
C’è una vecchia pagina de Il Mattino, in mezzo a un mare di carte impolverate. È il maggio del 1940. Le truppe tedesche, aggirando la linea Maginot, erano da qualche giorno penetrate in Francia. Sarebbero passati ancora trenta giorni prima dell’ingresso in guerra dell’Italia. Introdotto da una insolita precisazione riguardo la sobrietà dell’inaugurazione, forse a causa del clima già teso e della guerra imminente, l’articolo annuncia la notizia di giornata: “Iersera intorno alle 17:00 con semplice rito, è stato inaugurato il servizio di funivia Posillipo Alto – Mostra. In una delle belle e comode vetture hanno preso posto il rappresentante del Prefetto, il Federale del Partito, il Podestà, il direttore generale dell’Ente Autonomo Volturno Ufficiale Carelli, il presidente dell’Ente Turistico e varie altre personalità e tecnici. Montate le autorità sulla vettura ha iniziato la sua rapida corsa verso la stazione superiore dove ha fatto poi ritorno indietro. Il doppio percorso è stato effettuato con comodità e rapidità e tutti i partecipanti hanno espresso il loro vivo compiacimento. L’orario è dalle 10:00 alle 24:00, ogni venti minuti; il prezzo del biglietto è di lire tre, andata e ritorno lire cinque, bambini lire una e cinquanta per l’andata e lire due e cinquanta per andata e ritorno”.
Non tutti, in città, sanno che a Napoli c’è (o meglio, c’era) una funivia. Come da cronaca l’impianto fu inaugurato nel 1940 per collegare la neonata Mostra d’Oltremare con la parte alta della città, con l’intenzione di agevolare gli spostamenti dei visitatori tra il polo fieristico e il borgo di Posillipo. Le due stazioni furono collocate su via Manzoni e su viale Kennedy, laddove oggi opera un bel negozio di fiori e piante. Dopo l’inaugurazione e il “semplice rito”, la vita della funivia fu tutt’altro che facile. Il primo stop risale all’inizio della guerra, per opera del commissario generale Vincenzo Tecchio, a un mese esatto dall’inizio delle corse. L’impianto fu poi distrutto dai bombardamenti tedeschi, ricostruito con i soldi di una legge speciale per le opere pubbliche urgenti, e quindi nuovamente inaugurato nel 1952. Dopo nove anni, nel 1961, a causa di problemi logistici di cui non rimangono molte tracce negli annali, la funivia fu smantellata e di essa non restarono che le due stazioni e i tre enormi piloni piazzati nel verde, tra la collina di Posillipo e Fuorigrotta.
Se quella della funivia è storia nota, che di tanto in tanto risale agli onori della cronaca cittadina (è successo quando la Municipalità chiese vanamente al Comune di rimetterla in sesto e quando la Mostra ha provato, sempre senza successo, a mettere in vendita le stazioni), più difficile è reperire notizie su Giuseppe D’Angelo (o anche Gennaro), il pensionato che per molti anni, dopo il terremoto dell’80, abitò nelle quattro diroccate stanze più bagno e cucina site nel piano interrato della stazione di Posillipo. Mentre la stazione della Mostra, infatti, è utilizzata dal fioraio di viale Kennedy, quella collinare è rimasta abbandonata per oltre cinquant’anni, fatta eccezione per il tentativo di apertura al suo interno del ristorante Gulliver, operazione fallita prima ancora di vedere la vita.
Anche di quella ardita impresa, come di tanti altri tasselli di questa storia (comprese vecchie foto di anziani, probabilmente parenti di D’Angelo, e poi videocassette d’epoca, borse di pelle consumate, materassi, vestiti e un vecchio televisore), i ragazzi che da qualche giorno hanno occupato l’ex funivia hanno trovato traccia, precisamente in due banconi da bar con decorazioni tipiche anni Ottanta, ormai venute giù sotto i colpi del tempo. Sotto un diluvio pasquale, il gruppo di giovani si è introdotto nella stazione posillipina abbandonata, a pochi metri dall’ex commissariato di pubblica sicurezza, oggi sede di un Sert. All’ingresso hanno affisso uno striscione che incita alla ripresa di possesso dei luoghi abbandonati della città, attraverso uno slogan efficace, coniato nientedimeno che dal tecnico spagnolo del Napoli, Rafa Benitez. “Senza fretta ma senza tregua” i ragazzi si sono messi all’opera, cominciando un lavoro di riqualificazione proibitivo. «Ci piacerebbe fare un museo di questa funivia, di quello che ha rappresentato e dell’ennesima occasione mancata che ne rimane oggi. Magari intitolandolo a D’Angelo, che abbandonato da tutti non ha trovato altra soluzione che venire a vivere chissà per quanti anni in un rudere».
La strada per il museo, in ogni caso, è lunga. I ragazzi hanno incominciato ripulendo le stanze dove ancora troneggia l’antiquato alimentatore, i cui fili sono rivestiti da guarnizioni di ceramica, come si usava un tempo; provano ora a dar vita a una rudimentale tettoia, utilizzando il materiale di risulta scaricato negli anni da chissà chi, direttamente dal proprio camion; puliscono, mettono da parte nel sotterraneo l’immondizia, saldano ringhiere di ferro alle affacciate sui pericolosi strapiombi che sbattono in faccia al visitatore il panorama più bello di Napoli. Una vista che toglie il fiato, sull’intero litorale tra Nisida e il Dazio, ex area industriale compresa.
«Guarda come è grande!», discutono tra loro affacciati al sole e chiudendo una canna.
«Eh, over…».
«Ci pensi che cosa si poteva fare là dentro? Pure senza costruire i boschi o i parchi che avevano promesso!».
«Basterebbe ripulire il mare e il cemento e fare una spiaggia gigante. Verrebbe dieci volte più grande di quella di Barcellona che tutti decantano».
«Già mi vedo davanti le zizze da fuori delle tedesche che prendono il sole!».
Tedesche o meno, c’è poco da dargli torto, e non c’è bisogno di una laurea in urbanistica per rendersene conto. Per adesso sono parole al vento, lo stesso che, ad alta quota dove ci troviamo, soffia sulle nostre facce mentre restiamo a prendere il sole nella terrazza abbandonata. Senza tregua ma anche senza fretta, sperando che la Mostra d’Oltremare, il Comune, o chi per loro, li lasci continuare a sognare il loro museo, o qualunque altra cosa che negli ultimi cinquant’anni nessuno, fatta eccezione per il gestore del Gulliver, ha mai provato a fare. (riccardo rosa)
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