
da: Dinamo Press
È stato sgomberato lo scorso venerdì – con un ingente spiegamento di polizia, camionette, un idrante e un elicottero – l’edificio di via Raffaele Costi, periferia est di Roma, tra la via Collatina e la via Prenestina. Nell’edificio abitavano, senza acqua né luce, un centinaio di persone, prevalentemente di etnia rom e nazionalità nigeriana, tra cui una trentina di bambini e alcuni anziani. Il palazzo era una delle priorità nella lista di circa novanta edifici occupati a fini abitativi da sgomberare a Roma, a causa delle pessime condizioni igienico-sanitarie.
Una cinquantina di ragazzi africani sono stati portati in questura, in via Patini, per l’identificazione, mentre per le famiglie la Sala operativa sociale ha prospettato, al solito, qualche posto nei centri di prima accoglienza, con la separazione dei nuclei familiari. Secondo un operatore che fornisce assistenza legale ai migranti, la Sala operativa non conosceva esattamente il numero delle famiglie sgomberate. Eppure il censimento propedeutico allo sgombero dell’edificio era stato completato nei giorni scorsi. Molti dei giovani presenti nell’occupazione si sono dispersi, confluendo, in assenza di alternative, in altre occupazioni nella zona. L’occupazione di via Costi aveva già ospitato molti dei migranti sgomberati a giugno scorso da via Vannina. Ad accoglierli, avevano trovato ingenti quantitativi di rifiuti speciali pericolosi e una situazione di emergenza sociale oltre che ambientale. Un primo sgombero e la bonifica dell’area a carico della proprietà era già stato programmato in realtà per il 15 marzo 2017. Era stato però poi annullato dal Comitato di sicurezza pubblica per effettuare approfondimenti presso il tribunale dei minori.
Ad agosto 2017, dopo un incendio e la dichiarazione di inagibilità dell’edificio, lo stesso era stato posto sotto sequestro. All’epoca erano stati censiti trenta rom di cui tre anziani e otto minori, quarantacinque africani, di cui sette donne in gravidanza. A causa delle condizioni igienico sanitarie, il gruppo 5 Stelle del Consiglio del Municipio V aveva presentato una mozione urgente indirizzata alla sindaca per la “risoluzione della situazione della famiglia italiana lì presente, nonché di tutte le persone all’interno dello stabile che presentino quadri sociali emergenziali”. Si chiedeva di intraprendere poi “tutte le azioni legali necessarie per obbligare la proprietà a una tempestiva bonifica ambientale”.
Lo stabile, proprietà della Marro 6 srl, era stato posto sotto sequestro preventivo nel corso dell’indagine che ha riguardato il legale rappresentante della società, Berardino Marronaro, in concorso con alcuni dipendenti dell’amministrazione comunale di Roma e del progettista Bruno Moauro. L’edifico è un abuso edilizio: Marronaro era infatti titolare del diritto a costruire una struttura industriale, lì dove sorge invece una palazzina residenziale, costruita contando su un condono. La domanda per il condono, presentata nel 2003, arriva però in ritardo e il palazzo non viene sanato. Nel 2009 il piano casa regionale consente i cambi di destinazione d’uso, da industriale a residenziale. Marronaro e Moauro inoltrano al IX dipartimento la pratica, presentando l’edificio come industriale, quale non è. I tre dipendenti pubblici che hanno accolto la domanda, che presentava omissioni e mancati rilievi, avrebbero chiuso un occhio. Per i cinque indagati il pm chiese il rinvio a giudizio per le accuse di abuso d’ufficio e falso.
La Marro 6srl aveva anche ottenuto nel 2009 un permesso a costruire case a Monte Stallonara, mentre la firma di Bruno Moauro è anche su progetti presentati da altre imprese, come quello del recupero dell’Air Terminal o quello della Città dei Giovani, che sarebbe dovuta nascere negli ex Mercati Generali sull’Ostiense (cantiere fermo da anni, per il quale si vocifera una ripresa dei lavori e la costruzione di una una chiesa a tre navate). Suo anche il progetto di conversione in appartamenti dell’ex Pastificio Pantanella, del Molino Biondi accanto al Ponte dell’Industria, del palazzetto privo di affaccio su strada in via Ostiense e del nuovo edificio di case di lusso in via del Porto Fluiviale. Moauro vanta anche i vicini progetti, con l’Acqua Marcia di Caltagirone, dell’edificio ultramoderno e semivuoto in piazza dei Navigatori e dell’albergo, mai ultimato, in via Giustiniano Imperatore, ribattezzato “Bidet” per le sue forme tondeggianti. È questa la “sacra proprietà” da difendere, quella dei palazzinari romani che regalano alla città decine di palazzi vuoti.
Già che c’erano, i poliziotti in assetto antisommossa a difesa di proprietà vuote e abusive, hanno pensato dopo lo sgombero di andare a prendere sedici dei ragazzi della Diciotti allontanatisi dal centro di Rocca di Papa, nel piazzale antistante il Baobab. «Li abbiamo presi», era stato il commento di uno degli agenti sul luogo, come fossero criminali ricercati. Sette volanti, un blindato e un pullman si sono presentati nel piazzale mentre i ragazzi, minorenni non accompagnati, molti vittime di tortura, erano in fila per farsi visitare da Medici Senza Frontiere per curare la scabbia. Ma non c’è stato tempo, sono stati “presi”, non si sa con quale giustificazione legale, e portati anche loro in via Patini, per una seconda operazione di identificazione (erano già stati identificati al momento dello sbarco). L’intenzione era quella di riportati a Rocca di Papa, dove i ragazzi non sono però obbligati a restare. Un’operazione mediatica inutile e dispendiosa, con i soliti odiosi commenti di Salvini sugli scheletrini ingrati in giro per l’Italia. (sarah gainsforth)
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