da: Repubblica Napoli del 17 novembre
Nel rione Sanità, alle spalle della chiesa dell’Immacolata e San Vincenzo, è attivo da qualche mese il progetto Mille Giorni, per iniziativa della Onlus Pianoterra e dell’Associazione culturale pediatri. Incontro i responsabili la mattina di un giorno feriale. Proprio accanto all’ingresso è in corso un conciliabolo tra alcune donne e la responsabile del progetto, la psicologa Chiara Arpaia. In un’altra stanza sta terminando una riunione. Nel giro di cinque minuti la stanza si svuota e restano a parlare con me Giuseppe Cirillo, Flaminia Trapani e Ciro Nesci.
Cirillo, dell’associazione culturale pediatri, è stato uno degli ideatori del programma Adozione sociale, per il sostegno precoce alla famiglia dopo la nascita di un bambino. Avviato nel ’94 a Secondigliano, il progetto venne esteso a tutta la città e nel 2009, finanziato con fondi europei, rivolgendosi al 50% delle famiglie in difficoltà dell’intera regione. La presenza alla nascita di alcuni indicatori – bassa scolarità ed età materna, disoccupazione e detenzione, dipendenza da alcool e droghe, affollamento abitativo e patologie croniche – consentiva l’inclusione del bimbo e dei suoi genitori in un percorso protetto, sia presso i servizi territoriali che in casa. Oggi il programma è stato sospeso, sia a Napoli che in Campania.
Alcuni obiettivi di Mille Giorni ricalcano i principi alla base di Adozione sociale, ma qui – nota Cirillo – è quasi come ripartire da zero: un solo quartiere, un dialogo avviato con un piccolo nucleo di mamme, e stavolta l’iniziativa non parte più dal servizio pubblico ma dal privato sociale. Bastano questi pochi elementi per darsi conto del terremoto che negli ultimi anni ha colpito l’assistenza sociale e sanitaria alle persone in difficoltà.
Flaminia Trapani, psicoterapeuta e supervisore del progetto, una delle fondatrici di Pianoterra, spiega che la sua Onlus è entrata nel rione da qualche tempo, sostenendo le attività che fanno capo alla fondazione di padre Antonio Loffredo. I progetti di Pianoterra, spiega Flaminia, sono abitualmente finanziati dai privati. «Mille Giorni, per esempio, ha il sostegno per un anno della fondazione Peretti, anche se l’intervento è programmato per almeno tre anni, quindi dobbiamo darci da fare – aggiunge – per trovare i soldi che mancano».
Pianoterra è nata nel 2008 – accanto a Flaminia Trapani, gli iniziatori sono Ciro Nesci, logopedista, e Alessia Bulgari, fotografa – e da subito l’attenzione si è concentrata sui bambini più piccoli e sul rapporto madre-bambino. «Io e Ciro – dice Flaminia – abbiamo lavorato a lungo in centri di riabilitazione convenzionati. Il pallino della prevenzione ci è venuto lì, a contatto con bambini di cinque-sei anni che avevano disturbi non reali, ma frutto di un contesto sociale disastroso. Ci siamo detti che bisognava intervenire prima, a quell’età la situazione era già compromessa».
Uno degli obiettivi del progetto è di facilitare l’accesso ai servizi territoriali. Flaminia racconta di una “gita scolastica” al consultorio di via Amedeo di Savoia, quello di riferimento per il rione. «Abbiamo incontrato la psicologa, la pediatra, l’infermiera – spiega –. Per tutte le mamme era la prima volta che entravano in quel posto, salvo per una, che ha un problema al seno e conosceva già la senologa. Adesso vorremmo che ricambiassero la visita, organizzando un incontro da noi con la pediatra sulle vaccinazioni».
«In realtà – continua Cirillo –, i giorni da considerare sarebbero mille più trecento, che sono quelli della gravidanza. È un periodo fondamentale in cui mancano molti servizi, a cominciare dai nidi, che non esistono o sono troppo costosi… La nostra associazione di pediatri ha proposto al governo nazionale che alcune azioni diventino obbligatorie, che non sia possibile che dopo il parto non esista un monitoraggio dei primi mesi e anni di vita, che la mamma stia a casa a crescere un bambino e nessuno lo sappia, nessuno le dia una mano, perché quello è il problema più grande, l’isolamento delle madri. In quartieri come questi ci sono donne che hanno sulle spalle una responsabilità enorme e senza vie d’uscita».
«Ci hanno chiesto di diffondere il progetto altrove – racconta Flaminia –, ma non è facile. Già la prevenzione sanitaria è poco diffusa, ma quella sociale è ancora più difficile da veicolare. Se invito una donna in difficoltà a portare qui il figlio di sette anni per fare i compiti o le attività di laboratorio, dopo un minuto lo accompagnerà; ma se gli dico vieni tu, perché aiutando te stessa aiuterai i tuoi figli, sarà molto più difficile convincerla».
L’avvio del progetto è stato preceduto da un’intensa attività di informazione, soprattutto attraverso i gruppi informali del quartiere e la rete delle molte attività che fanno capo alla parrocchia di padre Loffredo. Alcune donne hanno cominciato a frequentare lo sportello. «L’aspetto fondamentale della prevenzione – conclude Flaminia – è l’offerta di una relazione attiva. Abbiamo conosciuto mamme molto attente, che hanno capito l’importanza di coinvolgere le amiche, le vicine. Per noi sono come antenne piantate nel quartiere, persone che con il tempo potranno diffondere certi principi, certe pratiche. Il nostro obiettivo è di renderle autonome. O il meno dipendenti possibile». (luca rossomando)
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