da: Horatio Post
La scena è quella di un teatro di guerra. I pesanti tombini scoperchiati, cavi elettrici strappati, porte sfondate e vetri rotti, gli impianti tecnologici a pezzi. E poi il fuoco, che ha distrutto i locali della bella palazzina degli uffici, l’odore di bruciato che stringe ancora la gola. La cittadella Gesen, il piccolo gioiello tecnologico al centro delle discariche di Giugliano, nata per il trattamento di percolati e biogas, è stata distrutta da una serie di raid, almeno quattro, iniziati il giorno di ferragosto, e proseguiti fino a lunedì scorso.
L’impianto, inattivo da tempo, era diventato il quartier generale del commissario alle discariche di Giugliano, Mario De Biase, e del suo staff. In quegli uffici era stato messo a punto l’intervento di messa in sicurezza della discarica Resit, distante solo un centinaio di metri, trasformata in un parco verde di sei ettari, abbellito dai murales di Jorit.
Obiettivo apparente dei raid, condotti in grande stile da una squadra di almeno una ventina di persone, assistite da camion e furgoni, era il furto dei cavi e dei materiali metallici. Per far questo, sono stati distrutti gli impianti di trattamento del biogas e del percolato, un sistema tecnologico modello costruito coi fondi europei, potenzialmente in grado di produrre energia pulita per una comunità di alcune migliaia di persone.
Il sistema di sorveglianza ha mostrato falle incredibili, se le squadre di razziatori hanno potuto lavorare per molte ore, e a più riprese, seguendo un programma preciso: a ferragosto il taglio dei cavi e l’isolamento elettrico degli edifici; il 25 agosto, la razzia in grande scala, conclusa con l’incendio della palazzina direzionale. Poi ancora almeno altre due incursioni, l’ultima lunedì sera, nel corso della quale sono state arrestate in flagrante due ragazze rom e un minore, mentre un’altra dozzina di persone è riuscita a fuggire.
Certamente ha pesato, sull’estrema vulnerabilità del sito, il puzzle caotico di competenze: il complesso distrutto era della Gesen, una società partecipata dalla vecchia provincia, che non esiste più ed è stata assorbita nel Consorzio di bacino, anch’esso in scioglimento, in attesa che si costituisca il nuovo Ato. C’è poi anche la Sapna, società della città metropolitana, che gestisce alcune delle discariche, oltre alla guardiania dell’area che però, negli ultimi tempi, sembra non riuscisse a coprire l’intero arco delle ventiquattr’ore.
L’impianto come si è detto non era attualmente in funzione, per riattivarlo sarebbe bastato un revamping del costo di poche centinaia di migliaia di euro. In questi ultimi anni, grazie a De Biase, la Gesen aveva comunque continuato a produrre un diverso tipo di energia, che ha a che fare con la cultura, la conoscenza, la coscienza civica. L’auditorium al terzo piano della palazzina degli uffici era diventato, proprio nel mezzo dell’area più critica della Campania, un centro di divulgazione per migliaia di studenti delle scuole pubbliche dell’intera regione, che qui venivano a studiare come si ricostruisce un ecosistema, come si ripara la terra ferita. Quando entriamo sembra dopo un bombardamento. Le mura annerite dal fuoco, gli arredi a terra, maciullati, il soffitto che viene giù a pezzi. Persino le soglie di marmo delle scale sono state spezzate, una a una, con rabbia
La furia massima ha investito proprio la stanza dove il commissario De Biase coordinava i lavori di recupero delle discariche, letteralmente sventrata, il tavolo di cristallo in frantumi, il mobilio e i computer a pezzi, gli archivi rovesciati, i soffitti sconvolti. Alle pareti restano affisse le planimetrie dei progetti, erano un simbolo di speranza concreta ma adesso, in mezzo alle macerie, ti mettono addosso solo un senso di precarietà.
Rimane il dubbio che per rubare il metallo non ci fosse bisogno di tanta violenza, di frangere ogni vetrata, massacrare in questo modo i locali. Girando per le stanze distrutte è netta invece la sensazione che, con questa sproporzionata azione di guerra, qualcuno, molto al di sopra degli esecutori materiali, abbia voluto lanciare un messaggio. Di questa terra mortificata non si deve salvare niente. Tutto deve rimanere com’è: le ferite eterne delle discariche, le strisce strafottenti di monnezza a bordo strada, le ragazze nigeriane sedute ad aspettare lungo il viale.
In attesa che polizia, carabinieri, magistratura chiariscano come tutto questo sia potuto accadere, la cosa importante ora è mettere in sicurezza i luoghi simbolo vicini, che sono tremendamente a rischio: il parco verde della Resit, i cui impianti tecnologici potrebbero subire lo stesso saccheggio, e il bosco di San Giuseppiello, il sito di fitorisanamento più vasto d’Italia, sequestrato ai Vassallo – ai quali lo Stato ha presentato il conto – dove ventimila pioppi, monitorati dai ricercatori della Federico II, puliscono in silenzio la terra contaminata dai fanghi industriali.
Il commissario De Biase è in scadenza, ma senza responsabilità e governo questi luoghi moriranno di nuovo. L’azione di guerra per ora li ha risparmiati, restano il simbolo della rinascita possibile, ma occorre prevedere a loro difesa, subito, un presidio di sicurezza permanente. Sono già in programma a breve nuove visite di scolaresche e equipe scientifiche, questo racconto di speranza, conoscenza, riappropriazione del territorio non può fermarsi dinnanzi alla barbarie, non deve assolutamente essere interrotto. (antonio di gennaro)
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