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20 Giugno 2019

Memorie dal sottosuolo. La periferia a nord di Napoli nello sguardo degli adolescenti

Marilisa Moccia
(disegno di cyop&kaf)
(disegno di cyop&kaf)

Quando arrivi a Torretta Scalzapecora ti si spalanca davanti un’enorme distesa verde, intervallata da rade case e qualche pino, limitata soltanto dal mare di Licola che in giornate come questa, quando la luce dirompe dopo la pioggia, riflette di mille spilli increspati. Al pascolo otto splendidi cavalli brucano impigriti dal sole, all’ombra di un enorme pino marittimo, da qualche mese c’è anche un puledro pezzato. Qualche volta i cavalli si avvicinano alla recinzione che separa il loro spazio dalla strada e sporgono il muso verso i passanti che si trovano sul marciapiede in cerca di carezze o di qualche filo d’erba offerto da mani umane. Fino alla fine del mio primo anno scolastico, Torretta Scalzapecora mi era parso un angolo di periferia colmo del vuoto pneumatico di cui si nutre la vita di Napoli Nord ma al contempo attardata e pura, lontano dalla città. È stato soltanto nei temi degli alunni che la situazione mi è stata raccontata per quella che è, e quella di Torretta Scalzapecora è una tragedia della miopia, dello sguardo pigro, perché solo connettendo il senso della vista a una espressa volontà di sapere,  puoi vedere l’inferno occultato sotto la più amena campagna.

Nella classe più irrequieta e refrattaria allo studio della geografia – «a che serve, mica ci andremo mai a vedere l’Australia?» –, decido di assegnare un tema: “Descrivi il territorio in cui vivi dal punto di vista storico e geografico”.

Uno degli elaborati comincia così: “A Villaricca 2 c’è una villetta, delle pizzerie, due negozi di parrucchiere, una chiesa, i cinesi, la scuola, la farmacia. È una terra sperduta, poi c’è quello che vende le sigarette di contrabbando.” Villaricca 2, nome edilizio di Torretta Scalzapecora, è cominciata a sorgere agli inizi degli anni Novanta quando il malaffare ha messo le mani sul settore immobiliare, edificando complessi residenziali, cooperative edilizie, villette e lottizzando l’intera zona. “L’unica cosa più bella che c’è, è il salumiere che tiene tutto”. Ciò che gli studenti descrivono è un territorio dilaniato in cui alcune attività commerciali si fanno pluri-specializzate per supplire alla mancanza di altri commerci. “A Villaricca 2 non c’è niente. Ci sono solo una salumeria e una villetta e anche una scuola che purtroppo esiste”.

La scuola, “che purtroppo esiste”, rappresenta l’unica offerta formativa e ludica, in un territorio di diversi chilometri quadrati, tanto che una delle studentesse, pluriripetente e dalla frequenza poco assidua, scrive: “io sto sempre fuori scuola”.

Gli studenti sono molto affezionati al loro territorio perché riconoscono la grande opportunità di crescere lontani dai pericoli della città, seppure un po’ annoiati. Tra le campagne parzialmente incolte sono liberi di giocare a fare gli esploratori ed è in questo modo che hanno scoperto la causa che nutre la loro inquietudine. Così, devi proprio volerti interrogare per scorgere tra i ciuffi verdi i sacchi neri di plastica che emergono malcelati. I ragazzi mi raccontano che quando i sacchetti cominciano a emergere e farsi troppo visibili, i proprietari delle terre sversano del terreno fresco e appianano con il trattore. “Prima del 2000, il territorio dove abito io era una discarica di immondizia e anche oggi spunta dell’immondizia dal sottosuolo e teli neri per coprire l’immondizia e ogni estate che passa ricoprono con terreno nuovo per non far vedere l’immondizia”. Durante il compito, gli studenti mostrano con Google Maps la porzione di campagna inquinata. Le tracce dei sacchetti che rendono nera l’area nelle foto satellitari sono evidenti.

Torretta Scalzapecora è località nota allo stato almeno dal 1991, quando in seguito alla tradizionale pratica del tombamento, la ditta Ecomovil di Cuneo si è presa l’onere di rendere queste terre famose e inquinate. L’autista, che trasportava 571 fusti per interrarli nelle campagne, diventò cieco in seguito al contatto accidentale con il contenuto da lui stesso trasportato. All’ospedale Pineta Mare dove l’uomo si era dovuto recare, i medici chiesero cosa lo avesse contaminato per poter trovare una cura. Fu solo in seguito al ricovero dell’uomo che fu possibile vincere la sua reticenza e le indagini rivelarono lo scempio di quella porzione di terre ancora immune dall’incedere dall’abusivismo. È stato proprio questo episodio a dare il via alla rivelazione dell’esistenza di un traffico di rifiuti tossici che venivano sversati nelle campagne dei comuni campani e di Villaricca, dove oltre la metà dei fusti, stando a una petizione popolare indirizzata al presidente della Repubblica nel 2009, giace ancora sotterrato in loco. La scena del camion colmo di fusti tossici che accecano il conducente è stata così pervasiva nell’immaginario collettivo da essere presente nel film Gomorra.

Ma l’edilizia scolastica e residenziale non ha tardato ad arrivare. Intanto, intorno, villette sapientemente vendute a chi non sa, cioè a quella grande sacca di popolazione che vi si è insediata, da Napoli o dalle periferie più prossime alla conurbazione, dopo avere sognato per decenni di appropriarsi di una casa con giardino. “Villaricca 2 non è una zona proprio pulita. È molto inquinata perlopiù da immondizia, per questo motivo i miei genitori, venuti a conoscenza di questa cosa, sperano al più presto di trovare casa altrove”.

“Prima qui si trovavano le discariche e poi sopra ci hanno costruito. Io vorrei andare a vivere a Napoli”.

E la memoria, la cattiva coscienza, tutti l’hanno seppellita per lasciarla quiescente nel pascolo.

La grande capacità che ha avuto il malaffare dei rifiuti nelle terre a nord di Napoli è proprio questo: far dimenticare cosa ci sia sotto ciò che si rende visibile. E ancora una volta, che il re è nudo e che i campi sono pieni di immondizia ce lo rivelano i ragazzi, che non ne hanno la memoria storica, ma che paiono essere gli unici con gli occhi ancora buoni. (marilisa moccia)

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