Fotogalleria di Santiago Molfino
Centotrentasei pagine, sette capitoli, più di cento sezioni e sottosezioni scritte in linguaggio tecnico finanziario, questa è la Finance Bill 2024 che il governo del Kenya ha tentato di promulgare ed è invece diventata il detonatore delle proteste.
Quali possibilità ha un cittadino comune di leggere e comprendere un documento di questa portata? O più semplicemente, perché dovrebbe leggerlo? Non capire, rassegnarsi e consegnarsi a terzi che selezionino le informazioni, costruiscano opinioni e scoraggino il dibattito delle idee: è questa l’opzione più naturale. Ma anche i mediatori tradizionali hanno perso affidabilità e prestigio; si omette, si disinforma. La crisi della rappresentatività politica si fa sentire anche in Kenya. Il club riservato a quelli che “ne capiscono di politica” si cristallizza in algoritmi incessanti che manipolano il contenuto, eccitano il nervo ottico e in fin dei conti esaltano i narcisisti. Per questo la Gen Z ha creato il ChatGPT of the Finance Bill, un bot di intelligenza artificiale che ha permesso di tradurre e sintetizzare il progetto di legge per il cittadino comune, calcolando l’impatto potenziale del progetto sui prezzi al consumo. Il nuovo chatbot della resistenza condivide anche i numeri di telefono dei legislatori affinché i loro elettori gli facciano arrivare reclami e preoccupazioni. L’obiettivo è ottenere una comprensione adeguata della portata della legge attraverso un ping pong civico virtuale: domande e risposte istantanee attraverso il filtro personalizzato della IA – allenata con testi, opinioni, articoli selezionati e il testo della legge stessa –, posto al servizio della cittadinanza per processare le richieste di ciascun utente, usando alcuni dei differenti idiomi locali per garantire che anche le persone che non parlano inglese – lingua franca coloniale – con fluidità possano intendere il suo contenuto. Questo non solo ha accelerato i tempi di comprensione della politica economica ma in un solo movimento (un click) le ha impresso un linguaggio attraente, insperatamente affascinante per migliaia di giovani. Senza il filtro corporativo dei mezzi di informazione tradizionali, la IA sembra poter impartire pillole di educazione civica ed economica.
BB Brown, un ventiquattrenne residente a Kayole – zona est di Nairobi –, mi spiega: «Usiamo a nostro vantaggio i mezzi tecnologici a disposizione; sono un’arma potente e sappiamo usarli come nessuno perché sono la nostra realtà quotidiana, quella del tempo libero, del lavoro, e ora anche della denuncia e della resistenza».
Uno degli strumenti della IA creata per appoggiare le proteste che più sono stati condivisi in queste settimane è il GPT Corrupt Politicians, un chatbot che genera una lista cronologica dei casi di corruzione di politici keniani in attività. I manifestanti hanno deciso di rendere pubbliche le banche dati di affari e proprietà di politici, alcune delle quali hanno subito in seguito boicottaggi e attacchi in diverse regioni del paese. Ci sono poi il TIC 2024 GPT per fornire risposte in merito al progetto di legge e all’Autorità delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione; il GPT Kenya Law Guide, su materie costituzionali; il 13th Parliament GPT, uno dei più pratici per vigilare sull’attività dei deputati, mostrando i loro interventi e voti nei dibattiti parlamentari.
La app Zello – che converte gli smartphone in una sorta di walkie talkie – ha permesso efficacia nella logistica dei manifestanti senza precedenti nella storia recente del Kenya. Convergere in punti di incontro improvvisati, eludere le zone di repressione poliziesca, riaggregarsi e avvisarsi mutuamente in modo istantaneo sull’andamento della situazione. Questa app statunitense, fino a poco fa completamente sconosciuta, è stata scaricata con numeri record in Kenya nelle prime settimane di protesta. Kwalia, universitaria ventenne, dice: «La app ci permette di allertarci sui movimenti della polizia e sulle detenzioni, ma soprattutto di conoscere la situazione di tutti, per essere solidali ed efficienti pur nell’improvvisazione. In più si sono organizzate collette attraverso app di money wallets in modo che ognuno possa contribuire attraverso donazioni per finanziare la mobilità dei giovani, i rifornimenti d’acqua, le maschere antigas, il cibo e la logistica».
