Nel pomeriggio del 9 febbraio Roma è stata attraversata da un corteo che aveva al centro tre parole d’ordine: casa, reddito e salute. Partito con centinaia di persone da piazza dell’Esquilino, nei pressi della stazione Termini, il corteo è arrivato fino alle pendici del Campidoglio. Lì uno spiegamento ingente di forze dell’ordine ha tentato di bloccare il percorso, ma, dopo una breve resistenza, le transenne sono state superate e il corteo ha aggirato l’Altare della patria per raggiungere la piazza. Lì si è formato un presidio nei pressi dell’entrata del comune di Roma, sfruttando una scalinata che porta alla chiesa dell’Ara Coeli. Al presidio erano presenti soprattutto famiglie in stato di precarietà abitativa, come quelle che vivono nell’immobile a rischio sgombero di via Gian Maria Volonté (nel quartiere Tufello), costruito con il 90% di fondi regionali e poi venduto a un privato, o quelle che abitano da anni nell’occupazione del San Michele, a via Casale de Merode (Tormarancia), e ancora gli occupanti di Spin Time, fra l’Esquilino e San Giovanni. Alla manifestazione hanno partecipato anche i cittadini che si battono da tempo contro la costruzione di un inceneritore nel comune di Albano Laziale e ora nel comune di Roma, organizzazioni studentesche come Osa e Cambiare Rotta, Asia-Usb e il Coordinamento regionale sanità.
La polizia è intervenuta con molti agenti dopo che alcune persone hanno cercato di calare dalla scalinata del palazzo Senatorio due striscioni. Sono seguiti minuti di tensione e manganellate, una reazione che è apparsa eccessiva tanto che dopo poco, anche per la determinazione di chi manifestava, la polizia, pur rimanendo nei paraggi e bloccando ancora tre delle quattro uscite dalla piazza, si è spostata e ha lasciato che il presidio continuasse. I manifestanti hanno chiesto l’attuazione un piano casa straordinario e la possibilità di portare avanti progetti di autorecupero di immobili, permettendo di creare nuove abitazioni a costi contenuti e senza consumo di suolo. In una città con un immenso patrimonio di immobili abbandonati resta difficile capire perché la giunta Gualtieri, come quelle che l’hanno preceduta, non raccolga quest’idea, almeno con dei progetti pilota per verificarne la fattibilità. Uno degli immobili, tra l’altro, che potrebbero essere recuperati in questo modo, è proprio quello di via Casale de Merode: il progetto è però in pericolo per la mancata convocazione di un comitato tecnico da parte della regione Lazio; per protestare contro questa situazione, i movimenti per il diritto all’abitare hanno occupato, nella giornata precedente il corteo, e per ventiquattr’ore, la sede centrale dell’Ater, la struttura che si occupa di gestire le case popolari e altri immobili pubblici di Roma.
Nonostante il freddo molte persone hanno atteso a lungo che la delegazione formatasi per parlare con l’assessore al patrimonio e alle politiche abitative Tobia Zevi, e con altri collaboratori del sindaco Roberto Gualtieri, uscisse dal palazzo del Comune. «È stata una bella giornata di lotta – ha detto uno dei componenti della delegazione mentre le persone rimaste si avvicinavano per ascoltare – e siamo contenti di aver aperto di nuovo questa piazza che appartiene alla cittadinanza e che solo in quest’ultimo periodo si sta provando a chiudere alle manifestazioni». Richieste precise sono state recapitate alla giunta, soprattutto rispetto alla necessità di bloccare gli sfratti in assenza di una soluzione alternativa – ribadendo che le persone dovranno passare sempre “da casa a casa” – e al bisogno di un piano abitativo straordinario che l’assessore Zevi dovrebbe a breve proporre al resto della giunta. (alessandro stoppoloni)
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