
Napoli Monitor partecipa al convegno Per una critica della città globalizzata, che si tiene oggi e domani a Bologna (qui il programma). Pubblichiamo di seguito uno dei materiali preparatori del convegno, il testo di Emanuele Frixa: “Per una messa a critica della ‘politica della partecipazione'”, che analizza le retoriche che accompagnano i grandi progetti infrastrutturali e di turistificazione in corso negli ultimi anni a Bologna.
* * *
da: INFOaut
Inizierò col dire che in questo dibattito uno dei nodi che ritengo fondamentali è quello della partecipazione e della sua ambivalenza, ma su questo tornerò più avanti. Intanto due parole sul testo, sicuramente eterogeneo per natura e tipologia dei contenuti, ma che coglie, anche grazie alla divisione tematica, la questione di fondo del dibattito sulla “questione urbana”: da un lato la produzione capitalista dell’urbano, dall’altro i conflitti che si sviluppano a partire da questa. I risultati della prima alimentano e legittimano le reazioni dell’altra, in termini di conflitto e di rivendicazione di un nuovo diritto alla città. Le varie relazioni si integrano con i quadri teorici iniziali che, oltre a fornire una cornice tematica, consentono di portare avanti alcuni spunti di riflessione e di possibile ricerca.
Partirò dalle parole-chiave: città, spazi abbandonati, autogestione. La città in cui ci troviamo, Bologna, racconta una storia particolare, stratificata, densa di significati. Cosa sta succedendo a questa storia e a questi significati? Cosa sta succedendo a Bologna?
Le sistematiche operazioni di trasformazione, operate sulla città negli ultimi dieci anni, a partire dalla stesura del Piano Strutturale Comunale (2008) e fino alla più recente realizzazione del Piano Strategico Metropolitano, hanno costruito una città nuova, diversa: una città che prima ancora di essere vissuta andava definita e rappresentata. Definizione e rappresentazione, passaggi fondamentali che di volta in volta hanno creato “la città della ferrovia”, “la città della collina”, “la città del Reno”, “la città della tangenziale”, ecc. Queste tematizzazioni, che richiamano gli assunti di un tematismo cartografico e di uno spazio omogeneo, implicano non soltanto una riorganizzazione della città in chiave urbanistica, ma vanno a interessare il senso stesso della città. Valga un principio: alcune aree e strutture abbandonate e in disuso, necessariamente e inevitabilmente, hanno acquisito, con questa riorganizzazione, un importante valore di scambio.
Un altro aspetto rilevante riguarda lo sviluppo, almeno dal 2012, di un city branding molto aggressivo che, oltre a produrre nuove rappresentazioni della città, ha interessato anche la riorganizzazione funzionale di aree centrali (come il Mercato di Mezzo o il Mercato delle Erbe) e periferiche (si pensi alla realizzazione di FICO). Il progetto Bologna City Branding si colloca al livello più alto di una possibile gerarchia nella lettura di queste trasformazioni e culmina con l’operazione di marketing territoriale City of Food is Bologna. La “politica della visibilità” (Vanolo, 2017) ha scelto il food come volano economico strategico che caratterizza, da ormai diversi anni, la pianificazione dello spazio commerciale bolognese in chiave turistica e soprattutto posiziona la città ai vertici della scala europea della “food gentrification” (Bonazzi, Frixa, 2018). Se si associa a questa strategia il costante potenziamento dell’aeroporto (l’Aeroporto Marconi è il quarto in Italia per connettività mondiale e il primo in Europa per incremento della connettività dal 2004 al 2014), si ha la cifra di alcuni cambiamenti fondamentali che hanno interessato la città in cui ci troviamo, modificando non soltanto gli stili di vita, ma il più generale rapporto tra comunità e ambiente costruito.
La mercificazione dello spazio urbano bolognese, la riorganizzazione della rendita immobiliare e l’impatto sempre più strategico del turismo sui modi di pensare la città, hanno portato a conseguenze significative anche nella gestione dei luoghi abbandonati e di quelli occupati. La promozione di Bologna come città turistica in grado di attrarre un elevato numero di visitatori (nel 2017 nella sola area metropolitana c’è stato un incremento del 13% degli arrivi e del 20% dei pernottamenti rispetto al 2016) ha prodotto una ridefinzione strategica degli spazi vuoti e inutilizzati. Salvo eccezioni si è persa la possibilità che questi spazi fossero dei terzi spazi nel senso che dava a questa definizione Soja (1996): degli spazi vissuti dove si producono visioni alternative rispetto al modo in cui si abita la città. (emanuele frixia – continua a leggere…)
Leave a Reply