«L’automobile è spesso un mezzo sovradimensionato rispetto alle esigenze delle persone. La bicicletta è molto più adatta agli spostamenti brevi come la maggior parte di quelli che avvengono in città, non capisco come mai risulti così difficile spiegare una cosa tanto semplice». È il 22 marzo 2021, siamo nel mezzo di un dibattito sulla ciclabilità a Roma organizzato dal blogger Roberto Nassisi e il noto ciclo-attivista romano Paolo Bellino tira fuori una delle domande che chi va in bici a Roma si pone di frequente: se si dice che la bici in città è il miglior mezzo per spostarsi in un raggio di dieci km come mai a Roma è così poco usata? Perché la macchina e i motorini sembrano essere ancora gli strumenti a cui i romani non possono rinunciare per muoversi?
La risposta è complessa. Per alcuni Roma non è una città ciclabile, ci sono troppe salite e poi è troppo grande, disomogenea, dispersiva. Inutile rifarsi a modelli come le città del nord Europa o Parigi, che negli ultimi anni ha investito molto aumentando in modo sensibile la percentuale di chi usa la bicicletta per effettuare gli spostamenti quotidiani. Non la pensa così Enrico Stefàno, presidente della Commissione mobilità dell’assemblea capitolina e altro partecipante al dibattito: «Chi va in bici ha lo stesso diritto degli altri di spostarsi e quindi deve essere messo nelle condizioni di farlo. Anzi, la sua scelta è da privilegiare visto che occupa meno spazio e fa sì che le strade siano più libere e i mezzi pubblici meno affollati».
In linea con questa idea la giunta della sindaca Raggi (M5S) nella primavera del 2020 ha varato un piano che prevedeva la creazione di centocinquanta nuovi km di ciclabili transitorie, cioè più rapide da realizzare, anche come procedura amministrativa, rispetto a una ciclabile “definitiva” e segnate sull’asfalto senza avere sempre una separazione fisica dal resto della carreggiata (abbiamo già dato conto qualche mese fa dei primi risultati dei lavori). Nonostante gli ottimistici annunci iniziali si è andati avanti con lentezza e ora sembra difficile riuscire a concludere tutto entro ottobre, quando sono in programma le elezioni comunali. Contro le nuove piste si sono mobilitati diversi gruppi locali con il sostegno di alcuni partiti di destra, ma in alcune zone anche il Pd si è schierato dalla loro parte. È il caso della sezione del Pd del quartiere San Giovanni, zona in cui è da poco arrivata una pista ciclabile che congiunge Cinecittà e i quartieri costruiti intorno alla via Tuscolana (a est del centro) alla stessa San Giovanni. Per capire meglio quali sono i punti critici abbiamo raggiunto al telefono il segretario della sezione Carlo Mazzei: «Stefàno ha compiuto un errore ideologico – dice –. Non ci sembra realistico invogliare tante persone a usare la bicicletta per spostamenti lunghi, sarebbe meglio puntare su spostamenti brevi e sugli scambi con altri mezzi di trasporto, magari su ferro. Per la bici si possono ipotizzare percorsi nelle aree verdi, lontano dal traffico».
Il riferimento di Mazzei è alla cosiddetta “cura del ferro”, una soluzione proposta già negli anni Novanta dalla giunta Rutelli e in particolare dal suo assessore alla mobilità Walter Tocci. L’idea era spostare su rotaie (tram, metropolitane e linee ferroviarie cittadine) una parte consistente del traffico pubblico di Roma: l’applicazione di questo spunto è stata solo parziale se pensiamo che Roma ha oggi solo tre linee di metropolitana e non si è riusciti ancora chiudere l’anello ferroviario, una serie di ferrovie e di stazioni parte del territorio urbano che in effetti potrebbero dare qualche soluzione in più a chi deve muoversi in città.
Tornando al ragionamento di Mazzei, rimane difficile capire quando uno spostamenti inizi a diventare “lungo”, data la sempre maggiore diffusione di biciclette a pedalata assistita che permettono di superare salite e chilometri anche a chi è meno in forma o ha difficoltà fisiche.
Ilaria Piccolo, consigliera comunale del Pd e a sua volta parte della Commissione mobilità, aggiunge: «Il punto è che dobbiamo incidere su dei numeri molti grandi e quindi occorre dare diverse alternative a chi si sposta, realizzando almeno nuove stazioni della metro. Occorrerebbe avere a disposizione molti dati sullo spostamento delle persone. Non sappiamo se chi prende la bicicletta ora prima andava a piedi o in macchina e non sappiamo quante persone che prima prendevano i mezzi pubblici ora per paura di contagiarsi si muovono in auto o motorino. Senza questi elementi è difficile valutare l’efficacia delle misure adottate».
Per non affidarsi solo al colpo d’occhio l’associazione Salvaciclisti Roma ha promosso l’installazione di apparecchi conta-ciclisti su alcune delle ciclabili più recenti, anche se per avere i dati di cui parla Piccolo occorrerebbe un lavoro di ricerca molto più ampio: «Abbiamo notato un aumento nel numero dei passaggi negli ultimi mesi, anche se questo si è verificato soprattutto in occasioni di giornate festive», dice Claudio Mancini di Salvaiciclisti Roma. La bicicletta si usa, certo, ma spesso viene ancora associata solo a momenti di svago. In quest’ottica togliere spazio sulle vie consolari (la Tuscolana, la Nomentana, la Prenestina…) come ha fatto la giunta Raggi per darlo alle bici sembra almeno uno spreco. «Però se io devo andare al lavoro ho bisogno di potermi muovere per la via più breve e quindi ho bisogno proprio delle consolari, non posso percorrere le strade di un parco, soprattutto nelle ore notturne o in caso di pioggia», fa notare ancora Mancini. Il problema è che lo spazio su queste strade è limitato e tutti (macchine, motorini, moto, mezzi pubblici, biciclette) finiscono per passarci proprio perché sono gli itinerari più diretti per spostarsi tra le aree più periferiche e il centro.
Uno dei problemi è che le modifiche alla viabilità incidono su una situazione ormai consolidata in cui ogni cambiamento rischia di intaccare consuetudini che sembravano indiscutibili. È il caso della possibilità di parcheggiare la macchina in doppia fila su diverse strade della Capitale come via Gregorio VII, che collega il Lungotevere e la zona del Vaticano a Cornelia, nell’area nord-ovest. Qui è stata disegnata una pista ciclabile che ha causato lo spostamento di qualche metro verso il centro della carreggiata delle macchine parcheggiate e dei cassonetti, rendendo più difficile la sosta in doppia fila che era invece una caratteristica della strada, sia per lo scarico merci che per il passaggio dei singoli. Piccolo sostiene che non avrebbe molto senso una ciclabile del genere, isolata dal resto della rete. Ma guardando la mappa degli interventi previsti ci si rende conto che in realtà la ciclabile andrebbe a congiungersi ad altre piste che porterebbero almeno fino al quartiere popolare Primavalle, e poi addirittura verso il quartiere Magliana. Visto il ritmo con cui proseguono i lavori però, il rischio che queste connessioni rimangano sulla carta è concreto.
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