Domenica 6 marzo all’alba un gruppo di attiviste e attivisti hanno occupato una grande villa abbandonata nel parco della Caffarella, sull’Appia Antica. La data dell’occupazione non poteva essere più significativa: il giorno successivo alla grande manifestazione contro la guerra in Ucraina, due giorni prima della manifestazione trans-femminista dell’otto marzo. “Ci schieriamo contro questa e tutte le guerre condotte dal capitale contro popoli e terra – dice il comunicato diffuso domenica mattina –. La guerra in Ucraina rinsalda la continuità di interessi globale attorno all’energia fossile e mette a rischio la nostra necessità di cambiare il paradigma vigente a livello energetico e sistemico”.
Nel panorama politico romano, indebolito e frammentato da due anni di pandemia, questa iniziativa sintetizza la necessità di ricostruire legami, sia tra strutture politiche diverse che tra tematiche normalmente considerate separate. Il gruppo si è consolidato durante gli ultimi mesi intorno alla necessità di ragionare sulla catastrofe ecologica all’interno della Rete ecosistemica: al “climate camp” che ha organizzato la Rete a Roma in occasione dell’incontro del G20 a fine ottobre, era riuscito a radunare in un fine settimana di dibattiti sia movimenti femministi che realtà attive contro la catastrofe climatica come Extinction Rebellion e Friday for Future Roma. Lo spazio occupato ha preso il nome di Berta Cáceres, l’attivista indigena honduregna uccisa esattamente sei anni fa, il 3 marzo 2016, per la sua battaglia contro l’appropriazione delle risorse indigene da parte delle corporazioni idroelettriche, sotto l’egida della Banca Mondiale.
L’area dell’Appia Antica, salvata dalle speculazioni urbanistiche del dopoguerra grazie alle mobilitazioni cittadine, adesso è attaccata da nuove privatizzazioni: la villa appartiene alla Regione Lazio, ma è abbandonata dal 2011; come centinaia di altri edifici pubblici, è stata ceduta a una società partecipata al 100% dal ministero delle finanze – Invimit – che sta gestendo la sua vendita all’asta. Riaprire uno spazio come questo, in una delle zone in cui si vedono più chiaramente le potenzialità incredibili che ha la città di Roma e l’enorme ipoteca che le sue amministrazioni stanno facendo gravare sui suoi cittadini svendendo ai privati risorse collettive fondamentali, permette di riaprire il dibattito anche sulla continuità tra l’urbanistica pubblica neoliberale e la rapacità della finanza immobiliare.
Già da due giorni centinaia di persone stanno ridando vita a questo spazio, sin dall’assemblea pubblica della mattina; tra di loro anche i comitati di quartiere di zona, da decenni impegnati contro la svendita di pezzi del parco. “A pochi metri da qui vi è l’edificio che dimostra la profonda distanza tra l’ecologia e i palazzi: il ministero della transizione ecologica, governato da un ministro sprezzante nei confronti dell’ambientalismo e strenuo difensore dell’élite economica del paese”.
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