Giulia ha due figli, vive con i suoi genitori e i suoi fratelli. Giovane, bella e intraprendente, lavora in un ristorante. Prova a essere indipendente dalla famiglia che, da quando si è separata dal marito, la supporta e la sostiene anche nell’educazione dei figli. È una donna pignola e diffidente. Sul lavoro ha un piglio da sindacalista, e stabilire una turnazione può essere una fatica insormontabile perché Giulia ingaggia una lotta al primo sentore di ingiustizia, vero o supposto che sia, per sé e per le altre. In cucina è rinomata per il suo perfezionismo: raramente gli occhi neri le si illuminano per la bontà di un piatto e quando accade tutte sono sicure che sia venuto veramente bene. Memoria da elefante e impeccabile organizzatrice di spazi e materiali, è il pilastro per i catering esterni, dalle trenta alle trecento persone. Con lei non manca mai un tovagliolino, un tagliere, una brocca.
Recentemente è stata selezionata con le sue compagne per un concorso nazionale di cucina, patrocinato da alcuni colossi in campo gastronomico come Slow Food. Sono finite fuori dalla gara perché, essendo professioniste del settore, partivano avvantaggiate rispetto agli altri partecipanti. Sono diventate partner del progetto in quanto modello di impresa sociale al femminile, la prima in Italia nel suo genere.
Dalila è quella che si dice una studentessa modello. Da quando ha iniziato la scuola media, per dedicarsi con passione ai compiti, ha rinunciato ai laboratori di teatro e danza, ritenendo che le sottraessero troppo tempo allo studio. Ama leggere e le lingue nuove la affascinano. Con la sua altezza e delicatezza oltrepassa leggera il chiasso infernale e le scorribande di fratellini e cuginetti per rifugiarsi in una ludoteca o in qualche altro spazio per i giovani del quartiere, in cui ritrovare pace e silenzio, e magari qualche libro nuovo da scoprire. La pace e la solitudine, generalmente, durano poco: si ritrova circondata dai più piccolini a cui non può rifiutare di leggere una storia.
Roberto lavora da un meccanico. Ballerino di break dance e cultore della propria forma fisica, ha fatto stragi di cuori portando in giro il suo sorriso, gli occhi verdi, le braccia vigorose. Poi si è innamorato, ma poteva ancora decidere di avere spazi multipli di relazione (una piccola attenzione non si nega a nessuna). Infine, dall’amore, è nata la sua prima figlia e così ha dovuto scegliere, almeno temporaneamente, di dedicarsi alla sua nuova famiglia. Adesso è un giovane uomo serio e responsabile, che si tiene stretto il suo lavoro, provando a mantenere sempre il suo sorriso disarmante.
Un qualsiasi martedì mattina, Giulia, Dalila e Roberto, non hanno potuto svolgere le loro attività quotidiane. Hanno condiviso la stessa sorte altre decine di famiglie. I bambini, scioccati e ammutoliti, non sono arrivati a scuola in tempo e le scuole hanno chiuso i cancelli. I grandi sono arrivati tardi sul posto di lavoro, rischiando il posto stesso e attirandosi insulti e maledizioni dai colleghi. Chi aveva emergenze sanitarie o terapie ospedaliere da dover seguire è rimasto bloccato in casa. Ci hanno raccontato quanto accaduto esprimendo il desiderio di denunciare ma prima di tutto di elaborare.
All’alba un numero imprecisato di carabinieri ha fatto irruzione in diverse case, spaccando le porte, perquisendole a fondo senza esibire alcun mandato, facendo segnalazioni immotivate e intimando ad alcuni degli abitanti di presentarsi in caserma, non rilasciando alcun verbale. Pur non risultando colpevoli di nulla, i carabinieri gli hanno impedito di muoversi per alcune ore, posizionando le macchine davanti alle abitazioni a mo’ di posto di blocco. Alla fine se ne sono andati, anche perché alle prime luci del mattino i telefonini si sono finalmente attivati e la notizia è cominciata a circolare. Dal momento che verba volant, gli agenti hanno lasciato dietro di loro vetri rotti e panico diffuso. I bambini se la sono fatta sotto per la paura. Missione compiuta.
Gli uomini delle forze dell’ordine si sono ripresentati la notte dopo, verso le due, riproponendo lo stesso schema e ottenendo gli stessi risultati; senza sprecare nemmeno il fiato per spiegare il perché della loro presenza, usandolo piuttosto per oltraggiare persone nelle quali trovano dimora la paura e la stanchezza, più che l’indignazione e la voglia di ribellarsi.
Ormai i blitz negli insediamenti di via Cupa Perillo a Scampia sono quotidiani. Dal taglio sistematico della corrente elettrica, perché la zona è “abusiva”, si è passati a operazioni di boicottaggio della dignità stessa delle persone. La regolarità di questi atti fa pensare che ci sia un disegno più ampio e un pressing dall’alto che vuole spingere verso qualcosa di definitivo, rispetto al taglio momentaneo dell’elettricità. Il “ripristino della legalità” – se la zona è abusiva diventano tali anche le persone! – è un mantra ossessivo che ci ripetono in assenza di qualunque altro contenuto, e che giustifica le azioni più brutali. In una discussione avuta con la polizia municipale, un funzionario ha tuonato indignato che: «La legalità è un bene assoluto!». Parole che risultano incomprensibili se associate alle immagini dei piccoli terrorizzati.
L’intera comunità rom, che poi sono varie comunità – cioè centinaia di persone, anche molto diverse tra loro –, è messa sotto accusa e minaccia costante, nel proprio sforzo quotidiano di condurre una vita normale. Tutti ormai sono consapevoli di come sia necessario arrivare a soluzioni abitative altre e fuori dal campo, magari con un lavoro soddisfacente, un permesso di soggiorno o una cittadinanza italiana. Aspirazioni che rischiano di sembrare surreali, condizioni che solo una minima parte è riuscita a ottenere ma che tutti individuano come essenziali.
Giulia, Dalila, Roberto, come tante altre madri, padri, lavoratrici e lavoratori, studentesse e studenti rom, alcuni dei quali cittadini italiani, stanno sopportando una tripla fatica in questi ultimi tempi per star dentro ai circuiti ordinari della società, essendo ancora, e chiaramente, considerati ai margini dei margini. Ma di questo passo, con la sfiducia nel mondo e nelle istituzioni che sta avendo la meglio, in assenza di uno sforzo progettuale e di politiche costruttive e non repressive, cosa ci si immagina possa accadere? Riuscirà la legalità a prendere il tanto sospirato sopravvento? E cosa se ne farà, a quel punto, l’intera società? (emma ferulano)
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