Foto di Mattia Tarantino
Si è tenuto ieri pomeriggio un presidio organizzato dagli attivisti napoletani di Fridays For Future, il movimento giovanile internazionale che si batte contro il cambiamento climatico e il surriscaldamento globale. I manifestanti, che hanno attraversato in corteo il centro per contestare lo svolgimento della Cop21Med al Castel dell’Ovo (conferenza che riunisce ventuno tra ministri dell’ambiente e sottosegretari dei paesi del bacino del Mediterraneo), una volta giunti sul lungomare di via Caracciolo sono rimasti distesi sull’asfalto, circondati da un semicerchio di ombrelli colorati con sopra delle lettere a formare la scritta: “La mia razza si estingue”.
La manifestazione è stata occasione per farci raccontare le tappe fondamentali, la composizione, gli obiettivi del movimento da Emanuela, diciotto anni, attivista e tra i referenti dell’assemblea napoletana di Fridays For Future.
«Frequento l’ultimo anno di scuola superiore, sono iscritta all’indirizzo Biotecnologie ambientali dell’Elena di Savoia. Ho partecipato fin dall’inizio al movimento, colpita dalla potenza degli scioperi e delle manifestazioni cominciate a novembre 2018. Lo scorso marzo, in occasione dello sciopero globale, anche a Napoli c’è stata una enorme manifestazione che ha portato i giovani, soprattutto delle scuole superiori e delle università, in piazza a chiedere azioni concrete per affrontare il problema del cambiamento climatico, partendo da alcuni punti fondamentali come la decarbonizzazione e il rispetto degli accordi di Parigi per il controllo delle temperature del riscaldamento globale. Abbiamo subito chiarito che le questioni ambientali non possono essere scollegate dal tema della giustizia sociale e delle diseguaglianze tra nord e sud del mondo, e tra persone degli stessi paesi.
Ad aprile 2018 ho partecipato all’assemblea nazionale italiana. Abbiamo cercato da quel momento di vederci con una cadenza regolare ogni tre-quattro mesi, ma questo è un movimento, considerando l’età molto giovane dei suoi partecipanti, che fa degli strumenti tecnologici un uso centrale, e quindi esistono delle reti molto efficaci attraverso cui non solo condividere informazioni e contenuti, ma anche conoscersi. Guardarsi in faccia è un’esperienza fondamentale, ma possiamo dire che per conoscerci non ne abbiamo avuto bisogno. Oggi ognuna delle persone attive nel movimento sa benissimo con chi ha a che fare quando interagisce con qualcun altro, anche se ci siamo visti solo una manciata di volte.
In primavera ci sono state manifestazioni importanti, a maggio, lanciata direttamente da Greta, e poi in estate. A settembre si è raggiunto il picco del movimento, in Italia come nel mondo, con il terzo sciopero globale, che qui da noi ha portato in piazza un milione di persone in centottanta città. Le rivendicazioni sono diventate sempre più precise, collegate con il contesto locale. Il 29 novembre, in occasione della chiamata di uno sciopero globale partita dal Cile, a Napoli abbiamo bloccato l’ingresso della ex raffineria della Q8, oggi sito di stoccaggio, dove abbiamo affisso i volti di alcuni nemici climatici locali e globali, da Trump a De Luca, passando per gli amministratori delegati di Eni e Q8, e li abbiamo ricoperti di nero, come simbolo dell’inquinamento ambientale e sociale di cui sono colpevoli. In quell’occasione è stato presentato anche un manifesto di transizione ecologica, in cui abbiamo spiegato che pretendiamo di valutare, scegliere e decidere sul nostro territorio, in materia di bonifica delle aree ex industriali, di trasporto pubblico non impattante, di politica sui rifiuti, differenziata, spiagge pubbliche. Si tratta di un manifesto in continuo aggiornamento, aperto ad altre integrazioni partendo dall’idea che debbano essere le cittadine e i cittadini che vivono nei territori a decidere su come gestirli.
La lotta si sta arricchendo in questa fase grazie al confronto con chi ha portato avanti in Campania battaglie per l’ambiente e per la difesa del territorio. Ma la composizione del movimento e la sua decisionalità è sempre legata agli studenti, è una composizione molto giovane. Semplicemente, sappiamo di aver bisogno di una connessione, anche di una continuità rispetto a quel tipo di lotte, e stiamo trovando all’interno dei movimenti cittadini delle sponde utili e rispettose dei nostri percorsi.
Martedì 3 dicembre abbiamo organizzato un presidio fuori Castel dell’Ovo per contestare e bloccare l’ingresso della Cop21, ennesimo convegno-passerella che non ha perso alcuna decisione reale in merito al cambiamento climatico. Lo slogan era quello di “Stop talking, act now!”, e l’idea centrale era di contestare un’assemblea che non mette in pratica nulla di quello di cui discute, come è accaduto per tutte le convenzioni scritte ma non vincolanti approvate in questi anni. Abbiamo manifestato in maniera pacifica ma siamo stati caricati dalla polizia molto violentemente, nonostante una buona parte del presidio fosse composta da ragazzi di quattordici e quindici anni».
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