Il governo per il momento non limita né blocca l’uso delle tecnologie. Si aprono però domande sostanziali: in che modo il movimento può interpretare la realtà senza essere superato o sviato dalla IA? Quanto sono compatibili questi modelli di linguaggi importati dall’Occidente con la sensibilità necessaria per reclamare la giustizia economica e sociale in un paese africano? Non sarà un’altra ginnastica coloniale questo fiorire di apprendistati supervisionati? Finora però la cassetta degli attrezzi è stata utile.
Alla destrezza digitale, si aggiungono creatività e convinzione. La Gen Z descrive sé stessa come leaderless, tribaless, partyless but not rudderless; è spinta dal desiderio di ottenere un cambio politico sfidando attivamente le norme; non avere leader visibili, non rispondere a posizioni partitiche tribali o non aggregarsi per denaro, sono tutte caratteristiche che marcano una differenza con il passato. Se per tradizione le manifestazioni politiche venivano organizzate dai leader dell’opposizione – che facilitavano al governo la restaurazione dell’ordine mediante carcerazioni o cooptazioni –, o attraverso mediatori allineati, come Ong e organizzazioni della società civile, la Gen Z segna un punto di rottura per la sua indipendenza, è come un sussulto spontaneo e organico. L’assenza di leader politici nello spazio pubblico, conferisce una sorta di autonomia alle proteste, ciascuna con un proprio repertorio, rimandando piuttosto a quel che accadde in Cile nel 2015, o alle proteste studentesche in corso in questi mesi in Bangladesh.
Dal Black lives matter a Gaza, dall’Egitto a Hong Kong, la grammatica della resistenza e il cammino dell’azione – come le tattiche anti-lacrimogeni dei manifestanti – sono il prodotto anche di questo apprendistato virale. In Kenya, la possibilità del live streaming ha permesso di mostrare gli spazi di resistenza – vedere in diretta altre persone che manifestavano – trasformando efficacemente il significato che aveva prima andare a un corteo, a una convocazione per motivi politici. Questo ha fatto in modo che migliaia di persone diverse – isolate, precarizzate, disperate – si aggiungessero alle proteste della Gen Z.
Nello spazio di X, la Gen Z è riuscita a trascinare, in un evento senza precedenti, il presidente Ruto nel suo ring di discussione virtuale: la sessione #EngageThePresident – che ha avuto più di 400 mila utenti connessi. Il presidente non solo ha dovuto aspettare il suo turno per parlare, ma anche sopportare le interferenze di chi lo interrompeva, e rispondere alle dure accuse sui manifestanti assassinati dalla polizia durante le manifestazioni.
Allo stesso tempo, il Kenya è uno dei leader mondiali nell’uso della app cinese Tik Tok – il suo segmento forte sono i giovani tra i 18 e i 24 anni, con una forte percentuale rivolta al consumo di notizie. Questa piattaforma è il vero asso nella manica perché mette insieme l’humor, il cameratismo e la creatività, ma fornisce anche la possibilità di spiegare un progetto di legge o un diritto. Le proteste sono state anche lo spazio per la performance simultanea di migliaia di tiktoker che trasmettevano in diretta il loro piccolo show, ballando, rappando, denunciando con rabbia la violenza della polizia.
«Attraverso le varie piattaforme – racconta Dangote, ventidue anni, disoccupato – possiamo improvvisare in ogni momento. Se stiamo usando gruppi WhatsApp e ci accorgiamo della presenza di infiltrati, migriamo immediatamente su Telegram o Snapchat. È come quando fai scroll, però qui lo fai in maniera collettiva, reale». Se qualcosa si avverte a Nairobi in questi giorni, è proprio il ritmo di questo scrollare, un ritmo che accelera, spinto da una mobilitazione che cresce ogni giorno di più. (santiago molfino / traduzione di luca rossomando)
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Prima parte: Debito e rivoluzione. La generazione Z scende in piazza a Nairobi #1
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