Osservando il traffico di Trieste si ha tutt’altra impressione che quella di una tranquilla città di medie dimensioni. Alle macchine con targa italiana si aggiungono quelle slovene, croate, serbe e austriache. Le linee di autobus funzionano bene e non è impossibile spostarsi a piedi nonostante i numerosi saliscendi; per qualche motivo, però, come il carburante a costo calmierato per i residenti – con aiuti della Regione, in modo da evitare gli sconfinamenti per il rifornimento – molte persone che vivono in città continuano a ritenere necessario l’utilizzo di un veicolo proprio per spostarsi. Il risultato è che le automobili si trovano spesso anche sui marciapiedi. Altre vengono stipate nei numerosi parcheggi, che si trovano in città anche sotto piazze importanti come Campo San Giacomo o piazza Perugino o accanto al teatro romano, in pieno centro. Questa situazione viene descritta dal Piano urbano per la mobilità sostenibile (Pums) elaborato dal Comune nel 2020 e approvato nel 2021: “La domanda di sosta su strada non accenna a ridursi, fino quasi a paralizzare certe strade e a renderle impraticabili, specie nelle ore centrali del mattino, quando sono più frequenti le soste operative ‘di fortuna’ e in quelle notturne, invase dalle auto dei residenti”.
Una delle soluzioni proposte per intervenire su questa situazione dal comune di Trieste e dal sindaco Dipiazza, rieletto nello scorso ottobre per la quarta volta, è una cabinovia che collegherebbe il centro della città con l’ottocentesco porto vecchio e poi con il centro abitato di Opicina/Opčine. Il percorso terrebbe insieme almeno due dei piani su cui è costruita Trieste, il mare e l’altopiano. Si tratta, come ha fatto notare Luigi Nacci (Trieste selvatica, Laterza, 2019), di parti diverse della stessa città, separate da pochi chilometri in linea d’aria ma anche da un forte dislivello (dalla costa si arriva a circa trecento metri di altezza sul livello del mare). Queste due parti in teoria dovrebbero essere collegate da una linea di tram pensata per superare il problema della pendenza: da alcuni anni però il servizio è stato sospeso, a causa di un incidente. I lavori di riparazione vanno avanti lentamente e le rotaie inutilizzate sono diventate un parcheggio. Sono ora degli autobus ad assicurare il collegamento.
Le differenze fra la parte costiera e l’altopiano non si fermano agli elementi naturali: a Opicina/Opčine, per esempio, il bilinguismo fra italiano e sloveno è diffuso e visibile mentre più in basso la comunità slovena, pur presente e radicata soprattutto in alcuni quartieri come San Giovanni e San Giacomo, si nota con più difficoltà. Il porto vecchio è invece un’area ormai usata solo in parte, in cui però sono ancora presenti i magazzini che, prima dell’invenzione dei container, servivano per conservare e spostare le merci in transito a Trieste. L’area è molto grande (circa 617.000 mq) ed è da anni al centro di idee di riconversione urbanistica che però non hanno avuto sviluppi concreti, a parte un paio di magazzini impiegati per funzioni museali e alcune strutture nuove, di cui una di recente trasformata in centro vaccinale.
La realizzazione del progetto della cabinovia sembra invece molto più concreto: è stato inserito all’interno del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) ed è stato già finanziato con quarantotto milioni di euro dopo aver ottenuto un parere favorevole dal ministero delle infrastrutture e dei trasporti. L’amministrazione comunale ha presentato il progetto come un’idea ecologista per alleviare il traffico in entrata (soprattutto nei confronti di chi raggiunge Trieste da nord) e per fornire una nuova attrazione turistica. Questa prospettiva ha però raccolto la contrarietà di diverse associazioni ambientaliste e comitati, oltre che di alcune forze politiche come Adesso Trieste e di organizzazioni come Italia Nostra. Quest’ultima si è rivolta al ministro della cultura Franceschini chiedendogli di non dare il suo appoggio all’opera, sostenendo che “l’inserimento in un’area di altissimo pregio storico e paesaggistico (come il porto vecchio di Trieste, ndr) di un’infrastruttura che prevede l’edificazione di stazioni e piloni e un passaggio continuo di cabine, appare del tutto incompatibile con i criteri di tutela dei beni culturali e paesaggistici che devono presiedere alla valutazione di compatibilità ambientale degli interventi; ciò è stato ben capito non solo coloro che lo studiano e lo conoscono bene, ma anche da cittadini di Trieste e da associazioni che stanno esprimendo in varie sedi la loro totale contrarietà”. Al progetto si contestano anche lo scarso coinvolgimento della cittadinanza e la possibile distruzione di porzioni di bosco, necessarie per la costruzione della cabinovia. Dal canto suo il Comune tiene duro e ha attivato addirittura un sito internet per difendere la soluzione proposta, spiegando che la cabinovia garantirebbe un flusso costante senza tempi di attesa e che rispetto ad altre possibili soluzioni non comporterebbe molto consumo di suolo.
