Se funzionasse, il grande orologio elettronico di piazza Municipio segnerebbe le ore 16:00 e una temperatura di nove gradi centigradi o Celsius. Il sole, ancora alto in cielo, sottolinea ai meno distratti tra i passanti che le giornate si stanno allungando, ma l’inganno tutto sommato non riesce: la temperatura è bassa e il freddo ti entra nelle ossa, come dimostrano i discorsi dei tassisti all’interno della piazza. Il Vesuvio innevato completa lo scenario di un primo pomeriggio bello e indolente, come dovrebbero essere ogni giorno le prime ore postmeridiane.
I soliti blindati presidiano palazzo San Giacomo, mentre qualche consigliere comunale attraversa la piazza per raggiungere gli uffici e cinque ragazzini aspettano annoiati il pulmino della ASD Centro Flegreo. Gli autobus di linea passano regolarmente, e il tempo sembra non scorrere mai. Quando il grande orologio (sempre se funzionasse) segnerebbe le quattro e mezza, una trentina di persone si raduna all’esterno del palazzo del consiglio comunale in via Verdi. I vigili di guardia faticano a capire cosa stia succedendo, fino a che, naso all’insù, non si accorgono che tre degli stessi militanti sono riusciti a intrufolarsi nel palazzo stupendosi loro stessi per non aver incontrato ostacoli, e hanno affisso al balcone un grande striscione che recita in stampatello: “Il cambiamento è nelle strade e nelle lotte, non in una cabina elettorale. Non votare, lotta!”.
Il gruppo fa parte del comitato “Reddito per tutti, voto per nessuno” e dopo l’apertura di un secondo striscione (questa volta in strada) e l’accensione di una serie di fumogeni, si trattiene per circa mezz’ora all’esterno dell’edificio. «Non diamo più credito a questa classe dirigente! Decenni di ruberie, disonestà, malapolitica, dimostrano che non è questa la strada per cambiare le cose. Non le urne, non il voto, ma la lotta, fatta ogni giorno in strada!», urla qualcuno, mentre una dozzina di agenti si avvicina per tenere la situazione sotto controllo. L’azione – come direbbero i militanti di una volta – o il flash mob – come lo definirebbero i più giovani, i giornalisti e quelli che vogliono darsi un tono usando vocaboli stranieri – finisce quando i manifestanti ripiegano gli striscioni e vanno via. Una buona parte di loro ha come destinazione via Ponte di Tappia, dove si svolge un presidio contro il decreto, di prossima pubblicazione per opera del ministro Clini, che autorizzerà l’incenerimento dei rifiuti all’interno dei cementifici. Strada facendo, però, i no-voto si intrattengono a “sanzionare” (come si diceva e forse ancora si dice, sempre nel gergo di cui sopra) un comitato elettorale su cui campeggia la scritta: “Vota Monti – Scelta civica per l’Italia”. Mentre una bomboletta rossa continua a sfornare dei giganti NO sulle vetrate, un giovane in giacca e cravatta fa appello a tutto il suo coraggio e timidamente si affaccia per chiedere informazioni. Si convince subito che non è aria e si rintana all’interno. Poi ci pensa meglio e si chiude anche a chiave.
Il presidio all’incrocio tra via Roma e via Ponte di Tappia si raduna intorno alle 17:00 e raccoglie un discreto numero di attivisti e curiosi. Qualche metro più in là, il solito ispettore della digos si avvicina a uno dei ragazzi, mentre apre un pacchetto di filtrini e rolla una sigaretta: «Ma chi so’ ‘sti diecimila napoletani che stann’ jenn’ a vere’ ‘a partita a Roma? Tutti “tessera d’o tifoso”?». «Eh sì – risponde il ragazzo – ormai vanno solo loro». «Eh, so’ cambiati i tempi! Aggia dicere ‘a verità, quando ci stavate voi ci divertivamo, erano belle trasferte. Eravate ‘nu gruppo coi cazzi! Scendevo a faticare e lo sapevo che non stavo andando a perdere il tempo, mica come mo’!».
Quando il famoso orologio, che nel frattempo è diventato solo un ricordo lontano, segnerebbe (sempre se funzionasse) le 18:00, i ragazzi che avevano animato il pomeriggio di piazza Municipio si radunano e lasciano il presidio. Hanno un appuntamento importante, a pochi metri di distanza da lì, con l’enfant prodige della politica nazionale, il sindaco di Firenze Matteo Renzi, atteso al teatro Politeama per un appuntamento elettorale. L’incontro avviene all’esterno del bar Gambrinus, giusto il tempo di esporre lo striscione con lo slogan ed essere allontanati dalla polizia sotto gli obiettivi golosi di telegiornali e fotografi, e gli occhi un po’ sbigottiti dello stesso Renzi, che sembra non farsi una ragione del fatto che qualcuno possa contestarlo, o quantomeno avere qualcosa da rimproverargli. (riccardo rosa)
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