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UN SANTO AL GIORNO # 22 settembre: San Pio da Pietralcina

(disegno di diego miedo)
(disegno di diego miedo)

Pochi santi furono, come padre Pio, dotati di doni straordinari che hanno richiamato su di lui l’attenzione del mondo intero: le stimmate, il profumo misterioso che emanava dal suo corpo, i carismi di profezie e di scrutamento dei cuori, le guarigioni e le conversioni attribuite alla sua preghiera. Nel convento del Gargano, nel quale il cappuccino viveva, la ressa di devoti era quotidiana: tutti lo volevano vedere, toccare; tutti desideravano assistere alla sua messa e confessarsi.

Francesco Forgione era nato il 25 maggio 1887 a Pietrelcina, piccolo paese di contadini e pastori della provincia di Benevento. I genitori, ambedue analfabeti, pur sudando sui campi non riuscivano a sfamare la copiosa nidiata che avevano messo al mondo (sette figli). Papà Orazio così si imbarcò per l’America sperando in una sorte migliore. Alla famiglia intanto badò mamma Maria Giuseppa. Forte e ricca di fede, aveva una predilezione per il piccolo Francesco, gracile e spesso in preda a misteriose e violente febbri, dotato di una sensibilità religiosa che lo portava a ricercare luoghi solitari per dedicarsi alla preghiera. Un giorno, indicando il frate cappuccino venuto per la questua, disse: «Voglio farmi frate, come fra Camillo».

Nel 1903, indossò il saio francescano nel convento dei cappuccini di Morone, iniziando il cammino di preparazione alla vita sacerdotale che si concluse il 10 agosto 1910. Le misteriose malattie che lo avevano tormentato continuavano intanto con una virulenza tale da far temere che non sarebbe mai giunto vivo all’ordinazione, tant’è vero che, non appena ebbe l’età minima richiesta dal diritto canonico, fu consacrato sacerdote. I superiori ebbero compassione di lui e anziché inserirlo nell’attività pastorale lo mandarono a Pietrelcina, sperando che l’aria di casa gli avrebbe fatto tornare un po’ di forze; qui invece il giovane frate imboccava dritto la strada di quel calvario che percorrerà per tutta la vita.

Il 5 agosto 1918 gli apparve un misterioso personaggio che gli trafisse il cuore con un dardo infuocato, mentre il 20 settembre ricevette le stimmate, inizialmente invisibili. «Ero in coro, dopo la celebrazione della messa, quando venni sorpreso da un riposo simile a un sonno. Tutti i sensi si trovarono in una quiete indescrivibile. Vi subentrò subito una grande pace. E mentre questo si andava operando, vidi un misterioso Personaggio, simile a quello visto il 5 agosto, che si differenziava solamente in questo: aveva le mani, i piedi e il costato che grondavano sangue. La sua vista mi atterrì. Mi sentii morire e sarei morto se il Signore non fosse intervenuto. Il Personaggio si ritirò e io mi avvidi che mani, piedi e costato erano trasformati e grondavano sangue». Più profondo e lacerante del dolore fisico, fu per Pio il dolore provocato dai giudizi, dai sospetti e dalle condanne che gli vennero da istituzioni ecclesiastiche, confratelli e da ambienti scientifici, per i quali le ferite del frate erano frutto di isterismo.

Scienziati di ogni tipo, inviati da organismi religiosi e dallo stesso Vaticano, si accanirono per dimostrare che i fenomeni attribuitigli non avevano origine soprannaturale. E riuscirono a convincere il Sant’Uffizio, promotore di una delle inchieste più clamorose durante il pontificato di Pio XI, che si trattava di fenomeni isterici. Fino a che gli arcigni monsignori del Vaticano, nel 1923, con un apposito decreto, vietaronoo al frate di dire la messa in pubblico e di confessare. Una tortura durata una decina d’anni, che padre Pio visse in silenzio, senza protestare, rifugiandosi nella preghiera e nella penitenza. La gente, che non aveva mai messo in dubbio l’origine soprannaturale di quelle piaghe, quando cessò l’ostracismo, riprese così a salire la mulattiera che conduceva al convento per ascoltare la messa del frate delle stimmate. Molte furono le conversioni anche di personaggi notissimi che verso il frate nutrirono sempre riconoscenza e devozione.

Tra i tanti doni, padre Pio ebbe anche quello di prevedere il tempo della sua morte. Un giorno, nel 1918, quando aveva appena ricevute le stimmate, disse a uno che frequentava il convento: «Coraggio: abbiamo ancora cinquant’anni davanti». E cinquant’anni dopo, nel 1968, mentre con i devoti si accingeva a commemorare il mezzo secolo dall’evento, padre Pio avvicinò quel fedele e con un filo di voce gli sussurrò: «Cinquant’anni sono passati». La domenica 20 settembre si fece gran festa, padre Pio celebrò messa e poi si affacciò a benedire i pellegrini. Fu l’ultima volta che lo videro vivo, perché la notte del 23, dopo aver recitato il rosario, moriva. (torna ai santi)

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