A questa iniziativa del Comune, un altro gruppo di associazioni, fra cui Legambiente e la Federazione italiana ambiente e bicicletta (Fiab), ha ribattuto sostenendo che la cabinovia non permetterebbe comunque di mettere in discussione l’attuale assetto del trasporto urbano, che la stima del numero di passeggeri fatta dal Comune è esagerata e che l’intervento finirebbe per spostare il flusso da un mezzo pubblico all’altro, senza far diminuire il numero dei mezzi privati. Si fa anche notare che la bora, il forte vento che caratterizza Trieste per diverse giornate all’anno, potrebbe impedire l’uso di un mezzo aereo come la cabinovia più spesso di quanto ipotizzato dal progetto. Lo stesso gruppo ha proposto un’alternativa che gira intorno alla costruzione di due linee di tram che si muoverebbero in buona parte lungo la linea costiera, lasciando alle linee di autobus il collegamento con l’altopiano. Si ipotizza anche il collegamento del tram con alcune linee ferroviarie usate ora soprattutto per il trasporto merci che, se sviluppate, permetterebbero un collegamento con la città di Capodistria/Koper, appena oltre il confine con la Slovenia, seguendo la costa adriatica verso sud. Questa proposta, tra le altre cose, romperebbe con l’idea di Trieste capolinea delle ferrovie italiane verso sud-est: mentre al tempo dell’impero austro-ungarico da Trieste ci si poteva infatti spostare via treno con una certa libertà di scelta, la Trieste “italiana” è stata spesso allontanata dai suoi vicini. Capodistria/Koper e Trieste, per esempio, sono a pochi chilometri di distanza; da Muggia, l’ultimo comune italiano prima dell’Istria slovena, basta salire le prime colline verso l’interno e si può intravedere la città. Eppure la distanza percepita è molto più grande, come ha suggerito Andrea Olivieri nel suo libro Una cosa oscura, senza pregio (Alegre, 2019), mentre un collegamento ferroviario potrebbe cambiare questa percezione. La giunta comunale però non si è fatta finora convincere, argomentando che il progetto non inciderebbe sugli assi viari più frequentati dai mezzi privati e sostenendo la necessità assoluta di sfruttare il finanziamento ottenuto, senza provare a dirottare i fondi verso altri progetti . Le associazioni hanno così deciso di promuovere una raccolta firme per indire un referendum sul progetto.
La contrapposizione in atto non lascia intravedere speranze per uno sforzo comune nella ridefinizione degli spostamenti in città e nella zona circostante. Il già citato Pums, pur individuando abbastanza bene i problemi, sembra proporre delle soluzioni (come la costruzione di due nuovi parcheggi) che continuano a vedere l’automobile come pietra angolare della mobilità, suggerendo idee di difficile realizzazione immediata. Ne è un esempio l’ipotesi di costruire un tunnel sottomarino per spostare il traffico dalla Rive, un viale che attraversa la parte costiera del centro di Trieste e che complica l’accesso al mare. È probabile che il tema della cabinovia continui a trovarsi al centro del dibattito cittadino anche nei prossimi mesi. Rimane però un problema culturale che occorre affrontare per decidere come far sviluppare una città che, se solo volesse, potrebbe tornare a far valere il suo essere nel cuore dell’Europa. (alessandro stoppoloni)
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