, a Napoli, dovrebbe accontentarsi di sottoscrivere un manifesto così approssimativo, perché dovrebbe ancora mostrarsi disponibile a collaborare con ​la classe politica? Le ragioni per farlo sembrano esaurite da tempo. Il disastro è noto in ogni dettaglio. E in tanti, nella società civile napoletana, sono stati coinvolti. Quei settori che nell’appello si offrono come sostegno a una prospettiva di rinascita, sono in gran parte gli stessi che hanno causato l’attuale depressione: istituzioni in profonda crisi come l’università e i centri di ricerca, tra i maggiori responsabili del fatto che questa città sia sconosciuta a se stessa, e anche per questo cronicamente ingovernabile; sindacati che ormai non provano nemmeno più a rappresentare quel poco di lavoro che resta ai giovani – temporaneo, flessibile, non garantito – mentre hanno avallato per anni le infornate clientelari che gonfiavano le ipertrofiche società pubbliche locali; i partiti e le loro fondazioni, ridotti da tempo a comitati elettorali, senza più alcuna presa sul tessuto vivo della società; e poi gli imprenditori – i privati! –, che nell’appello appaiono in filigrana come gli unici possibili salvatori della patria, ​quegli stessi che non investono un euro senza il supporto dei soldi pubblici e di sfacciate condizioni di favore – basta guardare alle vicende di di Zoo-Edenlandia​, Porto Fiorito, Napoli est – per comprendere la natura di questi novelli deus ex machina.

La stagione della ​disponibilità (e della subalternità​) verso ​la​ politica ha portato a questo sfacelo, e alcuni dei firmatari dell’appello ne costituiscono esempi viventi. Se ​c’è qualche intellettuale a Napoli​ c​on la voglia di esercitare il proprio senso critico in modo costruttivo, non gli resta che una parte da scegliere​, quella dei suoi concittadini. Niente più mani tese e ottimismi della volontà, ​ma piuttosto ​una vigilanza assidua sull’azione dei governi, sul rispetto delle procedure democratiche, documenta​ndo senza ambiguità la natura degli interessi in gioco, rende​ndo pubblica ogni informazione di cui si dispone; Insomma, dispiegando attraverso le proprie competenze, e con spirito d’indipendenza, tutto il pessimismo della ragione di cui si è ancora capaci. (luca rossomando)

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