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26 Aprile 2017

Ospedale Monaldi, il presidio dei genitori dei bambini in attesa di trapianto

Monitor bergamo, bologna, caldoro, cardarelli, dafne palmieri, irene, ospedale monaldi, raffaele calabrò, vincenzo de luca
(foto di vb)
(foto di vb)

Step 1. Nel 2014 la giunta Caldoro riorganizza la rete trapiantologica campana. Raffaele Calabrò, membro dell’Opus Dei, è consulente tecnico alla sanità. Successivamente sarà considerato molto vicino anche a Vincenzo De Luca. In quel periodo vengono emanati due decreti regionali che dispongono la formazione del DIT (Dipartimento interaziendale trapianti), un organo differente dal centro regionale trapianti, sancito invece dalla legge nazionale 91 del 1999. Sulla carta il DIT, situato all’ospedale Cardarelli, ne assorbe le funzioni e le potenzia. Nella pratica è ancora senza un direttore. Dopo tre anni, neanche il collegio di professionisti previsto è stato mai costituito.

Step 2. Irene ha tre anni e soffre di miocardite dilatativa di origine virale, ma dopo essere stata ricoverata in cardiologia viene trasferita a Bologna per il trapianto. È il 2014 e sui media locali i genitori lanciano un appello: «Non abbiamo i soldi per andare a Bologna, aiutateci!». Dopo circa un anno al rientro a Napoli la bimba muore.

Step tre. I genitori degli altri bambini in attesa di un trapianto di cuore si accorgono che qualcosa sta cambiando, che l’assistenza non gli viene più garantita allo stesso modo e sollecitano, attraverso la raccolta di quindicimila firme, il governatore Vincenzo De Luca a intervenire. Siamo nel novembre del 2015.

Step quattro. L’opera di smantellamento del centro trapianti è avvenuta tra il 2014 e il 2016. Gli esperti dei trapianti pediatrici sono stati spostati dalla cardiochirurgia pediatrica alla cardiochirurgia adulti. Dal 31 gennaio 2017 è stata sospesa l’intera attività di trapianti pediatrici a Napoli, per cui i pazienti sono costretti a rivolgersi alle strutture situate fuori regione. In questo lasso di tempo i bambini trapiantati erano otto e sono tutti morti.

(foto di vb)
(foto di vb)

E arriviamo a oggi, quando un gruppo di genitori di bambini in attesa di trapianto protesta con un presidio fuori l’ospedale Monaldi. Sono circa venti e chiedono garanzie sull’assistenza a De Luca. Annunciano di essere pronti per contestare l’illegittimità del  DIT con una denuncia in Procura. «Abbiamo assistito in questi ultimi anni al declino dell’attività dei trapianti cardiologici», racconta Dafne Palmieri, mamma del piccolo Massimo. «Sono degli assassini». I genitori superano le guardie giurate all’ingresso, muniti di un altoparlante e uno striscione su cui si legge: “De Luca garanzie per i trapianti”. Occupano il terrazzo dove sono situati gli uffici della direzione generale in attesa di risposte.

Sulla delibera di sospensione dei trapianti pediatrici a Napoli del 31 gennaio scorso si legge: “Non ci sono le condizioni perché la cardiochirugia pediatrica possa collaborare con il centro trapianti”. Da cui la deduzione: i bambini sono forse morti perché i medici litigavano tra loro? A oggi Napoli, formalmente, non ha più bambini in lista di attesa per un trapianto di cuore, ma “pazienti dell’aldilà”, così come vengono chiamati i bimbi che hanno miocarditi difficili da gestire, ce ne sono. È il caso di Martina, sedici anni e mezzo, in attesa di un trapianto di cuore dal 2013. Nel 2015 i medici decisero che poteva essere rimossa dalla lista di attesa ridimensionando improvvisamente il suo stato di salute. Nel rivolgersi a un’altra struttura a Bergamo, i genitori ricevono notizie diverse: la bimba deve essere trapiantata e anche urgentemente. Da due mesi la piccola è a Bergamo con la mamma, ha avuto l’autorizzazione per usufruire dell’eli-ambulanza, per poter essere raggiunta da un elicottero in caso di emergenza. Il padre, Umberto, poliziotto penitenziario, si reca a Bergamo quando può, spendendo tra i quattro e i cinquecento euro solo per il viaggio e l’alloggio.

(foto di vb)
(foto di vb)

A testimonianza dello sfascio delle attività legate ai trapianti di cuore dei minori c’è anche il caso di Imma, nove anni e un ventricolo sostitutivo esterno per diciotto mesi. La sua storia è vista dai medici internazionali come un record, dato che nessuno mai aveva resistito con un cuore artificiale e i conseguenti rischi per tutto questo tempo. I diciotto mesi in cui Imma ha vissuto in attesa del trapianto sono stati contrassegnati da numerose controindicazioni, ma alla fine la bambina è stata trapiantata. L’operazione è avvenuta prima della sospensione delle attività. Se il suo caso fosse arrivato qualche mese dopo, la piccola avrebbe avuto di certo minori possibilità di vita, dal momento che il trasferimento in un’altra regione per un bimbo a cui non funziona il cuore aumenta notevolmente le criticità. (veronica bencivenga)

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