Caro, l’altra notte ho deciso di fare un giro intorno a casa.
Come sai, da qualche tempo ho dismesso gli abiti da cittadino e mi sono ritirato in una località di montagna. Vivo in un piccolo borgo a dieci chilometri dal paese, a una quarantina dalla grande città. Un giorno, quando la nostra attenzione verso i quartieri delle città sarà scemata, rivolgeremo il nostro sguardo alle montagne, alle zone periferiche e alla nuova urbanizzazione.
Vicino a casa non ci sono molte cose, ma c’è tutto. Ci sono le strade, il bosco, un forno, una locanda, i campi, un bar e c’è una biblioteca. È una biblioteca molto piccola, gestita da volontari. Una cosa che solitamente manca nelle zone rurali, oltre la rete fognaria, è internet: spesso non arriva e, se arriva, sovente non prende bene. Durante la prima pandemia, quando tutto era chiuso, questa biblioteca ha aperto, permettendo così agli abitanti di aggiornarsi, comunicare, dare esami e conversare. Ebbene, tornando al racconto, ero lì che insonne passeggiavo in cortile, tutto assorto, quando mi si è avvicinato un rapace notturno, non riuscivo a vederlo bene. Ti riporto qui di seguito la conversazione che abbiamo avuto.
«Ciao, chi sei?».
«Un bibliotecario».
«Cosa è un bibliotecario?».
«Un bibliotecario».
«Dove stai?».
«In biblioteca».
«Cosa è una biblioteca?».
«Un bibliotecario».
Il rapace, scocciato dalla mia apparente mancanza di risposta, iniziò a becchettarmi la testa finché non si fece mattina. (luca valenza)
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