
Le istituzioni e le femministe della città di Torino si mobilitano per lo sciopero dell’8 marzo mettendo in primo piano l’autodeterminazione. Tra gli eventi in calendario, nessuno menziona la condizione di quelle donne che oggi sono escluse dalla vita sociale per avere scelto di opporsi al lasciapassare e alla ambigua coercizione a vaccinarsi. Queste donne sono lavoratrici sospese, precarie, disoccupate, casalinghe, studentesse, pensionate, molte di loro considerate “straniere”. Silenziate e stigmatizzate, private della loro autonomia, continuamente vessate, materialmente impoverite, hanno deciso di attraversare le strade dell’8 marzo per evidenziare le contraddizioni che lo sguardo dominante non vuole vedere.
Mattina: volantinaggio davanti al Polo del Novecento, dove si tiene un convegno organizzato dal Comune, intitolato “Salute è autodeterminazione”.
Pomeriggio: partecipazione/volantinaggio al corteo pomeridiano organizzato da Non Una di Meno Torino.
LA SALUTE È AUTODETERMINAZIONE? IL RISULTATO: LA SOSPENSIONE!
LAVORATRICI (e non) CONTRO IL GREEN PASS
Da sempre oggetto di sfruttamento e discriminazione, ancora oggi le donne subiscono gli effetti della cultura patriarcale, che si esprime attraverso politiche di disciplinamento e strumenti di controllo sempre più capillari. Lo stato di emergenza sanitaria ha offerto ai governanti l’occasione ideale per testare e applicare misure di “sicurezza” sempre più repressive e opprimenti nei confronti di chi non si adegua alle norme. Il green pass è ad oggi lo strumento di coercizione più avanzato in questo senso.
Da un anno a questa parte, migliaia di donne si trovano a essere escluse dalla vita sociale per avere scelto autonomamente come prendersi cura della propria salute e dei propri corpi: la loro autodeterminazione è stata criminalizzata e punita.
La scelta di rifiutare il trattamento sanitario anti-Covid la stanno pagando cara, a partire dall’essere considerate irresponsabili, folli, individualiste, egoiste, ignoranti, ecc.
Molte di loro, per la categoria professionale a cui appartengono o per la loro età, sono state sospese dal lavoro e lasciate senza alcuna forma di reddito da molti mesi.
Altre si sono auto-sospese per non legittimare l’applicazione del green pass, uno strumento chiaramente politico/economico e per nulla sanitario.
Chi può ancora continuare a lavorare è costretta a spendere una parte della sua retribuzione e del suo tempo per ottenere il lasciapassare ogni 48 ore.
Le disoccupate e le precarie vedono ridursi drasticamente la possibilità di cercare lavoro. Molte di loro hanno deciso di sottoporsi alla somministrazione solo per sconforto e bisogno di sopravvivere, ma sono consapevoli del ricatto e della violenza che lo stato gli ha imposto.
Le lavoratrici, le precarie e le disoccupate che non hanno la cittadinanza italiana e non hanno il green pass vivono questa condizione come una tripla discriminazione.
L’8 marzo portiamo nelle strade e nelle piazze i corpi e le voci che da mesi stanno resistendo, contestando il lasciapassare e chiedendone l’abolizione definitiva. Oltre l’8 marzo, facciamo in modo che queste voci crescano ancora e diventino sempre più potenti.
Per info e contatti:
lavoratorinogreenpass.to@
quaderniallaria@gmail.com
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