Attacchi pubblici e provocazioni. La denuncia della famiglia di Davide Bifolco
Riceviamo e pubblichiamo:
Sono passati quasi tre anni dalla morte di Davide Bifolco. Sono stati anni dolorosi per la sua famiglia, duri per le persone che hanno vissuto la vicenda consapevoli che fosse una sola la parte da cui schierarsi, impegnativi per chi ha deciso che la morte di un ragazzino di sedici anni, innocente e incensurato, per opera di un carabiniere in servizio, fosse un’ingiustizia troppo grande per restarsene a guardare.
Con il costante e determinante contributo dei familiari di Davide, nel corso di questi anni, una associazione è nata a pochi metri di distanza dal luogo della sua uccisione; un luogo fisico, all’interno di una scuola occupata e ancora non riconosciutaci ufficialmente dalle istituzioni di questa città, ma anche e soprattutto un’aggregazione di persone che provano a lavorare con i ragazzini e i bambini del quartiere, organizzando un doposcuola quotidiano, laboratori, attività sportive. L’associazione, in questi anni, è stata per i familiari di Davide un modo per non abbattersi, per continuare a sentire la presenza del loro figlio, fratello, nipote, negli sguardi e nei sorrisi dei bambini del Rione Traiano. Ma in questi tre anni è accaduto anche dell’altro. Sono stati gli anni duri del processo, di un tribunale che stabilisce che la vita di Davide vale solo quattro anni di condanna per il suo assassino, di riflettori accesi spesso a sproposito, che hanno provato a mischiare le carte, a gettare fango su una vicenda che invece è apparsa chiara fin dal primo momento: un carabiniere che spara un ragazzino in motorino che non aveva fatto niente.
Lontano dalle luci dei riflettori, sono stati, naturalmente, anni durissimi per i familiari di Davide. Per quello che hanno provato e provano ogni singolo giorno da quel 5 settembre, ma anche per quello che hanno dovuto e devono sopportare. Le infamie dei giornali, le accuse infondate, le calunnie, le provocazioni continue che la famiglia subisce fin dai giorni immediatamente successivi all’omicidio. Sono mesi che Giovanni, Flora e i loro figli denunciano pubblicamente i comportamenti provocatori da parte delle forze dell’ordine. Fermi continui, visite notturne plurime per verificare la presenza in casa di Giovanni quando questi era soggetto a un provvedimento di arresti domiciliari, paroline e frasi striscianti pronunciate da agenti in servizio durante controlli, durante il processo, durante occasionali incontri per la strada. A queste continue provocazioni i familiari di Davide non sempre sono riusciti a porgere l’altra guancia, cadendo forse in una trappola fin troppo bene orchestrata, e che oggi gli costa svariati provvedimenti aperti per ingiuria e oltraggio, ad agenti delle forze dell’ordine. L’ultimo è arrivato proprio qualche giorno fa, un avviso di chiusura indagini e rinvio a giudizio per un parapiglia seguito a un burrascoso controllo, mentre Giovanni era alla guida della sua auto, secondo le accuse, mentre “aveva in mano” (non utilizzandolo per parlare) un telefono cellulare.
Al di là delle schermaglie giudiziarie ci sembra chiaro che l’atteggiamento delle forze dell’ordine tutte nei confronti della famiglia Bifolco sia vergognoso, e ancora una volta richiede che l’associazione, così come tutte le persone che hanno seguito questa vicenda, provino a dire chiaramente e pubblicamente come stanno le cose. Da tre anni la famiglia di Davide vive un incubo per la morte di un figlio adolescente. Un incubo che passa per il processo e il trattamento mediatico riservato da molta stampa locale e nazionale a questa vicenda. Un incubo provocato direttamente da un agente in servizio dell’arma dei carabinieri, che però, così come gli altri corpi appartenenti alle forze dell’ordine, non solo non ha mai chiesto scusa ai genitori di Davide per quanto accaduto, non solo non vive in maniera sobria e silenziosa l’evolversi della vicenda (vergognosi sono stati gli atteggiamenti dei membri dell’arma durante il processo) ma fa continuamente, quotidianamente, silenziosamente, di tutto per mettere in difficoltà una famiglia che meriterebbe quantomeno il rispetto della propria volontà, quella di vivere la vicenda nel proprio dolore, senza ulteriori attacchi.
Denunciamo quindi con questo comunicato l’ennesimo abuso subito da Giovanni e Flora, ci schieriamo idealmente e fisicamente dalla loro parte, e in attesa dell’evolversi della vicenda giudiziaria faremo di tutto perché tutta la città partecipi al ricordo di Davide che, come ogni anno, stiamo organizzando per il prossimo mese di settembre. (associazione davide bifolco, il dolore non ci ferma)