La Repubblica Napoli, 10 novembre 2021
da: La Repubblica Napoli del 10 novembre 2021
Il titolo del recente pamphlet di Luigi Romano (pubblicato da Monitor edizioni), giovane avvocato e presidente di Antigone Campania, La settimana santa, richiama il sacrificio e insieme la desacralizzazione dei corpi martoriati in una triste recente vicenda carceraria. La “mattanza” di Santa Maria Capua Vetere si verifica all’interno del più ampio collasso delle carceri italiane il 6 aprile 2020, in connessione con lo straniamento delle nostre vite causato dal Covid. Se già subirlo chiusi nelle nostre abitazioni è stato difficile, proviamo a immaginare la situazione esplosiva, per tutte le parti coinvolte (e soprattutto per i più deboli), in uno dei tanti – in molti – istituti sovraffollati del nostro sistema di detenzione. La violenza è stata purtroppo, anche in tale occasione, segno di orrende repressioni. Il bel film Ariaferma, di Di Costanzo, ci ha da poco proposto una visione pacificatrice delle tensioni che si sviluppano nei luoghi di reclusione, mostrando la possibilità di convivenza umana, di condivisione, in un contesto che dovrebbe essere di emenda e di rinascita civile, ma che – purtroppo – talvolta è piuttosto luogo di punizione e di rottura del difficile equilibrio tra forza incontrollata e diritto, tra il lecito (e dovuto) e l’illecito.
Chiunque abbia visto il film non può non sovrapporre, almeno per fotogrammi, immagini e spezzoni vocali delle vicende sammaritane raccontate da Romano a quelle dei dialoghi tra i bravissimi Servillo e Orlando. La magistratura, verso la quale tutti riponiamo la massima fiducia, sta lavorando alla verifica delle responsabilità personali. Intanto l’autore del volumetto ripercorre da vicino la drammatica vicenda, come un cronista postmoderno, molto impegnato, capace di cucire con gusto e cuore di storico e brillantezza di scrittore, in un racconto incalzante (in alcuni tratti sincopato), un abile intreccio di fonti già note, rimbalzate compulsivamente, nell’immediatezza dei fatti, sui mezzi di comunicazione, ma che, col passare dei mesi, hanno perso centralità mediatica.
La composita versione di Romano, alla quale dà il ritmo la suddivisione in capitoli (i titoli sono parte importante della narrazione) è realizzata a partire da testi di WhatsApp, telefonate, video, atti processuali. Tra testimonianza e informazione scava nella memoria del coinvolgimento personale nella storia. Anche il registro linguistico è misto, come nella realtà: dal dialetto, all’italiano stentato e definito dalla sintassi ridotta all’osso della messaggistica, al burocratese di atti e comunicazioni ufficiali. È il viaggio, lungo una settimana, ‘santa’, appassionato e per niente imbellettato, in un mondo marginale e violento, ma terribilmente vero. Per non dimenticare. (cosimo cascione)